lunedì 30 luglio 2018

Mani su Bagnoli - Il Cemento


Bagnoli, dalle suggestioni e peccati originali ai fatti


Nel pieno dell'estate 2018, Invitalia - quale Soggetto Attuatore - ha pubblicato il "Progetto di risanamento ambientale e rigenerazione urbanistica" (PRARU) per l'ex area industriale di Bagnoli, a Napoli, così come previsto dal decreto "Sblocca Italia" del 2014. Il termine per la presentazione delle osservazioni scade il 6 agosto e le operazioni di bonifica dovrebbero cominciare dalla zona ex Eternit. Operazioni da rifare ex novo dopo che il tribunale di Napoli ha accertato il disastro ambientale provocato dalle precedenti bonifiche (svariate sono state le condanne a tecnici comunali e del Ministero dell'ambiente).

Così come anche evidenziato dal movimento "DeMa" che fa capo al sindaco Luigi de Magistris, il progetto approvato dal commissario Nastasi ricalca per buona parte quello già approvato dal Comune negli anni passati. L'abominio partorito dal Governo Renzi è stato fortunatamente scongiurato.

Tutti felici e contenti? In realtà il parziale ritorno al passato riporta in auge tutte le problematiche connesse a quelle idee progettuali.

Anzitutto si ripete il copione per cui le operazioni di bonifica debbono necessariamente passare dalla previsione di un progetto di "rigenerazione urbanistica". Come a dire: o accettate la speculazione edilizia che vi proponiamo/imponiamo, o vi sorbite i veleni della fabbrica ancora per un bel po'. Anomalia tutta italiana che tiene questo luogo sospeso in un limbo da quasi trent'anni. 

Nel nuovo piano inoltre si ripropone l'indice di fabbricabilità pari a 0,68 mc/mq già stabilito con la variante al Prg del 2004 (qui leggermente inferiore a 0,64 mc/mq), uno dei più bassi in Italia. Ma come già si poteva osservare da quel testo, il coefficiente viene ottenuto ricomprendendo aree che per le loro caratteristiche intrinseche non possono essere edificate (tra cui il Costone di Coroglio pari a 121,7 ettari e la colmata a terra pari a 27 ettari che dovrà essere rimossa). Una mossa che sembrerebbe esser stata fatta per annacquare la concentrazione delle volumetrie previste in rapporto alla superficie.


Modalità di calcolo dell'indice di fabbricabilità, pari al rapporto tra le volumetrie da realizzare e la superficie territoriale



Relazione alla Variante occidentale del PRG, pag. 100


Si tenga presente poi che un progetto di "rigenerazione urbanistica" dovrebbe coinvolgere gli edifici già esistenti, affinché si possano procedere a rigenerarli appunto. Ed invece, come emerge da uno primo sguardo delle tavole di intervento pubblicate sul sito di Invitalia, i rioni circostanti l'area da riqualificare sono completamente tagliati fuori nonostante le condizioni di forte degrado in cui versano. In compenso però vi è la previsione di nuovi lotti edificabili (rappresentati in colore grigio chiaro ed uniforme nelle tavole successive)

Il rione Cavalleggeri d'Aosta - dove fino a poco tempo i clan si combattevano a colpi di kalashnikov - viene lambito dalla previsione ad occidente di un nuovo abitato che, nelle intenzioni del progetto, dovrebbe rappresentare "l'elemento di congiunzione tra il quartiere e il nuovo parco". 


Le aree col bollino rosso prevedono nuovi insediamenti pari a 344.801 mc, suddivisi tra 247.105 mc destinati a produzione di beni e servizi e 97.696 mc destinati a nuove residenze (si veda in basso. Clikkate per avere una maggiore risoluzione del file). 


Le aree 3b1, 3e e 3f, che pure sarebbero destinate a nuovi insediamenti, non vengono ricomprese nel computo effettuato da Invitalia perché non rientranti nell'area di sua competenza. Sulla base delle norme attuative dovrebbe farsi ricorso agli strumenti urbanistici approvati dal Comune, e quindi al PUA Coroglio-Bagnoli modificato nel 2011. Il resto è dedicato a parcheggi ed attrezzature pubbliche.

L'ex quartiere operaio di Bagnoli non viene minimamente scalfito da alcuna ipotesi di riqualificazione urbana (si veda in basso). La speranza ventilata spesso dalla politica è che dal recupero dell'area industriale possano derivare importanti effetti economici "indiretti" in termini di occupazione grazie agli attrattori turistici e ricettivi (tradotto: alberghi e locali), oltreché ai famosi incubatori d'impresa. Speranze appunto, nessuna certezza. E di certo nessuna certezza che non si tratti di lavoro sottopagato o in nero, come già avviene nelle discoteche attualmente presenti lungo la costa flegrea, sorte in maniera caotica e tramite canoni di concessione irrisori (di questo ne parleremo in un'altra occasione).

