venerdì 31 luglio 2009


Mentre continuano le polemiche sul mancato impegno del governo per risolvere i problemi del Sud e mentre Tremonti annuncia che per il Sud è pronto un “piano Marshall” pubblichiamo la terza parte della nostra sintesi sul rapporto della SVIMEZ sullo stato del mezzogiorno. In questa terza e ultima parte sono affrontate l’analisi delle politiche della P.A.,le politiche per lo stato sociale,le politiche contro la criminalità e tutto quanto riguarda popolazione,scuola, mercato del lavoro,migrazioni.
  • Le politiche della P.A.
La qualità dei servizi pubblici essenziali, come giustizia, sanità, istruzione, trasporti, lavori pubblici, servizi locali, è al Sud molto bassa e inferiore al resto del Paese. Ciò ha rilevanti ricadute sulle condizioni di vita dei cittadini e sul funzionamento dell’economia, limitando fortemente sia gli investimenti stranieri che quelli delle grandi società pubbliche. In alcune zone ciò è aggravato dall’influenza della criminalità organizzata. Per di più le liberalizzazioni, le privatizzazioni, la riforma dei servizi pubblici locali e i processi di decentramento hanno finito per ampliare il divario tra Settentrione e Mezzogiorno. Una forbice, quella tra le due “Italie”, che non è solo connessa a vincoli di bilancio, ma a vere e proprie inefficienze di organizzazione e gestione dei flussi finanziari.L’indice del buon governo, è diverso dal Centro Nord al Sud, dove è più basso del 30%.Per quanto riguarda ad esempio le imprese municipali mentre quelle del Centro Nord fanno utili in media di oltre mezzo milione quelle meridionali accusano perdite pari a più di 260mila euro,pur avendo un numero maggiore di dipendenti: ciò deriva dall’inefficienza di tali aziende e dalla eccessiva commistione tra politica a gestione. Per progettare e affidare i lavori di un’infrastruttura poi sono necessari in Italia 900 giorni, risultanti dalla media di diversi valori regionali: dai 583 in Lombardia e 693 in Emilia ai 1.100 giorni della Campania e 1.582 della Sicilia.Permane una diffusa critica dei cittadini per la qualità di alcuni servizi socio assistenziali, in particolare i ricoveri ospedalieri: nel Mezzogiorno neppure il 19% dei malati è soddisfatto, a fronte del 45% del Centro-Nord, e lo si vede dal dato relativo al tasso di emigrazione dai nosocomi del Sud verso quelli del Nord, pari al 10,7%.
L
a necessità di rilanciare gli interventi di politica nazionale e regionale di sviluppo riporta inevitabilmente al nodo critico irrisolto e mai affrontato in modo sistemico della riforma della Pubblica Amministrazione. Come accaduto nelle esperienze straniere di maggior successo, essa permetterebbe di rimettere in circolo riserve di produttività compresse da dispositivi normativi e dal conformismo dei comportamenti burocratici. Sino ad ora nel nostro Paese i tentativi di intervento hanno mostrato una sostanziale inefficacia. Al tempo stesso, si trascina irrisolta al Sud ancor più che al Nord la questione dei rapporti tra poteri politici e poteri amministrativi; da qui la continuità di un rapporto di sudditanza del dirigente pubblico al potere politico.

  • Popolazione,scuola e mercato del lavoro,migrazioni

Nel 2030 il Mezzogiorno avrà una popolazione ridotta e invecchiata. Al Sud il flusso di immigrati non basterà a compensare il calo degli attivi meridionali: qui tra il 2008 e il 2030 infatti la forza lavoro perderà circa 2,2 milioni di persone, a fronte di 150 mila nuovi stranieri. Oggi i giovani sotto i 20 anni sono il 21,5% della popolazione e gli over 65 il 18%. Tra trent’anni i giovani sotto 20anni scenderanno al 17%, e avrà meno di 40 al Sud il 36% della popolazione (oggi è quasi il 50%); gli ultrasessantacinquenni cresceranno del 65% e la quota degli ultraottantenni raddoppierà dall’attuale 5% al 10%. Conseguenze: un deficit di forza lavoro locale e una necessaria modifica degli stili di consumo e della gestione del welfare. Nel 2008 il Centro-Nord ha registrato un tasso di natalità leggermente superiore a quello del Sud: 9,7‰ contro 9,6‰. Per quanto riguarda la mortalità, la media meridionale è dell’8,9‰, mentre al Centro-Nord il 10,1‰. Quasi il 90% degli stranieri residenti, pari a circa 3 milioni, si concentra nelle regioni del Centro- Nord, mentre al Sud sono poco meno di 430 mila unità.Per quanto riguarda il lavoro,gli occupati crescono al Centro-Nord di 217 mila unità, mentre scendono di 34 mila nel Mezzogiorno. Risultati positivi per il terzo anno consecutivo per Molise (1,6%), Puglia (0,3%) e Abruzzo (3,2%). Crollano gli occupati soprattutto in Campania (-2,2%) e Calabria (-1,2%), mentre flessioni più contenute si rilevano nelle Isole (-0,6% e –0,3% in Sicilia e Sardegna). In Campania tiene solo l’agricoltura (+4,3%), mentre cala l’occupazione nell’industria (-2,8%) e nei servizi (-1,4%).Nel 2008 il tasso di disoccupazione nazionale è salito al 6,7% rispetto al 6,1% del 2007. I disoccupati sono aumentati più al Centro-Nord (+15,3%) che al Sud (+9,8%). Nella classe di età 15-24 anni la disoccupazione è arrivata al 14,5% al Centro-Nord e al 33,6% al Sud. Qui crescono anche i disoccupati di lunga durata (sono il 6,4%del totale, erano il 5,9% nel 2007). All’Italia spetta il non invidiabile primato del tasso di disoccupazione giovanile più alto in Europa, di cui è responsabile soprattutto il Mezzogiorno. Nel 2008 solo il 17% dei giovani meridionali in età 15-24anni lavora, contro il 30% del Centro-Nord. Viceversa, il tasso di disoccupazione nella classe 25-34 anni è al Sud del 16,6% contro il 5,5% dell’altra ripartizione.Nel 2008 in Italia i lavoratori in nero sono stimati in 2 milioni 943 mila, l’11,8% del totale. Nel 2008 al Sud è irregolare 1 lavoratore su 5, pari in valori assoluti a 1 milione 300mila persone. A livello territoriale la regione più “nera” è la Calabria, con il 26% di manodopera irregolare

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Migrazioni
Caso unico in Europa, l’Italia continua a presentarsi come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni. Le campagne meridionali si spopolano, ma non a vantaggio delle vicine aree urbane. I posti di lavoro del Mezzogiorno sono in numero assai inferiore a quello degli occupati. Ed è la carenza di domanda di figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale spinta all’emigrazione.
Tra il 1997 e il 2008 circa 700mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno.
Nel 2008 il Mezzogiorno ha perso oltre 122mila residenti a favore delle regioni del Centro-Nord a fronte di un rientro di circa 60 mila persone. Riguardo alla provenienza, oltre l’87% delle partenze ha origine in tre regioni: Campania, Puglia, Sicilia. L’emorragia più forte in Campania (-25 mila), a seguire Puglia e Sicilia rispettivamente con 12,2 mila e 11,6 mila unità in meno. Nel 2008 sono stati 173.000 gli occupati residenti nel Mezzogiorno ma con un posto di lavoro al Centro-Nord o all’estero, 23 mila in più del 2007 (+15,3%). Sono i pendolari di lungo raggio, cittadini a termine che rientrano a casa nel week end o un paio di volte al mese. Sono giovani e con un livello di studio medio-alto: l’80% ha meno di 45 anni e quasi il 50% svolge professioni di livello elevato. Il 24% è laureato. Non lasciano la residenza generalmente perché non lo giustificherebbe né il costo della vita nelle aree urbane né un contratto di lavoro a tempo. Spesso sono maschi, singles, dipendenti full time in una fase transitoria della loro vita, come l’ingresso o l’assestamento nel mercato del lavoro. Le regioni che attraggono maggiormente i pendolari sono Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio. Da segnalare però la crescita dei pendolari meridionali verso altre province del Mezzogiorno, pur lontane dal luogo d’origine: 60mila nel 2008 (erano24mila nel 2007). In calo i lavoratori meridionali all’estero: -4%, arrivando nel 2008 a 11mila 700 persone.
Lauree studi- Dal 1992 al 2004 i laureati meridionali che hanno studiato al Nord e lì sono rimasti sono arrivati a toccare il 67% del totale. In base a dati Istat, nel 2004 (gli ultimi disponibili) 24.700 meridionali sono andati a studiare al Centro-Nord a fronte di un dato inverso davvero irrisorio (meno dell’1% del totale). Il 95,7% dei laureati settentrionali, infatti, lavora nel luogo in cui ha studiato. Riguardo all’occupazione, nel 2007 su 96mila laureati meridionali 33mila erano disoccupati (il 78% residente al Sud), e dei 62mila occupati, 26mila lavoravano al Centro-Nord. In vistosa crescita le partenze dei laureati “eccellenti”: nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti; tre anni più tardi la percentuale è balzata a quasi il 38%. Riguardo all’occupazione, nel 2007 su 96mila laureati meridionali 33mila erano disoccupati (il 78% residente al Sud), e dei 62mila occupati, 26mila lavoravano al Centro-Nord.
Nel Mezzogiorno le debolezze della rete formativa italiana si associano ad un contesto produttivo debole e ad un sistema sociale sostanzialmente bloccato, impedendo così ai progressi quantitativi realizzati nei tassi di istruzione di tradursi in sviluppo economico e civile. Il mancato superamento dei vincoli costituiti da un apparato produttivo debole e da un sistema sociale bloccato, nonostante i progressi nella formazione scolastica universitaria, condanna il Mezzogiorno al ruolo di fornitore di risorse umane qualificate al resto del Paese e i suoi migliori giovani a cercare altrove le modalità per mettere a frutto le proprie competenze e realizzare i propri sogni.

