giovedì 26 dicembre 2019

Mani Su Bagnoli - Il Gioco Delle Parti

Luigi Pirandello, autore della commedia "Il giuoco delle parti"
La classe dirigente dell'antica Roma era solita occultare al popolo gli scontri di potere al proprio interno. Quei provvedimenti che potevano disvelarne i tratti più reconditi, in primis le sentenze giudiziarie sui personaggi più in vista, spesso non venivano esternati al pubblico, essendo sufficiente per la loro efficacia giuridica la delatio ad aerarium, ossia il loro deposito nell'archivio degli atti pubblici. È in questo quadro di verità nascoste che nasce il celeberrimo "arcana imperii", termine coniato da Tacito per sottolineare gli oscuri disegni del potere che dominavano le dinamiche dell'impero romano.


Uno di questi arcana imperii sembra essere stato svelato durante il convegno sul futuro dell'area ovest di Napoli organizzato da Invitalia nel Castel dell'Ovo. Il professor Michelangelo Russo, preside di architettura dell'università Federico II, ha delineato le prospettive di sviluppo di Bagnoli con un discorso che ha lasciato di stucco i presenti. Secondo Russo infatti "la riqualificazione di Bagnoli è un progetto molto complesso e per completare tutti i lavori, bonifiche e trasformazioni, ci vorranno almeno 35 anni, se non si arriverà a 50 considerata la portata degli interventi". A detta del preside Russo dunque non saranno sufficienti i i 5 anni stimati per la bonifica, come da cronoprogramma del PRARU (Piano di Risanamento Ambientale e di Rigenerazione Urbana). Da queste parti 35 anni vogliono dire almeno il doppio, ed effettivamente ci sembra un'eternità considerati i decenni di paralisi trascorsi finora. Che queste parole abbiano suonato nei timpani degli amministratori locali come un treno che sferraglia lo si capisce dalla sequela di reazioni pubblicate a mezzo stampa. Il commissario Francesco Floro Flores ne ha approfittato per scagliare un'invettiva contro Invitalia, colpevole a suo dire di non averlo invitato al convegno (!) e di aver lanciato il concorso internazionale di idee a Milano invece che a Napoli, snobbando così gli studi di architettura ed ingegneria napoletani (che da decenni aspettano di mettere le mani sull'ex area industriale). I costruttori partenopei sono andati ovviamente nel panico, tanto da redigere una lettera a firma della presidente Federica Brancaccio in cui si chiede al ministro per il sud Giuseppe Provenzano e allo stesso commissario "la sospensione del bando per il concorso di idee lanciato da Invitalia e prorogato al 7 gennaio 2020" e la "realizzazione ad horas di interventi in aree che non necessitano di bonifica e che hanno già la destinazione urbanistica". Ma è soprattutto sui vincoli esistenti che i costruttori chiedono un impegno in tal senso: sono troppi e vanno rimossi (a breve il Comune dovrebbe pubblicare il nuovo piano regolatore), in spregio alla cementificazione selvaggia che ha devastato questi territori. Addirittura Antonio Di Gennaro, in un suo appello alla responsabilità lanciato dalle colonne di Repubblica, a fronte di una serie di critiche pur condivisibili, si spinge ad esaltare il lavoro fatto dall'ACEN, l'associazione costruttori edili napoletani:
Che il piano di rigenerazione urbana di Bagnoli prodotto da Invitalia fosse un involucro vuoto, mestamente privo di contenuti, l’avevano già detto i sindacati (CGIL, CISL e UIL), assieme al WWF e al FAI in un circostanziato documento, ma si sa, quella è gente inconcludente, eternamente scontenta. Sulle pagine di Repubblica poi, l’urbanista Giuseppe Guida aveva osservato che un suo studente del secondo anno avrebbe fatto meglio, ma anche qui, la spocchia accademica non conosce fine. Nel frattempo però la cosa era stata ribadita, nero su bianco, nel parere congiunto rilasciato dai ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali, secondo il quale il piano di Invitalia non era valutabile, perché puramente virtuale (sic!), ma questa volta evidentemente è il muro di gomma della burocrazia a remare contro, i lacci e lacciuoli che lo Sblocca-Italia si era prefisso di recidere e dissolvere. [...] A questa cortina fumogena la Consulta delle costruzioni (organo dell'Acen, ndr) propositivamente oppone il lavoro fatto, le decisioni pubbliche già prese, fino ai progetti approvati e cantierabili, sono trentatré quelli censiti, pienamente coerenti con il quadro delle previsioni urbanistiche vigenti, che potrebbero essere avviati immediatamente, senza attendere la palingenesi di una bonifica senza fine, l’unica grande, costosa opera pubblica che sembra stare a cuore a Invitalia. Alcuni sorprendenti dettagli della quale, sono stati illustrati dai tecnici di quella società nel convegno a Castel dell’Ovo dello scorso 11 dicembre, e qui siamo davvero dalle parti del dottor Stranamore, perché l’idea sarebbe quella di ricollocare in situ, nella stessa area, i materiali provenienti dalla rimozione della colmata (che sarebbe bene a questo punto mettere in sicurezza e lasciare lì dov’è), seppellendo così nuovamente i suoli esistenti; e di procedere alla bonifica dei fondali su uno specchio d’acqua sconfinato, di 14 chilometri quadrati. Insomma, lo sconvolgimento di un ecosistema – mare e terra – che con altri approcci, improntati alla sobrietà più che all’onnipotenza, andrebbe invece guidato, in tempi ragionevoli, verso condizioni di equilibrio e sicurezza. La lettera della Consulta al ministro Provenzano è un appello serio alla responsabilità: davanti a percorsi così spregiudicati e incerti, è necessario che sia il territorio, con le sue istituzioni e le forze economiche e sociali, a ritrovare rapidamente un ruolo e una voce.
Federica Brancaccio e il sindaco de Magistris. Fonte: Facebook
Certo fa sorridere che i vari esponenti del mondo imprenditoriale partenopeo, compresi i loro epigoni, si accorgano soltanto ora del fatto che il piano di rigenerazione urbana di Invitalia fa acqua da tutte le parti, quando fino a pochi mesi fa ne tessevano le lodi, e anzi ne auspicavano la rapida approvazione da parte di Mattarella (arrivata a settembre di quest'anno). In realtà che qualcosa non stesse andando per il verso giusto lo si era capito durante la commissione comunale che si tenne a febbraio, in cui alcuni consiglieri di maggioranza si rizelarono nell'ascoltare dai tecnici di Invitalia che la colmata a mare dovesse essere rimossa e ricollocata in situ. Legittime preoccupazioni ambientaliste? Tutt'altro. Come abbiamo spiegato in un articolo di alcuni mesi fa, la colmata serve a taroccare al ribasso l'indice di fabbricabilità e a giustificare così speculazioni edilizie di stampo laurino in piena zona rossa per rischio vulcanico dei Campi Flegrei (l'ultima scossa di magnitudo 2.8 è di poche settimane fa). E non sorprende neanche più vedere esponenti dei movimenti di lotta allinearsi più o meno implicitamente alle stesse tesi dei costruttori: se Napoli viene più volte indicata come laboratorio politico del Paese, una ragione ci sarà.