    
Anche in questo caso si ripropongono nuovi lotti edificabili a Sud del quartiere di Bagnoli ed intorno al Rione Agnano lungo via Cocchia. 

Le aree 1f, 2 e 4 prevedono rispettivamente:
Complessivi 120.000 mc di nuove edificazioni, suddivise in 80.000 mc per produzione di beni e servizi e 40.000 mc di nuove residenze [Area 1f].


Complessivi 190.000 mc di nuove edificazioni, suddivisi in 130.000 mc di produzione di beni e servizi e 60.000 mc di nuove residenze [Area 2].


Complessivi 165.000 mc di nuove edificazioni per sola produzione di beni e servizi [Area 4].

Curiosa è poi l'estensione dei lotti edificabili anche al di fuori dei confini del PRARU, nell'area a ridosso della Linea 2 della metropolitana tra le fermate di Cavalleggeri e Leopardi. Secondo i vecchi strumenti urbanistici (ossia sempre il PUA Coroglio-Bagnoli) queste aree non dovrebbero essere coinvolte da nuove edificazioni, ma semplicemente dalla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria. Trattasi di una svista del sottoscritto, o si è effettivamente verificato un allargamento della superficie edificabile? Oppure nei vecchi accordi non veniva esplicitato sul piano degli elaborati grafici?


Stralcio dal PUA Coroglio-Bagnoli
I nuovi lotti secondo il progetto di Invitalia

Dal punto di vista urbanistico - tralasciando le altre criticità sul piano infrastrutturale, delle attività ricettive ecc - la questione più scottante riguarda senza dubbio queste nuove edificazioni (nel concreto i progetti dovranno essere definiti attraverso un concorso di idee ai sensi dell'art. 156 del codice dei contratti pubblici) e soprattutto le nuove residenze. Ed è la questione più pressante che dovrebbe porsi il ministro del Sud Barbara Lezzi, nominata a capo della cabina di regia su Bagnoli dal premier Conte, con la quale i comitati hanno un appuntamento fissato a Roma per domani pomeriggio. 

Il partito a cui appartiene il ministro ha più volte sbandierato l'obiettivo del "cemento zero" nell'area flegrea. Ho perso il conto dei comunicati stampa e delle conferenze che organizzavamo all'epoca per ribadire la necessità che su Bagnoli non venisse posato un solo mattone in più. Questo perché da un lato deve procedersi a recuperare le preesistenze (e quindi a riqualificare davvero i quartieri flegrei) tutelando l'ambiente ed impedendo nuove speculazioni edilizie, e dall'altro bisogna assicurare il rispetto della cd. Zona Rossa istituita per il rischio vulcanico dei Campi Flegrei tramite un vincolo di inedificabilità. In queste zone si rende infatti necessario non aggravare le eventuali procedure di evacuazione della popolazione e approntare le indispensabili vie di fuga che oggi sono completamente assenti. 

Del resto è anche lo stesso Rapporto Ambientale redatto da Invitalia a suggerire un'alternativa alla cementificazione: dal 1981 ad oggi se ne sono andate da Bagnoli ben 10mila persone. Questo vuol dire che sono tanti gli appartamenti sfitti che potrebbero essere destinati a finalità sociali tramite un calmiere dei fitti o l'acquisizione al patrimonio pubblico. Capisco che oggi avanzare tali proposte vuol dire essere tacciato come minimo di bolscevismo, ma se il perno di questo progetto è una nuova cementificazione, direi che le istituzioni si sono fatte male i conti, oppure hanno dalla loro parte dei cattivi suggeritori.

Nei prossimi articoli cercherò di approfondire ulteriori aspetti che devono essere trattati a parte per la loro complessità.

mercoledì 25 luglio 2018

Motovedette alla Libia, considerazioni personali


Ho visto che il decreto legge sulla cessione delle motovedette alla Libia di Al-Sarraj è stato convertito oggi dal Senato con voto favorevole pressoché totale, eccetto 4 contrari e 1 astenuto.

Aspetto di vedere pubblicato il cruscotto con l'indicazione delle votazioni nominali per capire chi ha effettivamente votato a favore del decreto, ma dal pannello e dalle dichiarazioni in Aula appare chiaro che il M5S ha votato compatto in senso favorevole, e sembrerebbe (ma spero di sbagliarmi) anche quelle persone che a parole si sono dette contrarie agli intenti di Salvini. Se così fosse mi dispiace perché ho stima personale per alcuni di coloro che siedono su quegli scranni, tuttavia non riesco ad accettare il fatto che abbiate votato un decreto di cessione di unità navali a milizie armate (non ad una "Guardia costiera" nel vero senso della parola) per assicurare il controllo delle coste, non dopo aver sbandierato per anni principi e valori che all'atto pratico non vengono applicati, ma anzi traditi. Fino a prova contraria in Libia si tortura e si ammazza, anche se Salvini nella sua neolingua ci tiene a farlo passare per posto sicuro: lì non ci sono manco le ambasciate (a parte quella italiana di Tripoli).