  • Politiche per lo stato sociale

La quota di Pil destinata alla protezione sociale nei 25 Paesi dell’Unione Europea è pari mediamente al 27%, in Italia è solo lievemente più contenuta, 26,6%, ma comunque lontana da nazioni come la Francia, la Svezia, il Belgio. Vi sono tuttavia differenze tra Nord e Sud Italia,nel Centro-Nord essa è infatti pari a 7.200 euro per abitante a fronte dei 5.600 euro del Mezzogiorno.La spesa per le pensioni è fortementesperequata sotto il profilo territoriale, in quanto il 68,6% è erogato al Centro Nord,che assorbe il 72,4% delle risorse, mentre ai pensionati meridionali va il 31,3%, che equivale a una quota di risorse del 27,6%.Non solo, ma complessivamente al Sud i pensionati di vecchiaia che hanno versato i contributi e percepiscono meno di 1.000 euro al mese, sono il 50%; il 40% nel Centro-Nord.
In Italia è il 27% dei soggetti in pensione a non riuscire a raggiungere la soglia del minimo vitale, la maggiore parte dei quali risiede al Sud
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In Italia è ancora irrisolto il problema di come finanziare maggiori aiuti economici ai lavoratori espulsi dal processo produttivo e ad assicurare un minimo di sussistenza ai più poveri. La SVIMEZ, utilizzando il modello MICROREG dell’IRPET, ha condotto una simulazione per valutare, il costo dell’introduzione di una forma di reddito di ultima istanza in grado di riportare il reddito familiare al di sopra della soglia di povertà assoluta. L’esercizio condotto ha valutato in circa 2 miliardi di euro il costo di un intervento universale in grado di far uscire tutte le famiglie dalla condizione di povertà, assicurando il differenziale tra il reddito percepito e la soglia definita dall’ISTAT. Il costo di tale intervento, che renderebbe il nostro sistema di protezione sociale più omogeneo al modello prevalente negli altri Paesi europei, se confrontato con quello di misure recenti come l’abolizione dell’ICI sulla prima casa, non appare incompatibile con gli equilibri di finanza pubblica.

  • Politiche contro la criminalità

Sono le famiglie settentrionali a dichiarare di sentirsi più insicure di quelle meridionali: nel 2008 sono state il 37,5% rispetto al 35,2%. A livello regionale le differenze sono molto elevate: più a rischio i nuclei campani (53,6%, la percentuale più alta a livello nazionale) e pugliesi (36,5%), mentre si sentono più sicure le famiglie molisane (16,7%) e lucane (11,8%).
La ‘ndrangheta
- Radicata in Calabria, ma ormai presente in tutto il mondo, è ormai diventata leader nel traffico mondiale di droghe (soprattutto cocaina), ma forte anche nelle estorsioni, usura e traffico di armi. In Italia, la ‘ndrangheta ha notevoli interessi anche Milano, Brescia, Roma e in Piemonte. Nel 2007 secondo l’Eurispes il suo fatturato è stato di 44 miliardi di euro, pari al 2,9% del Pil italiano.
Cosa Nostra
- La mafia siciliana, dopo gli arresti eccellenti degli ultimi anni, sta vivendo una fase di assestamento e riorganizzazione interna. Essa sta però mostrando una grande capacità di mantenere intatta la sua vitalità e pericolosità. Sono i mercati ortofrutticoli, le sale da gioco e soprattutto la grande distribuzione alimentare le nuove frontiere del business mafioso; attività che si aggiungono a quelle tradizionali dell’estorsione e dell’inserimento nei pubblici appalti. L’esistenza di numerose attività criminali si è segnalata anche a Modena e a Genova.
La camorra
- “Specializzata” in traffico di stupefacenti, estorsioni, racket, gioco d’azzardo e usura, negli ultimi anni la camorra ha visto crescere il core business soprattutto nell’offerta di servizi alle imprese, approfittando anche della domanda di abbattimento dei costi da parte di imprese legali. Con lo smaltimento illegale dei rifiuti, le fatturazioni “truccate”, l’espulsione di imprese “non gradite” nella gestione di impianti, la camorra influenza in modo determinante l’economia campana.
Sacra Corona Unita
- Fortemente ridimensionata dall’azione di contrasto operata dalle Forze dell’ordine negli ultimi anni, la “Sacra Corona Unita” resta concentrata nel traffico di stupefacenti, armi e clandestini. Fuori regione è operativa soprattutto in Lombardia e nella vicina Basilicata.
I beni confiscati
- Dal 1982 (anno in cui fu istituita la legge Rognoni-La Torre) ad oggi sono stati 8.446 gli immobili confiscati in Italia; di questi, il 40% risulta ancora in gestione al Demanio, l’8% è stato destinato ma non consegnato e solo il restante 52%, pari a 4.372 immobili, destinato e consegnato. Il 47% del totale degli immobili confiscati si concentra in Sicilia, dove però ben 2.243 beni (il 57% del totale) è ancora in mano al Demanio. Riguardo alle regioni del Centro-Nord, i beni confiscati sono 102 in Piemonte, 610 in Lombardia e 328 nel Lazio. Tra il 2007 e il 2008 si è assistito ad una forte accelerazione (+70% a livello nazionale) del numero di immobili destinati ai differenti enti per il loro riutilizzo; l’aumento più vistoso si rileva in Calabria (197%), seguita dalla Campania (112%) e dalla Lombardia (191%). Per quanto riguarda le aziende, le confische operate dalle forze dell’ordine ammontano a 1.139, di cui 935 (pari all’82%) risulta già destinato, a testimonianza degli importanti passi avanti compiuti soprattutto negli ultimi anni. Va però segnalato che solo meno della metà delle aziende consegnate risulta realmente utilizzata e che delle 204 aziende che sono ancora in carico dell’Agenzia del Demanio solo il 10% ha ancora personale e porta avanti una attività produttiva.

I misteri di Walter Ganapini

Dalle trattative segrete tra mafia e Stato in Sicilia ai presunti coinvolgimenti dei servizi segreti e della Presidenza della Repubblica nello scandalo rifiuti in Campania, stando alle parole dell’assessore regionale all’ambiente Walter Ganapini, registrate di nascosto durante un incontro con le associazioni ambientaliste l’anno scorso. Ganapini tuttavia si è affrettato a smentire tutto.

L’assessore regionale all’ambiente Walter Ganapini, ex presidente di Greenpeace e membro della sezione Ambiente in Europa, è in questi giorni al centro di una vicenda dai contorni oscuri e tutti da chiarire. Autore di coraggiose denunce, fra cui un video rilasciato su Youtube dove accusa il governo di non aver fronteggiato correttamente l’emergenza rifiuti in Campania, oggi è il principale firmatario di un accordo che avvantaggerà i cementifici di aziende coinvolte in delicate inchieste giudiziarie. Cementir, Moccia e Italcementi potranno infatti utilizzare i CDR a norma, ovvero i rifiuti impacchettati dagli omonimi impianti, come bio-carburante per il ciclo del cemento, aggirando così tutta una serie di normative europee in materia. Un peso sulle tasche e soprattutto sulla salute dei cittadini. Una metamorfosi questa dell’assessore che forse può avere a che fare con le intimidazioni subite nei mesi passati, ma partiamo con ordine.


