giovedì 10 gennaio 2013

Sì alla fiction su Scampia, ma con obbligo di verità


 Sky ha acquisito i diritti del libro Gomorra per girare una fiction di 12 puntate su Scampia. Premessa la contrarietà a chi cerca sempre di censurare il racconto, tuttavia un'iniziativa lodevole sarebbe quella di raccontare la periferia in tutte le sue complessità e, soprattutto, approfondire il legame tra politica e criminalità. Altrimenti avranno ragione coloro che gridano all'ennesima pubblicità negativa per il quartiere e per la città.


Venerdì 11, alle ore 16, è prevista una seduta consiliare della VIII Municipalità di Napoli per decidere se autorizzare o meno la troupe di una società per conto di Sky a girare una "fiction"(!) ispirata al bestseller "Gomorra" di Roberto Saviano, convocata in seguito alla forte opposizione del presidente della municipalità, Angelo Pisani (PDL). “E' speculazione, ci danneggia” ha affermato in una serie di interviste. Sulla stessa linea di pensiero si è collocato anche il sindaco Luigi De Magistris, che in verità sembra aver approfittato di un rancore che da tempo cova nei confronti di Saviano, con le inevitabili polemiche tra i due.

La presa di posizione del presidente Pisani appare come un monito non solo per i giornalisti di Sky, ma per chiunque voglia continuare a raccontare la quotidianità di Scampia e della gente che vi abita. Ma, se da un lato (a mio parere) la scelta di Pisani ha una chiara impronta politica, dall'altro pongo in dubbio la sincerità degli autori del documentario-fiction di Sky. La società di Murdoch non è una rivista di approfondimento socio-culturale, ma un format televisivo che ha bisogno di prodotti emozionali che vendano. L'idea di girare una sorta di sequel di Gomorra non può non inoculare la sensazione che si vada lì a girare l'ennesimo reportage shock fatto di spacciatori, tossicodipendenti, morti ammazzati e camorristi con la croce in petto. C'è una faida di camorra in corso e va raccontata, su questo siamo d'accordo. Ma non ci si può accontentare dell'apparenza: così facendo, al pubblico italiano e straniero si darà l'ennesimo quadro distorto del territorio, come già capitato con gli scarni documentari su Napoli prodotti da National Geographic e mandati in onda proprio da Sky.

La mia proposta? Far firmare a Sky un contratto in cui si autorizzano le riprese, ma con la clausola "Indagare sul perché, dalla faida di Scampia del 2004/05 ad oggi, non è cambiato nulla nel quartiere". Non più una fiction quindi, ma un vero e proprio documentario, che rispondano a poche e precise domande.

Perché le Vele sono ancora lì col loro carico di miseria e di degrado.
Perché la politica non ha fatto niente su quel territorio. Alla favoletta del "non ci sono i soldi", con una pressione fiscale del 45%, ci possono credere soltanto i polli. 
Perché le piazze di spaccio, nonostante gli interventi della polizia, sono sempre aperte (al massimo, si spostano nei comuni limitrofi).
A chi e perché giova che quel quartiere (e la città) non risorga. 

La presenza della troupe di Sky può essere un'occasione imperdibile per diffondere a massimo spettro una giusta informazione sulla periferia nord di Napoli: per cui, faccia un reportage sul rapporto tra politica e clan tra Secondigliano e Scampia, prendendo spunto dall'intervista del boss Maurizio Prestieri resa proprio a Roberto Saviano. Oppure si sposti di pochi chilometri al tribunale di Napoli per raccontare il processo ai fratelli Pellini di Acerra, e capire come tali soggetti in combutta con la camorra siano riusciti a sversare nelle campagne acerrane un milione di tonnellate di rifiuti tossici nel giro di tre anni, con la complicità di funzionari comunali e marescialli dei carabinieri (la prossima udienza è fissata per il 24 gennaio all'aula 116, ore 10:30). Oppure si rechi in un quartiere limitrofo ricadente nella stessa municipalità, Chiaiano, per capire come sia possibile che delle società legate alla camorra abbiano vinto l'appalto emesso dalla Protezione Civile in una discarica dichiarata "sito d'interesse strategico nazionale" e controllata a vista dall'esercito. Oppure si faccia un giro a Marano, altro comune a ridosso di Scampia, e verifichi i legami tra gli imprenditori edili, i politici e il clan Polverino sulle centinaia di caseggiati costruiti abusivamente. Infine, intervisti le centinaia di famiglie del quartiere che campano onestamente con quattro soldi al mese e le tante associazioni presenti. Può farlo, rinunci all'idea di una "fiction" puramente improntata alla rappresentazione criminale e racconti la realtà in tutte le sue sfaccettature. Se la troupe di Sky farà così, allora avrà svolto un ottimo lavoro per la collettività.
 

