martedì 13 novembre 2018

Decreto Sicurezza, il No degli attivisti del Meetup Napoli


Nel corso della riunione del Meetup "Amici di Beppe Grillo di Napoli" tenutasi ieri sera nei pressi della chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli (in basso il video della stessa), è stata presentata una mozione per chiedere al governo Conte di ritirare il decreto Sicurezza in discussione al Parlamento e di approntare normative che siano davvero rispondenti alle reali esigenze di sicurezza delle fasce più deboli della popolazione, nella convinzione che l'attuale articolato di legge rappresenti una mazzata per gli ultimi della società e risponda soltanto alle logiche di quei poteri forti nel Paese che vedono in Matteo Salvini e nella Lega una sponda affidabile.

Le esigenze delle classi sociali più povere del Paese sono infatti molto diverse da quelle previste nel decreto (nonostante l'intossicazione mediatica e social a cui siamo quotidianamente sottoposti). Si pensi ad esempio al mancato rispetto delle norme di sicurezza sul posto di lavoro che viene costantemente disatteso dal proliferare di lavori precari e in nero (il decreto non prevede assolutamente nulla per affrontare le cd. morti bianche), o allo stato disastroso della sanità pubblica che costringe migliaia di persone che necessitano di cure a dover affrontare un vero e proprio calvario per veder rispettati i propri diritti (il caso della donna ricoperta di formiche nell'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli è emblematico). Non mancano poi gli aspetti più critici che sono stati evidenziati in tema di modifiche della normativa antimafia.

La proposta ha accolto le adesioni di una parte degli attivisti del Meetup di Napoli e di alcuni rappresentanti eletti col MoVimento 5 Stelle.

Per un maggior approfondimento dei punti più critici del decreto, si rimanda al testo in basso presentato ieri in assemblea sul quale sono state raccolte delle adesioni.


Il Link alla mozione con le firme raccolte in assemblea --> Qui

Qui invece è la discussione per decidere le prossime iniziative --> Qui

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Mozione al Meetup "Amici di Beppe Grillo di Napoli" sul decreto "Sicurezza"

Il Decreto Sicurezza nasce come risposta immediata alle problematiche di ordine pubblico avvertite da una parte del nostro Paese, e si caratterizza per un sostanziale ritorno al passato attraverso la penalizzazione di alcune fattispecie che erano state stralciate dal codice penale. Rispetto agli anni precedenti in cui l'inasprirsi delle misure coercitive seguiva una cadenza ciclica, la normativa voluta dal governo Conte non tiene in debito conto del periodo storico in cui viviamo, segnato dal radicamento di frustrazione e risentimento nelle classi sociali più deboli che hanno subito il declassamento provocato dalla crisi economica del 2008 e dalla successiva austerity imposta dai burocrati dell'Unione Europea.

All'interno del corpus normativo del decreto (e della legge di conversione approvata in Senato) emergono degli articoli che inaspriscono in maniera forte le pene nei confronti di coloro che sono anzitutto vittime dell'attuale modello di sviluppo economico. Si passa dalla restrizione dei diritti per chi migra nel nostro Paese (si pensi all'abolizione della protezione umanitaria, al prolungamento del periodo di reclusione nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio, all'accelerazione scellerata dei tempi per l'esame della domanda d'asilo ecc.) alla previsione del carcere per chi chiede la carità in maniera "vessatoria" (il cd. accattonaggio molesto, già depenalizzato in passato a seguito di alcuni interventi demolitori della Corte costituzionale) e per chi blocca una strada magari nel corso di una protesta o di una manifestazione non autorizzata, prevedendo in quest'ultimo caso da 1 a 6 anni di carcere.

Sembra che l’obiettivo dichiarato del decreto sia quello di criminalizzare il conflitto sociale, in perfetta continuità con le politiche adottate dai governi precedenti (si pensi al decreto Minniti) che hanno assecondato la volontà dei cosiddetti poteri forti.

Poniamoci allora una domanda: che cos’è la sicurezza? Avere un lavoro dignitoso che ti consenta di tornare a casa sano e salvo fa parte senza dubbio della sicurezza, eppure lo stillicidio quotidiano delle morti bianche ci dimostra che esiste un'emergenza in tal senso. Nel decreto in esame non è previsto nulla, si preferisce invece colpire chi un lavoro non ce l'ha ed è costretto a mendicare per strada (e di certo non può farlo col sorriso sulle labbra, come invece sembra ipocritamente sottintendere il decreto).

Sicurezza è anche vivere in un ambiente sano per la nostra famiglia e i nostri figli. Impedire la realizzazione di una discarica o di un inceneritore bloccando l'arrivo di camion ricolmi di rifiuti tossici è una modalità di lotta che risponde a questa esigenza, ed invece il decreto prevede il carcere per chi si oppone alla devastazione dei nostri territori.