Il 6 gennaio del 2008, durante i giorni caldi della rivolta antidiscarica di Pianura a Napoli, Ganapini (non ancora assessore) rilasciò un’intervista al Manifesto in cui denunciava la chiara commistione tra le lobby dell’energia e la politica riguardo l’emergenza rifiuti in Campania. La prima di una serie di denunce che lo porteranno in seguito ad assumere una posizione sempre più radicale, fino a bollare le misure intraprese dal governo Berlusconi come "chiaramente a favore degli inceneritoristi". Ma la vicenda centrale che riguarda Walter Ganapini si chiama "Parco Saurino". Il sito, secondo l’assessore, ospitava una vasca in grado di accogliere per parecchio tempo tutti i rifiuti campani, permettendo così la realizzazione di una corretta filiera del riciclaggio tramite l’utilizzo di impianti, attrezzature e piani di smaltimento già pronti da tempo in Campania. Tuttavia il governo preferì portare la monnezza a Chiaiano, espropriando cave appartenenti a uomini dei clan ed una in particolare appartenente alla solita Impregilo. Di Parco Saurino non se ne fece più nulla, anche a causa di un’inchiesta giudiziaria che portò al sequestro del sito. Ma negli ultimi giorni un video caricato su Youtube ha di fatto riaperto il caso; la voce di Ganapini viene registrata di nascosto durante un incontro con le associazioni ambientaliste tenutosi nel mese di luglio dell’anno scorso. L’assessore rivela di essere stato chiamato per due volte dal capo dei servizi segreti, che gli avrebbe urlato del coinvolgimento della Presidenza della Repubblica nella vicenda di Parco Saurino. Rivela inoltre di essere stato tamponato in autostrada e di aver subito un tentativo di aggressione da parte di quattro individui col volto coperto da caschi in Piazza del Gesù, nel pieno centro storico di Napoli. Si dice infine ansioso di voler conoscere un certo Isidoro Perrotta, il tecnico di Casal di Principe che rilasciò il parere al prefetto Alessandro Pansa che consentì a quest’ultimo di cancellare la discarica.



L’audio caricato su Youtube non è comunque quello integrale, che dovrebbe essere pubblicato a breve sul sito wikileaks.org, ma ha già suscitato le prime reazioni da parte dei giornalisti e dei politici. Il quotidiano "La Repubblica" di Napoli è stato il primo a rendere nota l’esistenza della registrazione audio, seguito anche da altre testate che hanno mostrato interesse. Perfino un blog tedesco ha deciso di dare risalto alla notizia. Ma la risposta di Ganapini è stata inaspettata: a suo dire l’audio è un falso, prodotto con vari spezzoni riuniti secondo un ordine preciso, e anche un illecito, perchè realizzato a sua insaputa e dunque privo di fondamento. Accuse gravi e tutte da dimostrare, soprattutto quando si riserva di non fare alcuna menzione delle minacce ricevute in Piazza del Gesù, soffermandosi semplicemente sulla presunta falsità della registrazione, su cui la Procura ha intenzione di aprire un’indagine. Reazioni "soft" anche da parte di Tommaso Sodano e Amato Lamberti, che si sono limitati ad attendere ulteriori sviluppi sulla vicenda. Quello che attendiamo anche noi, nella fragile speranza di avere i nomi e i cognomi dei colpevoli del disastro Campania.

giovedì 30 luglio 2009

Guasto al depuratore di Cuma

Si ricomincia! Il depuratore di Cuma ha subito un nuovo guasto, stavolta alle pompe di sollevamento, che ha causato la fuoriuscita di liquami per 4 ore consecutive. La reazione della gente del posto non si è fatta attendere: è stata depositata presso i carabinieri una denuncia per disastro ambientale. L'area interessata arriva fino a Punta Epitaffio, nei pressi di Baia.

Un nuovo allarme inquinamento, l'ennesimo. Da anni avvengono questi episodi, ma soltanto ora i media stanno dando risalto alla vicenda. Si attendono frattanto i risultati dei test delle acque flegree da parte dei ragazzi del blog FreeBacoli.

martedì 28 luglio 2009

Gli operai dell'Atitech senza lavoro

Da diverso tempo la protesta dei lavoratori dell'Atitech di Capodichino va avanti, ma è in questi giorni che si sta giocando il tutto per tutto. Niente stipendi per luglio e azienda da chiudere il 31. Gli operai hanno manifestato il loro dissenso bloccando la rotonda dell'aeroporto, ma sono pronti ad occupare il check-in, affinchè arrivino risposte certe sul loro futuro. Una lotta per il lavoro che coinvolge non solo l'Atitech, ma tante altre aziende che rischiano di chiudere, come la Tirrenia o la Fiat di Pomigliano d'Arco.

La verità è che l'Alitalia patriottica di Berlusconi è un pacco e questo è il risultato. I lavoratori dell'azienda si fecero già sentire quando, in pieno scandalo Noemi, il Cavaliere di Arcore giunse a Napoli per la sua consueta visita, aspettandosi di trovare il solito gruppetto di militanti del PDL con i cartelli "Silvio Santo Subito". Invece si trovò assediato dai disoccupati organizzati e dai lavoratori della Tirrenia, della Fiat di Pomigliano e dell'Atitech. Questi ultimi vennero anche caricati dai carabinieri sotto l'entrata della Galleria Umberto che dà sul Teatro San Carlo, dove Berlusconi era atteso.

Che dirà Berlusconi? Che la colpa è della crisi e della gente che non consuma? Scusa vecchia per nascondere le inefficienze delle istituzioni e delle aziende italiane.

Sempre più a ..Sud (Parte II)


Nella seconda parte del nostro viaggio alla scoperta del rapporto presentato dalla SVIMEZ il 16 luglio 2009 sulle condizioni del mezzogiorno,analizzeremo i punti del rapporto che rispettivamente riguardano le politiche di finanza pubblica,le politiche infrastrutturali e le politiche creditizie.

  • Le politiche di finanza pubblica

Attualmente il Sud ha un livello di spesa pubblica pro capite più basso rispetto al Centro Nord, anche non considerando la spesa previdenziale che è più elevata laddove ci sono maggiore occupazione e retribuzioni più alte: non è esatto, quindi, sostenere che vi sia un eccesso di spesa nel Mezzogiorno. La spesa pubblica pro capite nel Mezzogiorno è stata nel 2007 pari a 10.490 euro, inferiore rispetto ai 12.300 euro pro capiti del Centro Nord .
Le risorse di competenza assegnate dalla Finanziaria al FAS (4.543 milioni di euro) hanno subito nel corso dell’anno importanti tagli, per un ammontare di 1.581 milioni di euro. Le risorse complessivamente disponibili, comprensive dei residui passivi all’inizio dell’anno e al netto dell’accantonamento disposto dalla Finanziaria 2007, sono state pari a 6.720 milioni.
E’ difficile sostenere che il Mezzogiorno goda di un eccesso di risorse o che spenda troppo;occorre piuttosto valutare la capacità ed efficacia di tale spesa. Anzi, le Regioni meridionali hanno un livello di spesa pubblica, sia corrente che in conto capitale, inferiore alle altre nonostante i finanziamenti aggiuntivi ad esse destinati, che in realtà diventano così sostitutivi e servono a coprire le ordinarie esigenze di dotazione di capitale e di sostegno agli investimenti.

