venerdì 15 luglio 2011

Gli affari della famiglia Cesaro

Sebbene le sue interviste e il suo modo di porsi al pubblico, impacciato e sgrammaticato, abbiano suscitato amara ilarità, Luigi Cesaro fa parte di una delle famiglie imprenditoriali più potenti della Campania. Il Gruppo Cesaro è impegnato in molteplici attività, specie nel settore dell'edilizia e dello sport, e produce fatturati milionari.
Luigi Cesaro, secondo alcune fonti giornalistiche, sarebbe sotto indagine della magistratura. Agli atti ci sarebbero le accuse di alcuni pentiti, in particolare Gaetano Vassallo e Luigi Guida, che lo vedrebbero contiguo al cartello camorristico dei Casalesi, addirittura come referente politico della fazione dei Bidognetti. Accuse gravi che, in verità, già circolavano da qualche tempo come aveva riportato tre anni fa il settimanale L'espresso.
Cesaro non è nuovo a questo tipo di inchieste: già nel 1984 ebbe occasione di conoscere le patrie galere quando venne arrestato per collusioni con la NCO di Raffaele Cutolo: dapprima fu condannato in Tribunale a 5 anni di reclusione, in seguito venne assolto sia in Appello che in Cassazione, nella cui relazione finale tuttavia i magistrati stigmatizzavano la contiguità dei rapporti tra Cesaro e gli esponenti della Nuova Camorra Organizzata (ammessi dallo stesso durante il processo a suo carico). Si rese latitante nel 1988 quando, da assessore al bilancio di Sant'Antimo, venne coinvolto in una nuova inchiesta su un giro di truffe effettuato da alcuni amministratori locali in accordo coi clan; nel 1991 il Comune venne sciolto perinfiltrazione camorristica quando ne era lui stesso consigliere insieme ai fratelli Aniello e Raffaele. Gli stessi carabinieri, nello stesso anno, constateranno le sue pericolose frequentazioni con “pregiudicati di spicco della malavita organizzata operante a Sant'Antimo e dintorni”.
Insomma Cesaro si presentò alle elezioni provinciali del 2009 con un curriculum di tutto rispetto. Il passato non è mai stato un problema per la sua carriera politica: per ben due volte è riuscito a farsi eleggereconsigliere provinciale, per tre volte deputato (compresa la Legislatura attuale) e perfinoeuroparlamentare, per poi approdare, come già detto, allo scranno di presidente della giunta provinciale. Da cosa deriva tutto questo successo politico?
Come già avevo raccontato in alcuni articoli precedenti, in Campania esistono poche grandi famiglie imprenditoriali in grado di imporre la propria volontà al territorio, sfruttando la pochezza della sua classe dirigente e il perenne stato di bisogno in cui la popolazione è ridotta. Grazie a questi elementi è possibile monopolizzare ampie forme di economia e controllare il tessuto sociale.
Aniello CesaroPartiamo da un luogo simbolo del potere della famiglia Cesaro in Campania, e di cui si è molto discusso in questi giorni in merito alle indagini che coinvolgono l'onorevole Gigino. L'area Texas di Aversa era una delle poche aree industriali del Sud Italia: finanziata in gran parte con i soldi della Cassa del Mezzogiorno, chiuse i battenti nel 1999. Al fine di evitare il licenziamento coatto dei370 lavoratori, si predispose un piano per la riconversione produttiva dell'area e lo stabilimento venne ceduto alla bolognese Yorik srl, di proprietà dell'ex deputato forzista Ilario Floresta,che avrebbe dovuto effettuarla. Ma la Yorik venne rilevata da Aniello Cesaro, fratello di Luigi, e la destinazione d'uso dell'area cambiò radicalmente. I 370 lavoratori, così, persero il lavoro.
Si susseguirono diversi progetti per la costruzione di parcheggi e case da parte dei Cesaro, contestati dalle associazioni cittadine che invece volevano la riqualificazione promessa fin dal 1999. I progetti subirono vari blocchi e non se ne fece più niente. Ad oggi, però, sembra che il destino dell'area sia legato all'ennesimo disegno imprenditoriale di natura speculativa. La vicenda è questa: la Regione Campania, nel 2010, approvò il progetto presentato dalla Nuova Immobiliare Srl, società proprietaria dei terreni dell'area Texas e facente capo ai fratelli Cesaro. All'interno del piano era prevista la costruzione di ben 140 unità immobiliari su un'area di 60mila mq, collegata alla vicina stazione centrale ferroviaria. Il sindacoDomenico Ciaramella, in quota Pdl, respinse il piano riconfermando il suo “no” ad ogni forma di speculazione edilizia. Il Consiglio comunale di Aversa emise così due delibere (l'ultima qualche mese fa) che impedivano la costruzione delle case, ribadendo la destinazione dell'area al verde pubblico e a progetti di riqualificazione. Ma la pressione della Regione Campania, esercitata per mezzo di unaConferenza dei Servizi istituita due mesi fa con l'obiettivo di far passare il piano immobiliare dei Cesaro, sembrò essersi imposta sulle decisioni del Consiglio: l'assessore all'urbanistica Mattiello infatti firmò la relazione prodotta dalla Conferenza, dando in pratica via libera al progetto sebbene lo stesso avesse negato categoricamente, fino a pochi giorni prima, che sarebbe stato costruito alcunché nella ex area industriale Texas. Il sindaco Ciaramella indisse una riunione con tutte le forze politiche per discutere del piano immobiliare presentato dai Cesaro quando, con le precedenti delibere del Consiglio, si era invece chiuso il capitolo dell'annosa vicenda (gli amministratori sostengono che la Regione abbia avviato un iter procedurale, su richiesta dei Cesaro, a cui non è stato possibile sottrarsi nonostante il parere negativo del Consiglio). Sembra così che i Cesaro l'abbiano spuntata e quell'area, a discapito delle promesse decennali di riqualificazione urbana, probabilmente sarà interessata dall'edilizia residenziale e commerciale (salvo colpi di scena). E proprio su quest'area Texas si concentrano alcune dichiarazioni dei pentiti, in particolar modo dell'imprenditore dei rifiuti Gaetano Vassallo che nel 2008, quando pendeva un'analoga possibilità di speculazione edilizia sull'area, dichiarò:
Mi spiegarono che Luigi Cesaro doveva iniziare i lavori presso la Texas di Aversa e che in quell'occasione si era quantificata la mazzetta che il Cesaro doveva pagare al clan.[...] “
Da sempre nel ramo dell'edilizia, gli affari della famiglia Cesaro si concentrano nel “Gruppo Cesaro”, la holding di famiglia presieduta dall'architetto Aniello Cesaro con un passato da consigliere comunale di Sant'Antimo all'epoca del suo scioglimento per infiltrazione camorristica nel 1991, in cui fu coinvolto in prima persona insieme ai fratelli.
Cesaro Resort







