domenica 1 dicembre 2019

Tra Sardine e Nuove Destre

Piazza Dante ieri sera. Fonte: Piero De Martino - Facebook

Sabato sera erano 10mila in piazza Dante a Napoli, almeno stando alle cifre offerte dai giornalisti presenti. Parliamo delle sardine, il movimento che da diverse settimane tiene banco qui in Italia ed organizza flash-mob nelle principali piazze per protestare contro l'odio e la violenza xenofoba che la Lega sta sdoganando e sfruttando per fare bottino pieno nelle prossime tornate elettorali. Lanciato da un gruppo di ragazzi a Bologna, prova a raccogliere le varie anime della sinistra disperse da una delle più profonde crisi politiche dal dopoguerra in poi. Al di là dei numerosi detrattori che già vanno accusando gli organizzatori di essere legati al PD o a Romano Prodi, secondo il solito canovaccio che vede tutto ciò che nasce da sinistra come frutto di chissà quali massonerie, mentre invece tutto quello che sorge da destra è da considerarsi autentico furor di popolo, provo qui a darne un'analisi scevra da complottismi vari.

Partiamo da un punto fermo. A prescindere da come sia nata l'idea della "sardina", l'impressione è che si tratti di un brand comunicativo capace di raccogliere intorno a sé consensi tanto di un mondo politicamente organizzato, quanto di una massa di persone non legate ad alcun partito o movimento. Questo brand, calato in un contesto sociale liquido e disgregato, viene adottato dagli organizzatori che sono affini, ma non necessariamente "legati", alle realtà politiche localmente più forti: l'area della sinistra Dem in alcuni centri del Nord Italia, la multiforme (e frammentata) realtà della sinistra radicale qui a Napoli. Non esiste insomma un vero e proprio marchio di fabbrica, esiste invece un mondo della sinistra che prova a restituirsi una centralità che aveva perso negli ultimi tempi.
 
Ed è questo bisogno di centralità che sembra essere riuscito a captare questo movimento. In tempi di "desertificazione da social", una piazza piena (o semi-piena) è oro che cola, tanto per la destra quanto per la sinistra, in un Paese economicamente ristagnante e sempre più vecchio, con buona parte della sua gioventù emigrata all'estero. Ieri a Napoli - così come in altre parti d'Italia - era presente una svariata moltitudine: dagli ultrasessantenni cresciuti attraverso i movimenti di contestazione degli anni '60 e '70, ai ventenni/trentenni che provano a riscoprire la partecipazione di piazza senza bandiere di partito. Quindi credo si possa affermare che si tratta di un movimento intergenerazionale

Corteo del Popolo Viola. Fonte: Di Emanuele - Wikipedia
Qualcuno ha richiamato le esperienze del Popolo Viola o dei girotondi per fare dei parallelismi tra quell'esperienza antiberlusconiana e l'attuale antisalvinismo. Sebbene siano innegabili delle analogie, in primis la strategia di capitalizzazione del dissenso, sono differenti però i tempi e le condizioni. L'opposizione alla destra di oggi non è l'opposizione al centrodestra di ieri: questa di oggi è destra pura, per parafrasare Mario Tronti, che ricorre correntemente alle idee di nazione, etnia e religione; è trasversale, perché è riuscita a sdoganare, tra persone di sensibilità differenti, pulsioni che fino a poco tempo fa si aveva il pudore di razionalizzare almeno. Quindi ben vengano le sardine che incassano il risultato (non di poco) di sottrarre il palcoscenico mediatico alle destre, come sottolinea Mattia Santori sulle pagine del Manifesto.

Detto ciò, una disamina approfondita ha il compito di svelare le due facce della medaglia. Ancora una volta la mia "excusatio non petita" prelude ad una forte critica che non bisogna risparmiarsi di fare. Non vi nascondo che gli scontri più duri che ho avuto in questi anni di breve esperienza politica sono proprio con coloro che ieri cantavano "Bella Ciao" o "Je so pazzo" di Pino Daniele, perché su quelle note si sono costruite ricchezze e carriere vergognose.

Occorre dunque fare qualche cenno alla specificità della piazza partenopea. Napoli non è Bologna, Napoli non è Modena. I 10mila di Napoli non sono i 40mila di Firenze. La presenza maggioritaria della middle-class locale, e anche di numerosi esponenti dell'alta borghesia, è qui tendenzialmente escludente alla partecipazione di altre fasce sociali della città. Non perché ciò non avvenga anche altrove, ma perché la particolare conformazione partenopea lo rende molto più evidente. Il celebre pernacchio di Eduardo De Filippo, ieri usato dalla piazza contro Salvini, nasce nello sceneggiato del grande attore come rivendicazione delle classi umili contro l'alterigia del duca Alfonso Maria di Sant'Agata dei Fornai, che si serviva della polizia per sgomberare la strada dai venditori di cianfrusaglie e di piccolo contrabbando che gli impedivano di rientrare a casa con l'auto. Nella piazza di ieri invece era più facile trovare duchi e conti - o figli di - che usavano (male) il pernacchio, quale inedita versione della (finta) vicinanza tra nobili e sottoproletariato sdoganata dai Borbone. Ma almeno lo stereotipo del re lazzarone aveva il pregio di mostrarsi fisicamente vicino al popolo; ieri invece si trattava di una vicinanza solo comunicativa, al sicuro nella scatoletta di piazza Dante.  