  • Le politiche infrastrutturali

In linea generale è necessari dire che per quel che riguarda gli investimenti infrastrutturali del Settore Pubblico Allargato,questi sono cresciuti al Centro Nord dell’17,8% e al Sud del 6,9%.
Analizziamo ora punto per punto i vari settori delle infrastrutture:
Autostrade
- La rete stradale nel Mezzogiorno presenta un indice di diffusione in linea con la media nazionale, ma è costituita prevalentemente da strade con caratteristiche non autostradali.
Ferrovie
- Al Sud la dotazione è minore e la qualità modesta. Ad esempio solo il 7,8% delle linee ad alta velocità, cioè il tratto campano Roma-Napoli, risulta localizzato nel Mezzogiorno. L’offerta di servizi ferroviari è particolarmente modesta al Sud, dove le percorrenze dei treni (treni-km)sono soltanto il 17% del totale per le merci e il 23% per i passeggeri, un valore non diverso dalla situazione di dieci anni fa.
Porti
- Nel Mezzogiorno i porti sono numerosi ma la maggior parte è di piccola dimensione e orientata al transito passeggeri. Ciò che limita maggiormente il potenziale sviluppo dei porti è la carenza dei centri intermodali. Nel Mezzogiorno l’indice di dotazione è pari ad appena un ventesimo del totale nazionale.
Aeroporti -
Il livello degli aeroporti nelle regioni meridionali è accettabile, pur mancando scali in Molise e Basilicata. La criticità più forte è data ancora una volta dalla carenza di collegamenti. Nessun aeroporto del Mezzogiorno, ad eccezione di Palermo, ad esempio è collegato con un stazione ferroviaria
Acqua -
A livello nazionale circa 1/3 dell’acqua immessa in acquedotto viene dispersa. Nel Mezzogiorno la situazione si fa ancora più critica, con il 37% dell’acqua sprecata. In testa alla poco invidiabile classifica la Puglia, con oltre il 46% di dispersione, seguita da Sardegna (43%) e Abruzzo (41%). Praticamente in Puglia su 308 metri cubi d’acqua pro capite (dati 2005) immessi nelle tubature solo 165 arrivano a destinazione. Se a livello nazionale solo il 3,2% della popolazione non dispone di acque depurate la percentuale sale al Sud, arrivando al 7% in Calabria e addirittura all’11,5% in Campania.In Sicilia il 3% della popolazione è priva di fognature, il 3,6% in Puglia, mentre tale servizio è presente in tutte le altre regioni.
Energia
- La dotazione di reti di energia elettrica è al Sud molto carente. Le interruzioni di energia elettrica sono ancora molto diffuse in Sicilia (il doppiodella media nazionale), Campania e Calabria. Interessante notare che la diffusione delle fonti rinnovabili vede il Sud in testa rispetto al Centro-Nord, con punte eccezionali in Molise, Calabria, Basilicata e Puglia.
Ambiente
– La gestione del ciclo delle risorse naturali al Sud nasconde una realtà molto variegata e curiosa.In dieci anni, dal 1997 al 2008 la produzione di rifiuti urbani è cresciuta nelle regioni meridionali di 1,5 milioni di tonnellate, raggiungendo quota 10,6. A produrre più rifiuti Calabria (+35%, media nazionale +22%), Abruzzo e Puglia (+27%). Nel 2007 ogni cittadino del Sud ha prodotto in media 508 kg di rifiuti.
Differenziata – A fronte di una media nazionale del 27,5% (con il Nord a 42,4%), il Sud resta lontano anni luce, fermo all’11,6%. Ma
non tutto: non mancano infatti le eccezioni come la Sardegna che è al 27,8. Ma il problema vero sono i costi, dovuti a una cattiva gestione del ciclo: la raccolta e il trasporto dell’indifferenziato costa al Sud 80 euro a tonnellata contro i 65 del Centro-Nord. Il trattamento e smaltimento spazia dai 45 euro a tonnellata della Calabria ai 99 della Campania.Situazione ancora peggiore per la differenziata: al Centro-Nord, dove si recuperano maggiori quantità di materiali, il costo medio è di 124 euro a tonnellata, al Sud poco meno del doppio, 220 euro Inoltre se dal 2003 al 2006 a livello nazionale la quantità di rifiuti speciali smaltita a discarica è passata da 19,7 a 18,2 milioni di tonnellate, il Sud ha registrato una crescita di quasi un punto percentuale, da 4,3 a 5,2 milioni di tonnellate.
Impianti – Dei 47 impianti di incenerimento it
aliani solo 7 sono nel Sud, concentrati in Sardegna e Campania. Al Sud fa da padrone lo smaltimento in discarica, con circa l’85% dei rifiuti.
Sismi, frane ed erosioni – I 5.581 comuni italiani a rischio idrogeologico secondo il Ministero dell’Ambiente si concentrano in alcune regioni: Valle d’Aosta, Umbria, Calabria, Toscana e Marche, con valori compresi tra il 100 e il 98% di sismicità. A guidare la poco invidiabile classifica la Calabria, con il 100% dei 409 comuni coinvolti, seguita dalla Basilicata (94%), Molise (89%) e Campania (86%). Il 70% dei comuni siciliani è a rischio per le frane e sono molto colpiti dal fenomeno anche Campania e Calabria.Quanto alle erosi
oni, la situazione è critica in Basilicata, con il 73% dei km di spiaggia colpiti dal fenomeno, seguita da Puglia (48%) e Calabria (34%).
Logistica
- Nel 2008 nel Mezzogiorno i volumi di traffico container sono scesi di quasi il 4% a fronte della crescita del 3% del Centro-Nord. A trainare il segno meno Cagliari (-53,2%) e Salerno (-14%). I porti meridionali perdono inoltre competitività per la mancanza di una adeguata integrazione tra traffico portuale e terrestre. Ad esempio infatti soltanto il 2% dei container al Sud viene instradato via ferrovia, rispetto al 18% del Centro-Nord (il 14% a Livorno, il 18% a Ravenna, il 23% a La Spezia e appena l’1,4% a Gioia Tauro).
Internet e la banda larga
- La diffusione della banda larga in Italia è cresciuta molto dal 2002 al 2007: in base agli ultimi dati disponibili (2005) in Italia sono presenti 7,7 milioni di km di cavi ottici, di cui 2,1 nel Mezzogiorno. Nel 2009 possiedono un personal computer poco più del 53% delle famiglie del Centro-Nord e il 45% delle famiglie meridionali,; l'accesso ad internet è presente nel 35,2% nelle famiglie meridionali e in quasi il 45,2% nelle famiglie centro-settentrionali.
Bisogna puntare su ben indiv
iduate priorità: sarebbe opportuno riorientare la spesa per le infrastrutture su poche e significative priorità, sugli interventi immediatamente realizzabili e di indubbia efficacia, su progetti che possano avere una sicura valenza meridionalistica. Occorre sfruttare il vantaggio geografico del Mezzogiorno nelle rotte tra Far East ed Europa con una strategia integrata che investa tutte le articolazioni del Paese (valichi alpini, reti ferroviarie,stradali, collegamenti ai porti e alle strutture di movimentazione e lavorazione delle merci). La concorrenza mediterranea dovrebbe indurre a sviluppare nel Sud nuove opportunità di sviluppo, come dimostra il caso eccellente dell’interporto di Nola.

  • Le politiche creditizie
Banche - Tra il 1990 e il 2001 il numero di banche presenti nell’area si è ridotto del 46% contro il 20% del Centro-Nord. Il numero di banche meridionali indipendenti, sia Spa che Banche popolari, è crollato da 100 del 1990 a 16 del 2004; negli stessi anni le banche di credito cooperativo (BCC) si sono più che dimezzate (da 213 a 111). Mentre resta forte la dipendenza del sistema bancario meridionale dal Centro-Nord. Nel 2008 il numero di banche operative nel Mezzogiorno è diminuito di 5 unità, portandosi a 223.Tra le 151 banche con sede amministrativa in una delle regioni meridionali 17 facevano parte di gruppi del Centro-Nord
Sportelli
- L’Italia è il paese con il più alto numero di sportelli per abitante in Europa dopo la Spagna, ma la loro diffusione è disomogenea e legata al diverso peso economico regionale (presenza di imprese, densità di popolazione, PIL): per esempio, dal 2001 al 2006 il numero di comuni con sportelli bancari è cresciuto in Lombardia del 21% mentre è calato del 15% in Sardegna, del 9% in Calabria e Sicilia e del 5% in Basilicata.
Accesso al credito
- Resta poi il grande problema dell’accesso al credito: al Sud dal 2004 al 2006 il 9,3% delle imprese ha lamentato difficoltà, contro il 3,8% del Nord. Dal 2007 al 2008 inoltre il tasso di crescita annua dei prestiti alle imprese è crollato al Sud dal 14,9% al 7,9% contro il calo più contenuto a livello nazionale (da 12,4% a 10,2%). A farne le spese le aziende con un numero di addetti inferiore a 20: dal 2007 al 2008 i prestiti a breve termine a piccole imprese meridionali sono crollati da 6,9 a 2,4%mentre nello stesso periodo le aziende del Centro-Nord hanno registrato una dinamica più positiva (da 2,6 a 3,1%)
Famiglie
- Nel 2008 i prestiti bancari alle famiglie del Mezzogiorno sono cresciuti quasi del 7%, in rallentamento rispetto all’anno precedente. Il calo è stato più forte nel comparto dei mutui. Crescita ancora più ridotta per i prestiti alle imprese (+5,4%, erano il doppio nel 2007), che sono stati più contenuti specialmente per le aziende di piccole dimensioni.
La “rete creditizia” meridionale risulta quantitativamente ma si rivela relativamente più fragile ed inadeguata funzionalmente ad accompagnare lo sviluppo delle imprese. Occorrerebbe individuare forme di controllo e di promozione tali da rendere la rete bancaria molto più incisiva e vantaggiosa per i sistemi produttivi locali. Potrebbe essere auspicabile la promozione da parte delle Regioni meridionali di un “osservatorio attivo” capace di dettare (e non di imporre) linee guida di comportamento nei confronti del sistema bancario. L’azione dovrebbe essere anche quella di promuovere un significativo irrobustimento di una “rete” di banche locali, premessa essenziale per avviare un nuovo e più fisiologico rapporto con la clientela.

lunedì 27 luglio 2009

Audio segreto di Ganapini: io minacciato

Un articolo che parla del video segreto di Walter Ganapini è comparso oggi sul quotidiano "La Repubblica" di Napoli. Riportiamo lo spezzone per intero:

