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sabato 6 luglio 2024

L'Impossibilità del Riformismo

John Maynard Keynes

Il cosiddetto "riformismo" ha ancora una possibilità in questo periodo storico? 

La domanda è d'obbligo, visto il fronte comune che le sinistre provano a costituire davanti all'avanzata della destra estrema in tutto il continente europeo, specie ora che le elezioni legislative in Francia hanno visto primeggiare il RN di Marine Le Pen. 

Si veda l'esempio italiano: gli ultimi governi in senso vagamente riformista sono stati il Conte-1 e il Conte-2, al netto ovviamente del pesante fardello reazionario che soprattutto il primo ha comportato (in primis il Dl Sicurezza). In entrambi i casi abbiamo avuto misure come il Reddito di Cittadinanza, i bonus fiscali, il Recovery Fund ecc., senza ignorare gli aspetti fortemente deficitari che le caratterizzavano.

Eppure proprio l'imperfettibilità di queste misure, unito al fatto che quei governi hanno avuto vita breve per precisa volontà politica, rafforza la convinzione di un'impossibilità del ritorno al riformismo tipico del secondo Novecento. Il naufragio delle recenti esperienze politiche "progressiste" si è sempre verificato in due modi: o con l'arrivo di governi tecnici (vedi Draghi) abilmente messi in piedi grazie a sicari istituzionali (Renzi), oppure con l'elezione di governi di destra tramite mandato "popolare" (in realtà esito di un mix feroce di astensionismo galoppante e sistema elettorale parzialmente maggioritario). 

Tutto ciò dimostra appunto l'impossibilità di una soluzione riformista della più grave crisi generale, anzi direi totale, del capitale. 

Che il sistema attuale lo si chiami "capitalismo cannibale" (Fraser), nel senso che divora gli stessi fondamenti del suo funzionamento, oppure "tecnofeudalesimo" (Varoufakis), sancendo così la morte del capitalismo - dunque del profitto - e un ritorno alla centralità della rendita in stile medievale (protagoniste le Big Tech come Meta, Google, Microsoft ecc.), l'esito non cambia: siamo davanti ad uno spartiacque storico, di cui nessuno sembra assumerne pienamente le conseguenze.  

Alle sinistre borghesi basterà quindi assemblare dei fronti più o meno unitari, sulla base di programmi spesso infarciti di buoni propositi, puntualmente traditi al momento di governare, spingendo ulteriormente l'elettorato a collocarsi tra l'astensione o il voto all'estrema destra? 

E poi in Italia c'è chi davvero crede che sia sufficiente una Elly Schlein a trasformare un coacervo di comitati di affari come il PD, in un partito coeso e sinceramente votato alla causa operaia?

Anche queste sono domande d'obbligo, ma piuttosto retoriche.

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