Insomma il preside Russo si è preso la responsabilità di dichiarare il vero, ossia che interventi del genere richiedono tempi molto lunghi. Una simile dichiarazione, arrivata tra l'altro a pochi mesi dalle elezioni regionali, da un lato demolisce il dogma della rapidità che la politica aveva imposto giocandosi buona parte del consenso, dall'altro offre un assist alle ragioni del governatore Vincenzo De Luca che sul piano si è messo di traverso ufficializzando il parere negativo della Regione, senza fornire alle conferenze dei servizi tutta la parte infrastrutturale che sarebbe servita a chiudere il quadro. A spingere nuovamente sull'acceleratore ci ha pensato il presidente della Camera Roberto Fico, che si è così inserito nella polemica durante un convegno incentrato sul tema dell'abbandono delle periferie: 
A Bagnoli, a Napoli, ad esempio si è verificato per 30 anni un tradimento da parte della classe politica sulla promessa della bonifica; si sono creati disillusione dei cittadini, distanza dalla politica. Se non riusciamo ad applicare ciò che legiferiamo, la distanza della gente dalla politica aumenta. Ciò che promettiamo deve poi accadere sul territorio".
Ed ecco tornare la questione delle promesse. Ed in effetti bisognerebbe capire a chi la politica ha promesso sul territorio. Di certo non ai suoi abitanti ormai assuefatti da trent'anni di immobilismo. E soprattutto che cosa ha promesso? Di certo non la fantomatica bonifica, visto che non si riesce neanche a rimuovere l'amianto dopo più di un anno dall'avvio delle procedure per il bando di gara, il cui termine è stato prorogato al 2020.