Si poteva, si può procedere ad istituire corridoi legali per combattere il traffico di esseri umani. Si possono studiare mille modi alternativi. Magari lo si poteva fare con una proposta di legge invece che con un decreto-legge alla maniera dell'odiata Kasta. Ma in questo modo si continua imperterriti ad inseguire il consenso alla vecchia maniera (anche a costo di vite umane) e ci si adegua ai comodi delle milizie locali, che a seconda dei propri capricci potranno modulare gli interventi delle motovedette e chiedere maggiori soldi all'Italia per bloccare gli arrivi sulle nostre coste.

A questo punto spero che chi siede alla Camera e si è dichiarato distante dai metodi leghisti di gestione dell'immigrazione, lo faccia nel concreto dando un segnale forte, votando in maniera contraria a questo decreto, a differenza dei loro colleghi in Senato. Spero che lo facciano davvero, hanno l'occasione di mettere in pratica ciò che a parole hanno detto di voler fare.

venerdì 13 luglio 2018

Lettera a Salvatore, morto di lavoro



Caro Salvatore, di te nessuno se ne fregherà nulla. Passato lo shock mediatico, tornerai nel limbo a cui il destino ha deciso di collocarti, quello delle morti bianche, che tanta strage fanno in Italia. Probabilmente rimarrai nella memoria degli abitanti di Forcella, che come tutti i quartieri popolari di Napoli si tatua sulla pelle i nomi dei propri morti e ne serba il ricordo in qualche cappella votiva. Forse qualche consigliere chiederà di intitolarti uno slargo, una piazzetta dove crescono quattro alberelli sfrondati. Partirà la solita macchina giuridica con i suoi rituali fatti di avvisi di garanzia, codicilli e processi per accertare le responsabilità penali di chi ti ha offerto quei 35 euro per pulire i vetri di un lucernario fradicio. E forse emergeranno le solite esasperanti liti condominiali che hanno impedito di mettere in sicurezza un edificio consumato dal tempo.

Eppure nel rivedere la tua tragedia non si riesce a non immaginare per un attimo la città brulicante di lavori precari e a nero, sottopagati e spesso pericolosi. La gran parte dell'economia del sottoproletariato cittadino si fonda sul reddito di garzoni, camerieri, manovali, estetiste. Lavori che servono per sopravvivere, lavori che servono per far sopravvivere tutti coloro che si fregiano di aver raggiunto il privilegio di poter beneficiare delle prestazioni d'opera altrui. Qualcuno ieri ha provato a picchettare l'Ispettorato del Lavoro, a ricordare che un ente per il rispetto delle norme per la sicurezza sul lavoro esiste effettivamente, un palazzone vicino al porto da radere al suolo per manifesta inutilità.


A nulla varranno le battaglie politiche che pure qualcuno, nel chiuso della sua ostinazione, vorrebbe portare avanti. Questione di classe. Cercare le soluzioni nelle istituzioni è mossa vana, così come lo è agitare venti di pseudo-rivoluzioni dal basso che hanno imboccato la solita deriva da "Miseria e Nobiltà", da Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant, dove i ricchi vivono in un mondo fuori dal mondo e le famiglie miserabili si scannano tra di loro, dove l'unico riscatto sociale possibile è rappresentato dal matrimonio tra un ragazzotto dell'alta borghesia e la figlia di Pasquale 'o salassatore. Ieri come oggi. In un contesto in cui il cane morde lo stracciato e l'interclassismo viene posto come strada obbligata da percorrere, mentre da più parti si cerca in maniera quasi diabolica di rendere appetibile un futuro che vuole stabilizzare questo presente fatto di nuovi lavori che vengono creati dal nulla in maniera inversamente proporzionale al reddito che essi producono, la battaglia è già persa in partenza.


Salvatore non è un inizio e non sarà una fine. E' semplicemente l'ennesima annotazione sulla lista delle morti sul lavoro, in attesa che tocchi al prossimo. Un bollettino di guerra sul quale si aggiungono tanti altri drammi quotidiani delle masse popolari più misere. Davanti a questa constatazione mi chiedo se serva ancora rilasciare interviste o picchettare luoghi privi di qualsivoglia significato. I luoghi sono altri e solo con il linguaggio universale del lavoro è possibile unire ciò che è molto più facile dividere, ed immaginare un minimo di svolta, una solidarietà di classe ormai svanita. Forse così potremmo rendere onore alla vita di Salvatore e a chi come lui è morto per lavorare.


Il Popolo - Presadiretta (Puntata del 25/09/2011)

lunedì 2 luglio 2018

Il Male


Il male arriva da lontano.

Dalle strade di Damasco
si rovescia su Beirut
lungo i viali di Chicago
mi sussurra in siciliano
che le bombe di Saigon
le buttiamo su Kabul
e col sangue d'un cinese
tra le pieghe di Scampia
compriamo roba colombiana
dalle grate d'un vascello
mangiamo carne nigeriana
al sapor d'acqua di mare.

Il mio male ride da lontano.