Il gruppo è impegnato, oltre al settore edilizio, anche a quello della sanità e dello sport, e i suoi investimenti superano i confini campani e raggiungono il Nord Italia. E' tuttavia qui in Campania che sono concentrati gli affari più redditizi. Il gruppo gestisce una serie di centri sportivi, due ristoranti, un hotel a cinque stelle e uno dei pochi centri Igea dell'hinterland partenopeo, oltre alle diverse commesse ottenute in giro per le province di Napoli e Caserta e a consolidati rapporti commerciali con altri gruppi imprenditoriali, in primisCosta Crociere.
Gli impianti sportivi hanno spesso ospitato il ritiro di varie formazioni calcistiche di serie A, come il Parma e il Milan.
Insomma, ottimi affari.
Un potere, dunque, saldamente legato all'economia e alla politica, che ovviamente permette di poter esercitare più facilmente pressioni laddove ci siano interessi contrastanti con le reali esigenze della popolazione. Il binomio economia-politica si ripropone per l'ennesima volta... a qualcuno viene in mente quella cosa strana e lontana nel tempo, denominata conflitto d'interessi? Gli affari dei fratelli Cesaro, con tutte le loro ombre, strettamente connessi alla politica, possono rientrare in questa accezione?

venerdì 8 luglio 2011

L'anello mancante in mezzo ai rifiuti

Non si può prescindere dal presente senza collegare le vicende passate entro un filo logico. Perché comprendendo il passato è possibile farsi un'idea del presente e forse capirne i meccanismi, specie quando si parla di potere. 

