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Sono 10 anni che in Italia si è aperta una nuova fase dello scontro di classe che ha visto come soggettività operaia, nel 90% dei casi, immigrati della logistica. E' stata una lotta estremamente dura, e ci sono stati dei risultati significativi in controtendenza a livello europeo rispetto ai risultati in termini di trattative per l'aumento dei salari, ottenuti attraverso la dura lotta. Dato che c'è la consapevolezza nel sindacato di classe Si Cobas che, in base ai cicli del mercato e della concorrenza, ogni vittoria si può trasformare in un arretramento, è evidente che ci sono stati degli elementi specifici che hanno potuto determinare questi successi.
Va anzitutto citato il grande lavoro storico fatto da alcuni compagni come Aldo Milani, i quali hanno compreso come in quel settore ci fosse un combinato disposto di due elementi: una soggettività operaia che già aveva attraversato la paura e il terrore dei padroni a livello mondiale; la seconda è che in un settore specifico a bassa composizione organica del capitale c'erano situazioni di immigrati che stavano lì ad aspettare la chiamata sui cellulari per andare a lavorare per 13 o 14 ore al giorno. Quindi immediatamente una condizione in cui, nella crisi capitalistica, la controtendenza alla caduta del saggio di profitto viene data - quale risposta e reazione - anche attraverso l'aumento della estensione della giornata lavorativa e dell'estorsione di plusvalore assoluto, non soltanto di plusvalore relativo come in Leonardo o in Finmeccanica.
Rispetto a questa condizione dura, il combinato disposto di una soggettività operaia che non aveva null'altro da perdere che le sue catene, e non la logica di "ricostruiamo un qualcosa un po' da classi sociali declassate", ma la spontanea, genuina, immediata esistenza di venditori di braccia in condizione di supersfruttamento capitalistico, dove immediatamente si coniugava la condizione di salariato a quella di immigrato, e dove il comando dispotico del padroncino era immediatamente collegato alla questione razziale e al razzismo. Questa lotta, oltre a determinare dei risultati in termini di battaglie salariali, ha determinato una grande repressione: c'è un maxiprocesso che coinvolge operai, attivisti, sindacali a Modena, 86 sono colpiti da questa inchiesta. C'è quindi una forte repressione che, guardate bene, sta colpendo con i decreti sicurezza, perché questi ultimi sono letteralmente cuciti addosso alla soggettività operaia e immigrata, e a Roma in particolare c'è il problema delle occupazioni delle case. Quindi loro sono immigrati, facchini e occupanti abusivi di case, e hanno cambiato le regole del gioco in termini repressivi per mirare e puntare rispetto agli unici comportamenti attualmente attivi e di lotta vera che il proletariato in Italia sta facendo, cioè sul terreno della resistenza economica del sindacato di classe.
Ma noi abbiamo la consapevolezza che c'è un limite, ecco perché siamo qui oggi. C'è un limite della lotta economica. Voglio raccontarvi un aneddoto. Dieci anni fa, quando gli immigrati denunciavano gli imbrogli, le buste paga false, tutte le cose illegali che il padrone faceva, tra l'altro violando le proprie stesse leggi padronali, arrivarono i poliziotti (mentre ai padroni se ci sono problemi ci va l'Ispettorato del Lavoro, la Guardia di Finanza, nei nostri scioperi invece ci viene la Digos, la celere, comportamenti un po' differenti), e quando gli immigrati li videro arrivare la prima volta, esclamavano "Ah finalmente, sono arrivati! Così li arresteranno tutti". Perché c'era quel mito forse proveniente da quel fideismo nei confronti dello Stato che molti di loro hanno.
Picchetto degli operai della logistica. Fonte: Facebook |
Quindi dicevo: in quella ingenuità dell'immigrato che sperava che la polizia, cioè lo Stato che malamente lo sta accogliendo tra le 13 ore al giorno, le buste paga false, gli insulti ecc., con tutto l'annesso e connesso nazionalpopolare attorno a questo povero cristo, cosa è accaduto? Ebbene è accaduto che l'immigrato ha scoperto un concetto teorico, e lo ha fatto sul terreno della lotta economica e della resistenza per affermare un diritto, non perché stava facendo l'assalto al palazzo d'inverno: che lo Stato è dalla parte dei padroni, non perché glielo andiamo a dire noi con i nostri simboli iconoclasti, con le nostre tradizioni, ma lo ha scoperto nella forma pura della contraddizione del rapporto capitale-lavoro. Cioè il comunismo è un processo materiale reale, non è un'idea che nel tempo si cristallizza, che sopravvive a vecchi cicli di lotta o che può essere riproposta. Se lo si immagina così sembra piuttosto un riciclo di classi declassate, ma non un'attenzione teorica vera sulle nuove tendenze del proletariato in Italia e a livello mondiale, perché poi c'è l'aspetto internazionale che non ho il tempo di affrontare.
Quindi ben vengano queste iniziative, ma il problema è capire come trasformare sul piano teorico politico-organizzativo l'innalzamento che la classe proletaria nel suo insieme - però anche cercando di non farci condizionare da Toni Negri e da Togliatti con l'idea che siamo tutti lavoratori, tutti sfruttati ecc. Perché esiste un proletariato, ed esistono altre figure di lavoratori che sono sicuramente i fratelli alleabili in un processo più ampio, perché certo la rivoluzione, le rotture non vengono fatte da sole 3, 4 o 5 milioni di persone in Italia, e neanche da 25mila iscritti del Si Cobas.
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