La tensione della piazza era più che altro auto-celebrativa, come se si trattasse di un concerto e non di una manifestazione politica. Si celebrava il difficile compito di essere finalmente riusciti a sfuggire dal vortice social e ad affrontare il primo freddo di questi inverni sempre più miti. Molti quasi non ci credevano. La tensione era tutta oppositiva, di proposte concrete ce n'erano ben poche al di là delle pur condivisibili parole d'ordine, un po' perché questo appare essere il limite dei movimenti più recenti, un po' perché mettere in discussione l'esistente vorrebbe dire per molti di quei partecipanti/aderenti (soprattutto politici) far venir meno le fondamenta dei propri patrimoni.

Il rischio è che, così come alcuni girotondi hanno finito di girotondare attorno ai palazzi con l'obiettivo di costruirsi carriere personali senza riuscire ad allontanare il "pericolo berlusconiano", così le attuale sardine finiscano per girotondare attorno alle piazze, manco attorno ai palazzi, quelli ormai saldamente in mano all'antipolitica e alle future destre. Non è un caso che ieri sera fossero presenti diversi personaggi che tenevano un basso profilo, da ciò costretti più dal contesto generale che non da una libera scelta. Non c'erano i "big" Luigi de Magistris e Vincenzo De Luca, i quali si sono limitati a dare un appoggio esterno alla manifestazione. Tra la folla si sono intravisti il presidente del Consiglio comunale Sandro Fucito, il presidente della terza Municipalità Ivo Poggiani - che secondo il Corriere del Mezzogiorno è uno dei papabili candidati a sindaco - i neoassessori Luigi Felaco e Francesca Menna, quest'ultima attorniata dai transfughi (o quasi transfughi) dei 5 Stelle, tra cui la senatrice Paola Nugnes passata con LeU. C'era pure l'ex governatore Antonio Bassolino, che da un po' insieme alla moglie (ed ex parlamentare PD) Anna Maria Carloni calca i movimenti #primalepersone e i FridaysForFuture.

Antonio Bassolino in piazza ieri. Fonte: Facebook
Tutt'intorno a quella piazza continuava a sciamare la vita solita della città. Chi notava le orde di rider costretti a correre tra i vicoli per consegnare i panzarotti delle onnipresenti friggitorie? O le commesse che alle 21 di sabato sera lavavano i pavimenti dei negozi dietro le serrande semichiuse? E che dire dei senzatetto accoccolati tra i rifiuti sotto i ponteggi? Qualcuno avrà forse ricordato che tra giovedì e venerdì il piombo della camorra ha fatto un morto e due feriti? Colpisce la giovane età delle vittime: 29, 23 e 19 anni, coetanei di molti dei partecipanti di quella piazza, eppure di quanto più distante dagli stessi. L'ultimo agguato è avvenuto alle 8:15 di mattina fuori ad un bar poco lontano da piazza Dante, tra i tanti che si apprestavano ad andare a scuola o a lavoro. C'è un mondo che ci si ostina a ricacciare fuori da sé, ma è un mondo che travolgerà quel poco di classe media rimasta dopo gli anni ruggenti keynesiani. L'ultima manifestazione della CGIL a Giugliano contro il lavoro nero è stata un flop: solo 70 persone, tutti studenti delle scuole. Si voleva dare una risposta al caso di un imprenditore manifatturiero che in una fabbrica di Melito aveva rinchiuso in deposito 43 operai non contrattualizzati per sottrarli all'ispezione dei carabinieri. Quel corteo si è mosso nella completa indifferenza e diffidenza della popolazione, così come testimoniato dalle telecamere di Fanpage


Bisogna insomma esser consapevoli che il movimento/momento delle sardine passerà, legate a doppiofilo alle sorti di Matteo Salvini e del fronte sovranista di destra. Sullo sfondo rimarranno i drammi quotidiani di sempre, storie ordinarie di sfruttamento e di ingiustizie affrontate nella più totale solitudine. Che sia l'occasione buona per rendersi conto del mondo di cui facciamo parte? Anche perché non ce ne saranno altre.

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