Era novembre 2010: un impacciato Luigi Cesaro, deputato Pdl e presidente della giunta provinciale di Napoli, veniva ascoltato dalla commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Dal suo discorso tuttavia la commissione non cavava un ragno dal buco: al di là delle visibili carenze lessicali, il colloquio appariva più uno scialbo tentativo di discolpa da parte di Cesaro che non piuttosto una relazione sullo stato delle cose. Scaricabarile a iosa, approssimazioni a palate, omissioni a go go, ignoranza palese su diverse punti dell'argomento. Insomma, la commissione decideva di udirlo soltanto per un quarto d'ora e poi lasciarlo andare.
Eppure nel 2009 fu prodigo di promesse. Il Pdl, per festeggiare la sua vittoria alle elezioni provinciali, organizzò una festa pacchiana all'Arenile di Bagnoli; le televisioni lo intervistarono per chiedergli della sua prossima agenda politica. Subito dichiarò di voler formare una “squadra da mettere in campo” per risolvere i "problemi" e questa squadra doveva essere composta soprattutto di “giovani”. Sono passati due anni e la commissione, tornata in questi giorni sul luogo del delitto, ha trovato praticamente immutata la situazione. Di "squadre messe in campo" e di "giovani", ovviamente, nemmeno un rantolo lontano. In compenso, però, di "cose messe in campo" ce n'è in gran quantità tra rifiuti sparsi nelle strade e i soldi pubblici drenati nelle casse della società provinciale Sapna. Tramite questa ditta la Provincia esercita la sua competenza legislativa sullo smaltimento dei rifiuti, controllando gli impianti e i siti di stoccaggio sul territorio. In altri termini è l'ente a cui è demandata la responsabilità di gestire la filiera dei rifiuti.
La Sapna dunque è la società provinciale in cui si accentra il vero potere gestionale. Comuni e Regione, in realtà, hanno competenze abbastanza limitate rispetto al potere giuridico di quest'ente pubblico, che al momento è costato ai contribuenti 2 milioni e 400mila euro in un anno di perfetta inattività. Questa società è figlia della legge 123 del 2008 voluta da Berlusconi, la legge che impose l'apertura di dieci discariche militarizzate tra cuiChiaiano, oggetto di aspra battaglia tra la comunità locale e il Governo e oggi posta sotto sequestro dalla magistratura per sospette infiltrazioni del clan dei Casalesi nella gestione. 
I vecchi consorzi di rifiuti, quelli basati sulla formula mista pubblico-privato dove entravano in commistione clientelare interessi politici, imprenditoriali e camorristici (e in cui venne indagato Nicola Cosentinoriguardo alla società Eco4, su cui pende tuttora un mandato di arresto bloccato dal Parlamento) vennero sciolti e riuniti nel Consorzio Unico di Bacino Napoli e Caserta, l'ultimo carrozzone clientelare prima della costituzione delle attuali società provinciali Sapna (Napoli) e Gisec (Caserta). Il Consorzio in via di liquidazione, che vanta crediti per svariate decine di milioni di euro verso i Comuni, gestisce oltre 2000 lavoratori in esubero tuttora "parcheggiati" nei capannoni a non fare nulla. Il lavoro che dovrebbero svolgere, come dimostrò la trasmissione Presa Diretta, viene affidato dalle società provinciali a ditte private molto probabilmente legate alla camorra.
L'anello mancante di Gomorra è sempre stato il quadro dettagliato dei rapporti tra politica, affaristi d'alto rango, massoneria e servizi segreti. Come nei molteplici capitoli oscuri di storia italiana, anche la vicenda dei rifiuti in Campania ha tutti i requisiti per entrare a farne parte, alla pari delle stragi terroristiche e mafiose degli anni passati e dei patti tra Stato e Cosa Nostra. Qualcuno in alto dovrà rispondere dei continui aumenti di morti per tumore dovuti a queste pratiche criminali. Per farlo occorre però raccontare.
L'inchiesta Eco4 sull'omonima ditta di smaltimento in capo ai fratelli Orsi stava cominciando a dipanare le ombre sul potere che aveva ridotto la Campania in un cumulo di rifiuti, tanto che gli inquirenti stavano cominciando a individuare i mandanti politici dei traffici di rifiuti illeciti. Tuttavia Michele Orsi, perno dell'inchiesta, venne ucciso a Casal di Principe il 2 giugno 2008 dal gruppo di fuoco capitanato da Giuseppe Setola, responsabile di lì a qualche mese della cosiddetta “Strage di Castelvolturno” in cui morirono sei africani e un italiano. Il giorno dopo Michele Orsi avrebbe dovuto essere ascoltato dagli inquirenti sui legami politica-camorra.