Audio segreto di Ganapini: io minacciato Un audio di due minuti e 56 secondi. Realizzato circa un anno fa all´insaputa dell´interlocutore e da un paio di giorni on line su "YouTube". Nella registrazione, accompagnata da sottotitoli, una voce attribuita all´assessore regionale all´Ambiente Walter Ganapini racconta di aver «negoziato un giorno con il capo dei servizi segreti» sul nodo della discarica di Parco Saurino. Definisce la vicenda «un mistero della Repubblica», dice di non capire «perché Prodi si sia assunto le responsabilità che si è assunto» e sostiene di aver saputo che «si era esposta per due volte la Presidenza della Repubblica». Non solo. In un altro passaggio della registrazione audio diffusa in rete, Ganapini aggiunge di aver «abbassato il tiro» su quella vicenda, e rivela: «Nel frattempo sono stato speronato in autostrada. E in piazza del Gesù quattro individui in casco, scesi dalle moto, hanno cercato di aggredirmi nella notte. Io viaggio con le mie belle stecche perché ho la schiena che non sta in piedi da allora». Quindi afferma: «Gli avvertimenti li ho ricevuti rispetto al fatto che avevo visto qualcosa che non dovevo vedere». Mai prima d´ora Ganapini aveva fatto riferimento all´aggressione in piazza del Gesù ad opera di quattro persone con il volto coperto da caschi.

sabato 25 luglio 2009

Sempre più a...Sud (Parte I)

Il 16 luglio è stato presentato dalla SVIMEZ,l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno,il Rapporto 2009 sull’economia del meridione. Il quadro tracciato dal rapporto è a dir poco agghiacciante in quanto mostra come il paese viaggi a velocità diverse.Il rapporto però non si limita a sottolineare l’esistenza cronica di un divario tra Nord e Sud Italia ma anzi mostra come questo divario sia progressivamente aumentato negli ultimi dieci anni. Cerchiamo di analizzarlo punto per punto,facendone una sintesi. Per comodità abbiamo diviso l’esposizione del rapporto in 4 parti.
La prima parte dello studio affronta l’analisi delle politiche economiche generali e settoriali,delle politiche industriali e delle politiche di coesione e l’Europa
o Le politiche economiche generali e settoriali
Iniziamo con l’analizzare il Pil (prodotto interno lordo). Nel 2008 il Pil ha segnato nel Mezzogiorno-1,1% . Ormai da sette anni consecutivi il Sud cresce meno del Centro-Nord, cosa che non è mai successa dal dopoguerra a oggi. A livello regionale la Campania mostra una diminuzione del Pil particolarmente elevata (-2,8%), mentre le altre regioni meridionali presentano perdite più contenute. Meno colpita dalla crisi la Puglia (-0,2%). Se si raffronta il Pil per abitante tra Nord e Sud viene fuori che nel 2008 nel Mezzogiorno è stato 17.971 euro, circa il 59% del Centro-Nord (30.681 euro).
Nel 1951 nel Mezzogiorno veniva prodotto il 23,9% del Pil nazionale. Sessant’anni dopo, nel
2008, la quota è rimasta sostanzialmente immutata (23,8%). Dal 1951 al 2008 il Sud è cresciuto circa agli stessi ritmi del Centro-Nord, ma non è riuscito e non riesce a recuperare il gap di sviluppo.

Passiamo con l’analizzare i vari settori:
Agricoltura - Nel 2008 l’agricoltura meridionale ha tenuto molto più degli altri settori e
ha invertito il trend negativo iniziato nel 2005. In particolare, molto positiva è stata la
performance della Basilicata (+24%); segno meno solo in Campania (-1,8%) e Calabria (-0,8%).
Aziende agricole - Nonostante gli sforzi e i progressi degli ultimi anni le criticità
strutturali di fondo restano: la dimensione media delle aziende nel Mezzogiorno è di 6
ettari, contro i quasi 10 del Centro-Nord. Dal 2001 al 2008 la crescita della produttività agricola meridionale è stata la metà di quella del Centro-Nord (+8,9% contro +17%). A pesare ulteriormente sulla poca competitività è il costo del lavoro per unità di prodotto, che nel Sud è superiore del 38% a quello del Centro- Nord
Export - Crescono però le esportazioni: nel 2008 +9,7% al Sud, più del triplo del
Centro-Nord, con un vero e proprio boom verso i mercati extra Ue (+36%).
Industria -La recessione si è fatta sentire in modo particolare al Sud, con un calo del Pil industriale nel 2008 del 3,8%, mentre le produzioni manifatturiere hanno segnato un calo di oltre il 6%. A tirare giù l’industria meridionale soprattutto macchine e mezzi di trasporto (-10,5%), settore dei metalli e chimico-farmaceutico (-7,1%). In controtendenza invece il settore energetico, che ha segnato un rialzo dell’8,7% a causa soprattutto del calo del prezzo delle materie prime.
Occupazione industriale - Sull’industria meridionale pesa soprattutto la scarsa produttività (il divario con il centro-Nord è di oltre 22 punti percentuali) e le ridotte dimensioni delle imprese.
Immediato il contraccolpo sull’occupazione: 23mila lavoratori del comparto auto hanno perso il lavoro al Sud nel 2008. Dal 2004 al 2008 il settore manifatturiero ha espulso quasi 33mila lavoratori.).
Edilizia - La crisi non ha risparmiato il settore edile: dopo la forte crescita degli ultimi otto anni (quasi +16%), nel 2008 il Sud ha segnato un calo degli investimenti del 2% rispetto all’anno precedente. Sul fronte occupazione il Mezzogiorno ha registrato una flessione dell’1,2%, pari a 7mila lavoratori in meno, il doppio del Centro-Nord, di cui quasi 5mila lavoratori autonomi. La vera piaga del settore edile è data però soprattutto dal sommerso: secondo stime SVIMEZ i lavoratori in nero occupati nel settore sarebbero 180mila, di cui il 63% (110mila) concentrati al Sud.
Servizi e terziario - Sempre per effetto della crisi, per la prima volta dal 2000 il Pil del settore dei servizi è calato. Al Sud, dopo quattro anni di forte crescita, nel 2008 il Pil è sceso dello 0,3%, con un calo quasi del 3% nel comparto commercio. La crescita degli occupati nel settore è stata molto contenuta e al Sud ha segnato + 0,2%, pari a 10mila nuovi posti di lavoro.
Turismo - Nel 2007 nel Mezzogiorno gli arrivi e le presenze di turisti stranieri sono aumentati del 6 e del 5% rispetto all’anno precedente, a fronte del 4% e del 2,1% del
Centro-Nord. Nonostante questo, il Mezzogiorno non riesce ad esercitare sui turisti italiani e stranieri una forte capacità attrattiva, a causa di critiche difficoltà strutturali. Il turismo al Sud è soprattutto domestico, di prossimità: circa il 60% dei vacanzieri infatti proviene dalle diverse regioni meridionali, più il Lazio.Punti critici nell’attrazione dei turisti sono dati dalla scarsità di servizi e trasporti: pochi aeroporti poco collegati con voli low cost e città europee; trasporti pubblici carenti; rete ferroviaria a binario unico e sistema autostradale sotto dotato.
A differenza del passato, nel Sud oggi la crisi rischia di mordere maggiormente con effetti fortemente negativi sui consumi, investimenti e occupazione. Questo perché l’economia meridionale somma all’inversione ciclica debolezze strutturali che affondano le loro radici nel tempo. La leggera convergenza con il Centro-Nord viene raggiunta per via patologica, non con maggiore crescita, ma con perdita di popolazione. Tale dinamica è in controtendenza con quanto avviene nelle aree deboli nel resto dell’Europa.

Ogni anno,nel quinquennio 2002-2007, il Mezzogiorno d'Italia è cresciuto meno del resto d'Italia.

o
Le Politiche industriali

Per quanto riguarda le politiche industriali lo studio afferma che In Italia nel 2007 c’è stato un crollo rispetto all’anno precedente sia del numero di domande per agevolazioni, che ha sfiorato il 76%, sia degli importi, diminuiti da 6 miliardi e mezzo a 1 miliardo e mezzo. Se al Centro Nord,le agevolazioni si sono ridotte del 27% rispetto all’anno prima,nel Mezzogiorno invece il calo è stato dell’86,5%.
Il motivo è stato il sostanziale azzeramento degli interventi per ridurre gli squilibri territoriali.
La modesta presenza delle multinazionali nell’intero sistema economico del Mezzogiorno appare fortemente penalizzante. Le perduranti difficoltà sperimentate nel corso degli anni duemila dalle piccole e medie imprese del Mezzogiorno spingono a riproporre le ragioni di una “politica industriale regionale” in grado di affrontare i fattori strutturali endogeni alla base di tali difficoltà. Il problema che bisogna affrontare è come far maturare il tessuto imprenditoriale meridionale. Che ciò possa avvenire senz’altro con il miglioramento delle condizioni del contesto civile è desiderabile, ma non dimostrato.
o Le politiche di coesione e l’Europa
La presa d’atto della scarsa efficacia della programmazione 2000-2006 ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno sta chiaramente ad indicare la necessità di una svolta sia per quanto riguarda le modalità di programmazione e la focalizzazione della spesa, sia per quanto riguarda la realizzazione degli interventi. Rispetto al percorso sin qui seguito parrebbe necessario procedere ad un più forte processo di “riforma interna” della programmazione, che, pur evitando di determinare“rotture” traumatiche che rischierebbero di ritardare la spesa e far perdere le risorse, ponga più stringenti vincoli alla frammentazione, alla dispersione territoriale, e a quell’eccesso di localismi che ha non marginalmente condizionato i risultati delle politiche.