Una modifica all’art. 633 del codice penale, a prima firma di un esponente del M5S, innalza le pene per chi compie occupazioni illegali in terreni ed edifici pubblici e privati. Anche in questo caso, l’occupazione di interi pezzi del territorio e il controllo degli alloggi popolari da parte delle mafie può essere reso analogo alla resistenza in difesa del lavoro? Si pensi alle occupazioni delle fabbriche contro i licenziamenti di massa che sono stati effettuati negli ultimi anni. E’ giusto equiparare dal punto di vista penale casi così diversi?

Viene da domandarsi se questo decreto risponde davvero alle esigenze di REALE sicurezza dei cittadini più poveri, oppure se ne rappresenta l'ennesimo strumento di repressione (e quindi di insicurezza) a vantaggio di quella classe padronale che vediamo oggi organizzare a Torino la mobilitazione delle categorie professionali - in combutta con la Lega - per costringere il M5S e la sindaca Chiara Appendino a cedere sul "No" alla TAV che vede opporsi da anni il popolo della Val di Susa.

Bene hanno fatto quei senatori a dissentire sull'approvazione del decreto. Ma ciò non appare sufficiente. Il decreto “sicurezza”, così come emendato dal Parlamento, rappresenta una dichiarazione di guerra alle classi disagiate e agli ultimi della società, attraverso l’escamotage giuridico di trattare situazioni diverse con modi uguali, laddove invece l'art. 3 della Costituzione, nel sancire il principio d’uguaglianza, dispone anche il principio della parità di trattamento, che prevede di trattare situazioni giuridiche analoghe con modi analoghi, e situazioni giuridiche differenti con modi differenti.

La nostra proposta è quindi la seguente:

- Ritiro e abrogazione immediata del decreto “sicurezza”
- Modifiche normative che siano davvero rispondenti alle esigenze di sicurezza delle classi sociali più deboli del Paese (sicurezza sul lavoro, sicurezza abitativa, sicurezza nelle cure sanitarie ecc.)


In un’ottica di attuazione dei diritti civili e dei diritti sociali che proceda di pari passo PER TUTTI E IN MANIERA INDISTINTA, senza alimentare alcuna guerra tra poveri.

giovedì 1 novembre 2018

Carogne


Il 17 settembre scorso Rita, Antonio e Francesca, madre e figli entrambi disabili, ricevettero per l'ennesima volta la visita dell'ufficiale giudiziario, giunto per preannunciare lo sgombero coatto dell'appartamento che occupavano a Montesanto, nel centro storico di Napoli. Dinanzi alla prospettiva di ritrovarsi in mezzo alla strada, il figlio Antonio - affetto da gravi problemi psichici - decise (forse in accordo con la madre) di compiere il più clamoroso degli atti di protesta: far esplodere l'abitazione con la bombola del gas. 

La deflagrazione risuonò in tutto il quartiere. Rita morì sul colpo, mentre i figli rimasero gravemente feriti e furono ricoverati presso il vicino ospedale Pellegrini. Un gesto di inaudita violenza, testimone della povertà e della solitudine che pure si vivono nei caotici vicoli della città. 




Appena saputa la notizia, l'ex vicesindaco Raffaele Del Giudice si affrettò a dichiarare che quelle persone non erano note ai servizi sociali, sgravando così dalle responsabilità la sua amministrazione. Eppure proprio in quei giorni i sindacati denunciavano alla stampa il vergognoso stato di conservazione degli atti custoditi negli scantinati degli archivi del settore welfare del Comune, come evidenziava Pierluigi Frattasi in un articolo sul Mattino:

Semidistrutte, illeggibili, mangiate dai topi e dalla muffa. Sono migliaia le pratiche per l’assistenza ai bisognosi che stanno marcendo nell’archivio degli uffici comunali dei Servizi Sociali in via Salvatore Tommasi 19. Decine di faldoni accatastati l’uno sull’altro sul pavimento del piano seminterrato, zuppi d’acqua, fradici, con le pagine ormai incollate in una poltiglia informe. […] Atti ancora in corso di validità, perché non sono ancora passati i dieci anni per mandarli al macero […] Del tutto assenti, poi, le misure di prevenzione ed antincendio nell'edificio. […] Riscontrata la presenza diffusa di fessurazioni nelle pareti e nelle volte, di infiltrazioni provenienti dal terrazzo di copertura, di pluviali otturate, di distacchi di cornicioni del cortile interno […]