Per capirci qualcosa occorre partire dalle parole di Floro Flores, che ha accusato Invitalia di aver inaugurato il concorso di idee a Milano. L'ex area industriale di Bagnoli è infatti uno dei nodi gordiani prodotti dall'incessante contrattazione tra poteri locali e gruppi affaristici oltre regione per il controllo del territorio e delle sue risorse. Questa contrattazione va avanti a continui stop and go, secondo un gioco delle parti in cui ognuno fa la sua mossa nella piena consapevolezza della reazione dell'avversario. Non è un caso che alle parole di Floro Flores abbiano subito ribattuto prima l'ex commissario Salvo Nastasi, il quale ha accusato l'imprenditore napoletano di aver fomentato una polemica pretestuosa e di aver perso inutilmente tempo, e successivamente l'ex ministro Claudio De Vincenti che delle trattative per arrivare a quel piano è stato il protagonista.

La contrattazione include il ricorso alla corruzione e alla violenza (quest'ultima soprattutto nei momenti più critici) come da tradizione consolidata della nostra classe dirigente. Per capirci di più può essere utile mettere in linea i vari avvenimenti degli ultimi anni. Una prima fase di stallo si verifica con l'incendio doloso di Città della Scienza avvenuto il 4 marzo 2013 e rimasto tutt'oggi senza colpevoli, ma soprattutto con l'inchiesta della Procura di Napoli che un mese dopo inquisisce per disastro ambientale ben ventuno tra politici, tecnici ed amministratori della Bagnolifutura SpA. E' a quel punto che saltano tutti gli accordi e i loro garanti. Segue così un periodo di incertezza nel quale si rende necessario ricostruire quegli equilibri che si erano saldati intorno al piano di Vezio De Lucia approvato dal Comune di Napoli. Le tensioni raggiungono l'apice con gli scontri di piazza seguiti alla frattura tra il sindaco Luigi de Magistris e l'ex premier Matteo Renzi, il quale forte del consenso ottenuto alle europee del 2014 cerca di imprimere sull'area il proprio marchio di fabbrica nominando un commissario ed espropriando l'amministrazione comunale. Quelle tensioni provocano una nuova fase di stallo che si sblocca solo con l'avvicendamento di Renzi e l'arrivo di Gentiloni, che nomina Claudio De Vincenti come ministro alla coesione territoriale a cui viene affidato il dossier Bagnoli. A quel punto la contrattazione riprende e si arriva all'attuale piano di massima, diventato legge con il governo Conte. Il PRARU, che ricalca gran parte del vecchio piano di De Lucia, salva buona parte degli interessi dell'imprenditoria locale. Tuttavia le regole del capitale non conoscono freni, e perciò ad ogni accordo raggiunto i giocatori provano ad accaparrarsi ulteriori quote di potere. E così facendo il litorale definito spiaggia pubblica con delibera comunale viene preso d'assalto dall'insediamento di nuove discoteche e dal parcheggio abusivo, veri business di clan e potentati locali, grazie alle concessioni rilasciate dall'Autoritá portuale (il cui presidente è Pietro Spirito, storicamente legato al PD in Campania) e oggi autorizzate anche dal commissario Floro Flores. Una colonizzazione incentivata dal silenzio delle istituzioni sulle denunce dei residenti che sono costretti a chiudersi in casa per sfuggire al caos che non di rado sfocia in risse ed omicidi. Qualunque prospettiva di recupero non potrà non tener conto della pesante ipoteca posta dai signori della movida che vanno dall'arenile nei pressi del quartiere alla punta di Coroglio, assurti ormai a nuove parti della trattativa.   


Bagnoli diventa così la cartina al tornasole del modo di esercitare il potere della classe dirigente italiana. E chissà se la concomitanza di queste polemiche con la richiesta del pm Stefania Buda di riconfermare in appello le condanne per disastro ambientale già comminate in primo grado dal tribunale di Napoli sia solo una coincidenza. In ballo ci sono anche i quasi 9 miliardi di euro per la rigenerazione urbana che il Governo ha stanziato in legge di bilancio nell'arco 2021 - 2034. 

Cecità dei sudditi e iperveggenza di chi sta in alto?

Nessun commento:

Posta un commento

Chiunque può liberamente inserire un commento. Insulti o sproloqui vari verranno immediatamente cancellati.