Le emergenze sospette della Campania

I depuratori sono stati manomessi o appositamente lasciati marcire. Non è possibile che su cinque impianti di trattamento acque tutti funzionino tra il 10% e il 20%. Il litorale flegreo-domitio continua ad essere evitato dai bagnanti, e sfortunatamente per i gestori degli stabilimenti balneari si è messo di mezzo anche l'assessore regionale all'ambiente Walter Ganapini, ex presidente di Greenpeace e membro della sezione Ambiente presso l'Unione Europea. Uno che dovrebbe essere esperto della materia, dunque. In una recente intervista ha dichiarato che, sebbene i dati diffusi dall'ARPAC siano rassicuranti sulla qualità delle acque marine, eviterebbe comunque di fare il bagno a Napoli. Dichiarazioni contraddittorie che hanno fatto gridare all'ennesimo allarmismo ingiustificato.

Le voci su malattie misteriose capitate a chi si tuffava in mare hanno creato il caos: dalle famigerate bolle coi vermi comparse sulla pelle al ritrovamento di feti umani in mare, fino ai decessi improvvisi di bambini che avevano appena fatto il bagno a Monte di Procida. Molti i personaggi degli ambienti ospedalieri che hanno diffuso questo allarmismo tra la popolazione. Ma cosa c'è dietro a tutto questo? Il mare è inquinato, questo è indubbio. Ma dopo anni di menefreghismo istituzionale, perchè questa improvvisa escalation di allarmi e psicosi?

Sul litorale flegreo incombe un progetto multimilionario, dai costi che superano i 600 milioni di euro. Sono previste la costruzione di nuove stazioni ferroviarie, di porti, strade, parcheggi, il risanamento del Rione Terra a Pozzuoli, il riammodernamento della Tangenziale e la bonifica dell'area industriale ex Sofer, quest'ultima opera finanziata da fondi privati. Il denaro pubblico da spendere equivale a 500 milioni di euro, il resto proviene dal patrimonio degli imprenditori interessati all'affare. E' in particolare il riconvertimento dell'area industriale ex Sofer in area turistico-ricettiva a destare curiosità. La società che dovrà eseguire le opere si chiama "Waterfront", nella quale partecipano celebri partner come Pirelli, Milano Investimenti e Finmeccanica. Il titolare di Waterfront si chiama Livio Cosenza, padre dell'onorevole Giulia Cosenza eletta tra le file del PDL e membro della Commissione Ambiente e Territorio. Un conflitto d'interessi in famiglia? Chissà. Sta di fatto che proprio l'on. Cosenza ha ultimamente richiesto maggiori fondi pubblici per la bonifica dell'area flegrea, gravemente compromessa dall'attività del depuratore di Cuma e di altre pratiche criminali eseguite da imprese legate all'esercito, come l'Alenia Finmeccanica, e dal clan dei Casalesi. La promessa è la solita: il rilancio del turismo. In molti tuttavia denunciano le contraddizioni di questo grandioso progetto, che avrebbe ben poco di pubblico e consegnerebbe di fatto le aree bonificate nelle mani dei privati.

Oltre ad alimentare il traffico illecito dei rifiuti tossici, come denunciato nel precedente articolo, lo scandalo depuratori ricorda molto l'annosa vicenda dei rifiuti. In altre parole, si crea un'emergenza, cosicchè sarà il popolo stesso a richiedere misure drastiche per risolverla. Ed infatti i nostri politici sono già al lavoro, in primis Nicola Cosentino (alias Nick 'o Americano e proprietario del combustibile esploso a Viareggio), possibile candidato di Berlusconi alla presidenza della Regione Campania, ha richiesto il commissariamento del litorale flegreo-domitio e l'istituzione di ronde di volontari, ripetendo quanto già fatto per l'emergenza rifiuti e per la bonifica del fiume Sarno, tuttora il più inquinato d'Europa. Inoltre sempre l'on. Giulia Cosenza ha annunciato che presenterà in Parlamento una proposta per militarizzare gli impianti di depurazione campani, dichiarati fuorilegge dall'ARPAC anche se raggiungessero il 100% della funzionalità, in quanto obsoleti e privi delle nuove tecniche di depurazione.
Schiereranno soldati anche nei depuratori, proprio come hanno fatto nelle discariche e negli inceneritori. Una Regione allo sfascio, già presidiata da basi militari NATO, dal vertice della Flotta Navale USA in Europa e da numerose caserme dell'esercito italiano, alcune delle quali trasformate (specialmente nel salernitano) in depositi di stoccaggio dei rifiuti urbani. La militarizzazione come principale mezzo di risoluzione di problemi di ordinaria amministrazione.

Nel frattempo a Pozzuoli è scoppiato un contenzioso tra il sindaco Pasquale Giacobbe e l'assessore Walter Ganapini. Quest'ultimo afferma che il Comune flegreo non è allacciato al depuratore e che dunque scarichi di frequente i liquami in mare, mentre Giacobbe al contrario afferma che questo avviene solo quando la quantità accumulata dal sistema fognario è eccessiva. Ma proprio l'assessore regionale Walter Ganapini è in questi giorni oggetto di feroci attacchi da parte delle associazioni ambientaliste, che vedono nella sua attuale linea di governo un rovesciamento dei suoi iniziali propositi. Ganapini ha infatti in questi giorni autorizzato i cementifici a servirsi delle famigerate ecoballe come combustibile per i forni. L'accordo è stato siglato con il direttore generale dell'Aitec, Francesco Curcio. I CDR a norma, quindi non quelli stipati a milioni tra Taverna del Re e dintorni, andranno a finire nelle aziende "Italcementi" di Pontecagnano, "Cementir" e "Moccia" di Maddaloni. Proprio la Italcementi, all'inizio del 2008, venne coinvolta in un'inchiesta giudiziaria che portò al sequestro della Calcestruzzi spa, sua controllata, amministrata da Mario Colombini, arrestato con svariate accuse a suo carico, tra cui l'aggravante di avere agevolato l'attività della mafia. Stessa sorte per Carlo Pesenti, amministratore delegato di Italcementi, indagato per concorso in riciclaggio, impiego di denaro e beni di provenienza illecita, nonchè di aver avvantaggiato la mafia. La Cementir, invece, è di proprietà del noto imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, proprietario tra l'altro di numerosi giornali, tra cui Il Mattino di Napoli e Il Messaggero. Caltagirone rischia un processo penale insieme all'ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, entrambi sospettati dagli inquirenti di aver celato un'attività speculativa dietro il contropatto Unipol-Bnl, in cui sono coinvolti anche altre persone come Gianpiero Fiorani e Danilo Coppola.
Dare in mano ai cementifici le ecoballe equivale a trasformarli in veri e propri inceneritori, inoltre dietro a questa manovra i proprietari degli impianti possono aggirare una serie di normative europee, trasformando sulla carta il CDR prodotto dall'impacchettamento di rifiuti solidi in bio-carburante "ecologico". Una bella truffa ambientale.

Vedere Walter Ganapini, ex presidente di Greenpeace, che firma concessioni e autorizzazioni ad aziende che operano in spregio della salute umana e dell'ambiente è un colpo al cuore. Eppure fino ad un anno fa era stato promotore di diverse denunce nei confronti dei responsabili della malagestione dell'emergenza rifiuti. Dichiarò apertamente la parola"termovalorizzatore" priva di significato, ribadendo che è solo una simpatica trovata per non chiamare un impianto di combustione rifiuti "inceneritore"; dichiarò tramite un'intervista su Youtube, pubblicata anche dal blog di Beppe Grillo, di aver trovato una vasca a norma già pronta in località Parco Saurino, nel casertano, ottima per accogliere tutti i rifiuti campani per alcuni anni e organizzare così in questo lasso di tempo una filiera efficiente del riciclaggio e del compostaggio. Insomma una discarica sicura (caso più unico che raro) e in grado di evitare tutto il macello finora combinato. Ma stranamente non se ne fece nulla. Le due vecchie discariche di Parco Saurino vennero poi sequestrate dalla magistratura in quanto il percolato aveva invaso i campi agricoli circostanti e compromesso la falda del luogo.