Un omicidio preciso e puntuale. Setola e i suoi uomini obbedivano agli ordini provenienti dall'alto e approfittavano del tempo messogli a disposizione per mietere vittime in tutto il casertano, ammazzando perlopiù estorsori infedeli e imprenditori la cui unica colpa era stata quella di denunciare. In poche settimane uccisero a colpi di kalashnikov decine di persone, nel silenzio totale delle istituzioni locali e nazionali e degli organi d'informazione. Fu soltanto con la strage degli africani e della successiva rivolta della comunità "nera" di Castelvolturno che concentrò l'attenzione dei mass media sul commando casalese, e obbligò di conseguenza il Governo ad azionare gli apparati repressivi. Ovvero lo Stato intervenne quando le azioni del commando divennero un mero problema di ordine pubblico, mentre non lo erano state affatto per la tutela della vita delle persone.
Fino alla strage, Setola e il suo gruppo di fuoco avevano fatto il bello e il cattivo tempo, coperti da una rete di fiancheggiatori, sgusciando tra covi e cunicoli e potendo usufruire di ampie risorse economiche e militari messe a disposizione dal clan (denaro e armi vennero sequestrati in gran quantità il giorno del suo arresto).
Setola godeva del lasciapassare di Antonio Iovine e Michele Zagaria, i boss dei Casalesi, i quali con tutta probabilità gli avevano offerto le giuste coperture e i mezzi necessari per commettere gli omicidi. Michele Orsi era senza dubbio l'obiettivo più importante. Dalle dichiarazioni rilasciate prima del suo assassinio, incrociate con quelle di altri pentiti, fu possibile ricostruire la piramide del sistema camorristico di smaltimento dei rifiuti fino ai livelli della politica nazionale. Il dominus politico fu identificato in Cosentino, ma furono lambiti anche i nomi di Bocchino, Coronella e Landolfi, non indagati.
Controllare l'Eco4 voleva dire controllare, direttamente o meno, tutte le fasi dello smaltimento dei rifiuti nel casertano: il servizio presso i Comuni, la raccolta differenziata, i trasporti, i siti di smaltimento e i futuri impianti di incenerimento. L'ambizione dei fratelli Orsi era quella di creare un sistema economico alternativo nel settore dei rifiuti urbani al monopolio di Impregilo. Volevano riunire i consorzi casertani e napoletani per formare un unico superconsorzio, ma il sogno rimase tale. Arrivarono le inchieste, gli arresti, i sequestri, poi le intimidazioni e gli agguati e il sistema dovette mutare nuovamente forma, trasformandosi in nuove società, nuovi capitali e forse nuovi uomini, senza mai scomparire.
Questo sistema oggi è dominato dalla figura delle società provinciali, il cui destino è forse legato a nuove indagini giudiziarie. La Procura di Napoli sta infatti lavorando su due ipotesi di reato in relazione ai trasporti fuori regione avvenuti prima dell'approvazione governativa del decreto legge di alcuni giorni fa, ovvero traffico illecito di rifiuti e truffa ai danni dello Stato. Secondo i sospetti di magistrati e carabinieri i traffici di rifiuti provenienti dalla Campania e diretti nelle cave di Taranto e di Messina sarebbero avvenuti in assenza di intese istituzionali, basati semplicemente su una serie di contratti privati stipulati tra alcune ditte, tra cui appunto la Sapna di Napoli e l'"Ecoambiente" di Salerno, l'”Italcave” pugliese e le siciliane “Profineco” e “Vincenzo d'Angelo”. Con questi traffici sarebbero stati stoccati illegalmente rifiuti speciali, in spregio alle normative ambientali e penali.
In conclusione, è chiaro che l'emergenza rifiuti continuerà per Napoli e la Campania fin quando non avverrà un completo ricambio della classe dirigente e terminerà quella sorta di complicità tra Stato e criminalità organizzata. Ma il ricambio dei vertici potrà avvenire soltanto se ci sarà una rivoluzione culturale da parte degli Italiani, a cui seguirà per forza di cose una rivoluzione politica. Se il giornalismo partecipativo, i blog e i siti di informazione libera sono una spia e una spinta verso questa direzione ben venga. E' pur sempre una speranza.