Dinanzi a tale operazione di cancellazione della memoria storica dell'universo sociale partenopeo appare lecito chiedersi se tutto ciò, oltre a legittimare lo scaricabarile tra le istituzioni, non sia funzionale a quel marketing turistico che da qualche anno a questa parte è diventato determinante negli equilibri di potere del governo cittadino. E' un dato di fatto che la crescita dei flussi turistici stia trasformando gli anditi del centro storico (e non solo) in case vacanze e bed & breakfast, a discapito di centinaia di famiglie che vengono sfrattate a causa dell'aumento dei fitti. Addirittura in un convento situato nel cuore del "Pallonetto" di Santa Lucia, la congregazione delle Suore di Maria SS. Addolorata ha di recente convertito l'ex scuola elementare in una casa vacanza "a tema", dove ogni camera si ispira nel design alle varie chiese di Napoli. Lo chiamano infatti turismo religioso.

Gli attivisti della campagna antisfratto "Magnammece 'o pesone" calcolano che ogni anno a Napoli vi sono circa 1600 sfratti esecutivi, mentre ben 20mila famiglie sono in attesa di un alloggio popolare. In compenso le abitazioni riconvertite in strutture ricettive sono oltre cinquemila negli ultimi 3 anni, un boom senza precedenti nel capoluogo campano. La Conferenza Unificata del mese scorso ha trovato l'intesa sul riparto tra le regioni dei finanziamenti per l'edilizia residenziale pubblica: alla Regione Campania ne spettano poco più di 55 milioni di euro. Soldi che però rimangono congelati in attesa del via libera da parte della giunta regionale guidata da Vincenzo De Luca, più interessato a non farsi scalzare alle elezioni regionali del 2020. 

Per far fronte all'emergenza abitativa il Comune istituisce ogni anno un fondo per la morosità incolpevole pari a circa un milione di euro. Un fondo a cui però sono in pochi che vi accedono, non solo per mancanza di informazione, ma soprattutto a causa di una postilla che grava come un macigno. Questa postilla si chiama "Programma 100", risale ai tempi dell'ex sindaco Rosa Russo Jervolino e non è mai stata rivista dall'attuale amministrazione di Luigi de Magistris. Il Programma 100 obbliga i beneficiari di contributi comunali a dimostrare la regolarità nei pagamenti dei tributi comunali, e di fatto esclude la maggior parte dei potenziali beneficiari che non potendo pagare il fitto, difficilmente possono far fronte ad ulteriori tasse.

Il cd. Programma 100 inserito nel modulo di accesso al fondo per la morosità incolpevole

Ma oggi si sa, siamo ai tempi della povertà "abolita" e del reddito di cittadinanza che sanerà tutte le sfortune della nazione: input comunicativi che finiscono per esacerbare il pregiudizio verso chi si ritrova in situazioni di indigenza. E' il caso occorso alla famiglia della povera Rita, quando il giorno successivo alla morte della donna vi era già chi maliziava su presunte rendite che i familiari avrebbero incassato grazie ai sussidi statali. Il motto "Prima gli italiani!", oggi tanto sdoganato, si era già ritorto contro gli italiani stessi. Di quali italiani stiamo parlando esattamente? Di quelli che vogliono lucrare sul business delle case vacanze, oppure di quelli che da tale business vengono rovinati?

Sarebbe forse il caso di rileggersi il "Ventre di Napoli" di Matilde Serao, pubblicato nel 1904. Le conclusioni di quell'inchiesta tratteggiano uno scenario quasi analogo a quello odierno:
Se io leggo i giornali, opuscoli, libri che si occupino delle grandi questioni napoletane, se io seguo il movimento delle sue associazioni, se io noto i voti dei congressi, se io odo i lamenti degli albergatori, non veggo da tutto questo che una costante, nobile, ammirevole ed esclusiva preoccupazione di rendere gradito, sempre più, il soggiorno di Napoli, ai forestieri. Benissimo! […] Compiamo il miracolo di fare sparire i mendicanti schifosi, i venditori odiosi, i fiorai petulanti e tanti altri individui anche più bassi, anche più equivoci […] Ma si permetta a un'anima solitaria e ardente di passione pel suo paese, come è la mia, di chiedere una parte di tutto questo, una povera piccola parte per migliorare le condizioni igieniche e morali del popolo napoletano. […] Perché non si obbligano le società dei nuovi quartieri al Vasto, all'Arenaccia, al quartiere Orientale, di ridurre al minimo possibile le pigioni, in modo che le case fatte pel popolo siano abitate proprio da esso e non dalla piccola borghesia, di nove o dieci lire e non vi possano, per regolamento, stare più di due o tre persone, quando vi sono bimbi? Si tenti questo! 
Ecco, si tenti questo.