Oggi Ganapini sembra molto cambiato, e forse c'è un motivo. In questa registrazione audio fatta a sua insaputa durante un incontro con le associazioni, l'assessore rivela di essere stato richiamato dal capo dei servizi segreti riguardo l'annosa questione della discarica di Parco Saurino e di essere stato informato di un diretto coinvolgimento della Presidenza della Repubblica. Rivela inoltre di essere stato oggetto di intimidazioni, come il tamponamento avvenuto ai suoi danni sull'autostrada di Modena e le minacce subite da un gruppo di sconosciuti motorizzati in Piazza del Gesù a Napoli. Una vicenda che aprirebbe scenari ben più inquietanti e compromettenti.



Parco Saurino deve dunque essere il punto cruciale di tutta la vicenda rifiuti campana se, come dichiarato da Walter Ganapini, abbia attirato l'attenzione dei servizi segreti e del presidente della Repubblica. Nel 2002 vennero abbandonati in questo posto i macchinari necessari a rendere gli impianti CDR a norma. Per chi non lo sapesse infatti, gli impianti CDR sono stati anche progettati per il TMB e il compostaggio, frutto della migliore tecnologia tedesca. Tuttavia la gestione Impregilo sabotò gli stabilimenti e rese solo la terza linea, quella dei CDR appunto, "funzionante". Un crimine efferato di cui l'azienda se n'è lavata le mani.

Camorra, servizi segreti e apparati dello Stato. Sarebbe il caso di rileggersi l'articolo di Valeria Chianese comparso su "L'Avvenire" qualche tempo fa. E scoprire che gli apparati "deviati", responsabili anche della morte di Falcone, Borsellino e della loro scorta, sono presenti anche in Campania.

venerdì 24 luglio 2009

La nuova emergenza

Stanno creando una nuova emergenza a tavolino. Dopo l'emergenza rifiuti, nascerà l'emergenza depuratori. Stanno pensando di inviare l'esercito anche nei depuratori, come per le discariche, Cosentino parla già di commissariamenti e dietro si sta muovendo la macchina segreta dell'economia occulta. Vogliono fare come hanno fatto coi rifiuti: macellarci per l'ennesima volta. Cosa c'è dietro a tutto questo? Che progetti hanno per la Campania?
Riesce difficile pensare che sia tutto opera della camorra. Essa partecipa, ma chi le consente di devastarci e per qual motivo?

mercoledì 22 luglio 2009

Incendi senza sosta


Ogni giorno vengono dati alle fiamme rifiuti di ogni genere, spesso con l'ausilio di copertoni che facilitano la combustione. E' il business del traffico illecito, è il fuoco che trasforma quegli oggetti in veleno per l'ambiente e per la salute degli esseri viventi. Fatevi un giro nelle zone periferiche di Napoli, nell'hinterland e nelle province napoletane e casertane. L'odore acre di rifiuti bruciati sarà la prima impressione che balzerà al vostro naso, unita alla nebbiolina scura che aleggia minacciosa giorno e notte sui luoghi colpiti. L'inceneritore di Acerra è ben poca cosa rispetto ai danni quotidiani compiuti da questi incendi. Nel silenzio delle istituzioni, della Prefettura, della Regione, di qualsiasi autorità. Tutto questo dunque sotto gli occhi dei "tutori dell'ordine"

martedì 21 luglio 2009

Il valore della nostra classe politica

Bassolino, Iervolino, Lonardo, Cesaro, Cosentino, Landolfi, Di Palma, Montemarano, Nasti, Mastella, Guglielmo, Gambale... e via dicendo.

Se la capacità di un amministratore si misura in base all'efficacia degli interventi effettuati sul territorio...

Voi quanto valete, se manco li fate gli interventi?

Le vostre dichiarazioni, la vostra falsa attività politica che compare solo sui giornali, il vostro operato, ma soprattutto la fedina penale di alcuni di voi...

Seriamente, quanto valete? Da 1 a 10, quanto valete?

E gli imprenditori nascosti? La classe economica locale, che si nasconde dietro i vostri volti sornioni...

Quanto vale gente come Alfredo Romeo? Quanto valgono i palazzinari e i proprietari delle discariche che hanno devastato la Campania?

Come sempre: ai Campani l'ardua sentenza!

lunedì 20 luglio 2009

Divieto di balneazione a Mappatella Beach

Estate da dimenticare. L'Arpac ha emesso il divieto di balneazione nelle acque di Mappatella Beach, precisamente nello specchio di acqua antistante via Nazario Sauro, Napoli. "Inquinamento di origine microbiologica", questa la motivazione espressa dall'assessore all'ambiente Nasti.
Difficile pensare che se il bagno è vietato a Mappatella, anche nel resto della città l'acqua sia pulita. Sta venendo fuori ciò che ci hanno nascosto per anni. Ci hanno fatto fare il bagno nella melma, ci hanno fatto inevitabilmente contaminare. Perchè dobbiamo continuare a subire in silenzio? Perchè dobbiamo vederci sottrarre il mare, a noi che siamo nati vicino al mare, a noi che viviamo col mare? Noi che abbiamo spiagge chilometriche, posti incantevoli, città che vivono in completa simbiosi col mare, perchè dobbiamo tacere di fronte alla distruzione della nostra terra?

Il mare perduto

I bagnanti scappano dalle spiagge campane: il 70% in meno secondo gli operatori turistici. La causa è l’inquinamento ormai decennale delle coste campane, causato dal malfunzionamento cronico e doloso dei cinque grandi depuratori gestiti da Hydrogest. Una nuova emergenza che si somma a quella già devastante dei rifiuti.

In Campania è la nuova emergenza ambientale. Legambiente ha conferito la bandiera nera alla Regione per le coste più inquinate d’Italia.

Dopo anni di denunce mai prese in considerazione dalle istituzioni preposte, è accaduto ciò che prima o poi doveva necessariamente accadere: le spiagge napoletane e casertane sono deserte, la gente ha paura di farsi il bagno a causa della protesta di metà giugno degli operai deldepuratore di Cuma, che aprirono per tre giorni ininterrotti i canali di scarico.

Da quel momento in poi hanno cominciato a girare voci incontrollate che parlano di bolle coi vermisulla pelle di chi si tuffa nelle acque flegree e di misteriosi decessi di bambini avvenuti a Monte di Procida dopo aver fatto il bagno.

Il risultato è un calo del 70% delle presenze turistiche negli stabilimenti balneari del litorale flegreo e domitio. La stagione estiva può così dirsi rovinata e i primi licenziamenti di personale che i gestori dei lidi stanno effettuando in questi giorni ne sono l’inevitabile conseguenza.

Anche la pesca è stata messa in crisi. A Pozzuoli sono comparsi alcuni cartelli che annunciano: "Qui non si vende pesce locale" e il famoso mercato ittico cittadino sta andando in crisi. I pescatori non vogliono più lavorare in acque che puzzano di fogna per recuperare del pescato di bassa qualità, e che quindi non li ripagherà dei costi globali della loro attività.

Accusano anche il Ministro leghista Luca Zaia di favorire le attività ittiche del Mare Adriatico, a causa dello stop della pesca da lui imposto per il mese di settembre nelle acque del Sud.

Le voci della malattia vengono alimentate anche da farmacisti, medici, pediatri che segnalano l’ospedale Cotugno di Napoli come il principale punto di ricovero dei pazienti con le pustole sulla pelle da cui fuoriescono vermiciattoli.

Uno scenario raccapricciante. Il direttore del Cotugno, tuttavia, ha voluto subito smentire queste voci dichiarandole del tutto prive di fondamento, in quanto non risultano casi di questa misteriosa malattia al pronto soccorso.

La colpa del disastro ambientale, economico e sociale, è dei depuratori, o meglio di chi li gestisce. Ne sono cinque, più una pompa di sollevamento situata ad Orta di Atella, controllati dall’azienda Hydrogest per il 90%. Nessuno funziona in modo efficiente o almeno sufficiente.

Il depuratore dell’Area Nord, quello che dovrebbe dare lustro alla costa di San Giovanni a Teduccio, funziona al 10%. Alcuni Comuni del vesuviano non sono nemmeno collegati ai collettori e scaricano tutto a mare. Le attrezzature dell’impianto poi sono vecchie di 20 anni, i dissabbiatori e le centrifughe sono usurati. I fanghi non vengono smaltiti con regolarità e dunque rimangono ingabbiati nei digestori, che tuttavia possono contenerli per due settimane al massimo. Così vengono gettati in mare.

Situazione pressocchè identica per tutti gli altri depuratori. Quello di Villa Literno in particolare è un colabrodo. Dovrebbe depurare l’acqua dei Regi Lagni, i canali di irrigazione e di scarico costruiti nel 1610 dagli Spagnoli. Un’opera di canalizzazione e di convogliamento delle acque piovane e sorgive a mare, che in passato permise la bonifica della Campania Felix. Oggi invece sono fogne a cielo aperto. Al loro interno viene sversato ogni tipo di rifiuto tossico: dagli scarti di fonderia all’immondizia tal quale, da auto rottamate a balle di indumenti bruciati, senza contare i liquami sversati dai campi d’allevamento delle bufale e dalle fabbriche del posto.

L’impianto di Villa Literno, infatti, dovrebbe montare le nuove coclee acquistate mesi fa per sostituire le vecchie usurate, ma finora sono rimaste inutilizzate. Gli operai sono costretti perfino a scavalcare per entrare nell’impianto.

Ricordiamo che siamo nel territorio dei Casalesi, il clan più mafioso della Campania. In effetti è difficile non pensare ad ingerenze della camorra nella vicenda dei depuratori. In particolare ildepuratore di Cuma, oggetto di violente polemiche in seguito al già citato sciopero dei lavoratori. L’impianto accoglie le acque fognarie di Napoli e dell’hinterland, ma funziona solo al 20%.

La notizia del libero sversamento di liquami a mare venne amplificata anche dalla decisione del sindaco di Monte di Procida, Francesco Paolo Iannuzzi, di emanare il divieto di balneazione nelle acque dell’omonimo comune e di Torregaveta.

L’inquinamento raggiunse le spiagge di Miseno e Miliscola, frequentatissime durante la stagione estiva, la cui acqua divenne di colpo verde scura e maleodorante.

Il sindaco Iannuzzi tuttavia revocò il divieto in seguito ai risultati dell’Arpac, che davano l’ok ai bagni nelle acque montesi e ribadivano i divieti per le aree "storicamente" inquinate. Ma il colore dell’acqua di Torregaveta non ha mai rassicurato i cittadini.

Così si sono sviluppate le leggende sulle bolle coi vermi. In ogni caso è innegabile che, tuffarsi in acque del genere, sia un rischio per la salute. Eppure per anni mezza popolazione di Napoli e Caserta si è gettata in questa melma, incurante o inconsapevole dello stato degradante del mare campano. La stessa Arpac ha dovuto dichiarare fuorilegge tutti gli impianti di depurazione della Regione, ad eccezione di quelli del Sarno.

Tanta inefficienza è quanto meno sospetta e criminosa. La Procura si è decisa ad indagare finalmente sul depuratore di Cuma, e ha iscritto nel registro degli indagati gli operai responsabili dello stop durante il mese di giugno, nonchè gli amministratori della ditta Hydrogest Spa, che dal canto loro lamentano un credito di 60 milioni di euro nei confronti della Regione Campania.

Proprio in questi giorni poi i magistrati del Tribunale di Napoli hanno condannato in primo gradoFerdinando Bosone e Guido Cucciardi, rispettivamente rappresentante legale e responsabile tecnico della ditta Pianese, che ha preceduto Hydrogest nella gestione dei depuratori.

I giudici hanno asserito che gli imputati scaricavano nell’impianto di Cuma fusti di percolato, il velenoso liquido prodotto dai rifiuti, compromettendo così l’intero ciclo di depurazione e danneggiando l’impianto. "Perseguivano un disegno criminoso e non rispettavano il contratto stipulato con la Regione Campania". Reati ambientali di gravissima entità che forse gli indagati non riescono a concepire. Ma bisognerà aspettare la sentenza d’appello per dare un giudizio definitivo.

Il litorale domitio, in particolare l’area tra Castelvolturno e Villaggio Coppola, è stata più volte interessata dall’arrivo di maree nere, ma non se n’è mai parlato. All’improvviso sopraggiungeva una densa marea di colore scuro che lentamente ricopriva le già inquinate acque domitie, con conseguente moria di pesci.

I bagnanti salivano sulla spiaggia inorriditi, ma nessuno mai si prendeva la briga di verificare o denunciare (o anche se hanno denunciato, le istituzioni hanno fatto orecchie da mercante). Allora non v’era allarme o psicosi, e tantissima gente frequentava i lidi della zona.

Oggi la situazione sembra essersi ribaltata. Nemmeno le acque sorrentine possono ritenersi al sicuro dall’inquinamento. Il fiume Sarno, il più contaminato d’Europa, getta in mare una quantità di veleni industriale, insieme ad una condotta fognaria situata a Punta Scutolo (tra Sorrento e Vico Equense) che insozza il mare fino a Punta Campanella. Tutto ciò, prima di questa stagione estiva, non veniva mai a galla.

L’accumulo prolungato dei fanghi industriali nei digestori favorisce il traffico illecito di rifiuti. Un paio d’anni fa vennero arrestate 38 persone nell’ambito di una maxi inchiesta che aveva richiesto l’ausilio di ben centomila intercettazioni telefoniche (alla faccia del governo che le vuole cancellare!), fotografie, filmati, sequestri, e la partecipazione della sezione dei carabinieri del Noe di Caserta e Salerno.

La nota giornalista Rosaria Capacchione ne parlò sul Mattino, il principale quotidiano di Napoli. Uno scandalo colossale che è stato in breve dimenticato, una minaccia costante per la salute dei cittadini di tutta Italia, altro che bolle coi vermi.

I fanghi dei depuratori
di Cuma, Marcianise, Orta di Atella e Mercato San Severino venivano rivenduti a contadini compiacenti o inconsapevoli in forma di compost per i campi da parte dell’azienda So.Ri. Eco, che avrebbe invece dovuto conferirli in discariche autorizzate.

I territori interessati dalla truffa sono immensi: il litorale domitio, l’agro aversano, l’agro nocerino-sarnese, le buche scavate lungo un metanodotto, la pianura del Sele, ilconfine tra Benevento e Avellino e la provincia di Foggia.

Ciò che non veniva malamente riciclato negli impianti di compostaggio della famiglia Roma veniva gettato nei fiumi Sabato e Calore. Tutto ciò fino agli inizi del 2006. La Provincia di Salerno diede l’ok all’utilizzo di questo concime, dichiarandolo "idoneo" e consentendo il prosieguo dei reati di"associazione per delinquere, traffico illecito di rifiuti speciali e pericolosi, disastro ambientale, truffa, frode nelle forniture". Il guadagno prodotto equivalse all’azienda 7 milioni di euro e smaltì irregolarmente 1 milione di tonnellate di rifiuti tossici.

Non si è mai parlato dei laghi flegrei. Lago Fusaro e Lago Patria sono collegati al mare tramite dei canali. Le loro acque sono a dir poco contaminate e dunque interdette alla balneazione. Se li costeggiate, noterete delle strane ferraglie che fuoriescono dai laghi. Si parla di rifiuti pericolosissimi gettati al loro interno. Camorra sì, ma non solo. Anche lo Stato ha fatto il suo.

Sul materiale sversato nel Lago Fusaro infatti vige tuttora il segreto di Stato. L’Alenia Finmeccanica, la principale azienda italiana che produce armamenti per l’esercito, ha scaricato materiali altamente nocivi al suo interno, di cui non è dato saperne la natura. Nei pozzi del Lago Patria, invece, pochi mesi fa l’Arpac individuò una quantità di arsenico, fluoruri e altre sostanze pericolose così massiccia che i carabinieri si videro costretti a sequestrarli. Acque che vengono utilizzate per irrigare i campi agricoli attorno al lago e che vanno a finire in mare.

All’inquinamento globale tuttavia contribuiscono anche centinaia di laghetti artificiali disseminati lungo la fascia costiera di Castelvolturno, nati dall’estrazione della sabbia per alimentare il ciclo illegale del cemento, utilizzati per intombarvi rifiuti tossici che hanno contaminato le acque di sostanze cancerogene, come Fenatrene, Benzene e Antracene. Questi laghetti, secondo il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Corrado Lembo, hanno rotto gli argini e prima o poi raggiungeranno il mare.

L’emergenza dunque c’è eccome. Strettamente connessa con l’emergenza rifiuti, se non direttamente una sua conseguenza che il Governo Berlusconi non ha voluto fronteggiare. Perché non c’è da rimuovere dei sacchetti dal ciglio d’una strada, ma da bonificare centinaia di chilometri quadrati di territorio.

Tale inquinamento si traduce non con fantomatiche bolle coi vermi sulla pelle, che pure hanno destato tanto allarme tra i cittadini, ma con l’aumento progressivo delle patologie tumorali e delle malformazioni neonatali. Chi ha visto la drammatica testimonianza della famiglia Cannavacciuolodi Acerra se ne renderà conto.