venerdì 4 gennaio 2013

No agli inceneritori: il presidio fuori alla sede del Mattino

Copio e incollo un'iniziativa prevista per domani fuori alla sede del Mattino di Napoli:

- Appuntamento su Facebook

Dopo l'ennesima presa di posizione del quotidiano "il Mattino" di proprietà del Gruppo Caltagirone (azionista di maggioranza dell'ACEA spa noto produttore di inceneritori), attraverso articoli e sondaggi faziosi (http://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/napoli_rifiuti_emergenza_impianti/notizie/240995.shtml - Sondaggio: http://www.ilmattino.it/sondaggio.php?id=2366) con i quali cerca di veicolare l'opinione pubblica napoletana, verso l'idea che non esistono alternative alla costruzione degli ecomostri! Niente di più falso! Il mattino nella sua vergognosa storia di quotidiano pro-lobby, non ha mai ascoltato la voce dei comitati:

giovedì 3 gennaio 2013

Bagnoli, l'incompiuta


Dei 51 SIN (Siti d'Interesse Nazionale), Napoli ne vanta ben tre nel solo territorio comunale. Uno di questi è quello di Bagnoli-Coroglio.

Le passeggiate sul lungomare di Bagnoli, quartiere a vocazione operaia nella zona occidentale di Napoli, sono per gli abitanti più anziani di queste strade un tuffo in un passato malinconico che i più giovani non hanno mai conosciuto. Le poche strutture rimaste dell'ex Italsider offrivano lavoro e stabilità ai residenti, ma danneggiavano irrimediabilmente un ambiente particolare e suggestivo, fatto di delicato equilibrio tra mare, verde, rocce tufacee e acque termali. Ancora oggi, a fronte del sacrificio ambientale a cui è stato sottoposto questo territorio, ci si interroga sull'opportunità di costruire un apparato industriale di quelle dimensioni che mai avrebbe da solo potuto promuovere lo sviluppo economico della regione. Ad ogni buon conto, oltre alle difficoltà sociali legate alla perdita dei posti di lavoro, c'è l'emergenza ambientale a preoccupare maggiormente.

Su quei tratti di spiaggia dove ad inizio Novecento erano situati i principali stabilimenti balneari, oggi domina il degrado e l'abbandono. Le recenti libecciate hanno sparpagliato sulla sabbia migliaia di sedimenti bituminosi (nelle foto), alcuni di grosse dimensioni, che a prima vista sembrano pietre ma al tatto rivelano la loro natura artificiale, residui delle lavorazioni industriali dell'Italsider. La sabbia presente, di origine pugliese, che ha sostituito quella “indigena” a seguito delle bonifiche fatte tra il 2007 e il 2008, risulta già annerita dalle sostanze chimiche presenti nell'acqua. All'entrata, un cartello recita insicuro: “Divieto di balneazione. E' consentita l'elioterapia”. Precetto che ovviamente non viene rispettato durante l'estate, dove centinaia di bagnanti si riversano in mare e gli abusivi spadroneggiano. Rifiuti, erbacce e ruderi completano il quadro desolante.




Oltre ai sedimenti bituminosi già presenti nel fondo del mare, la causa principale dell'inquinamento è rappresentata dalla grossa colmata costruita con i rifiuti della fabbrica. Una legge del 1996 ne impone la rimozione e il ripristino dell'antica linea di costa. Ma da allora nulla è stato fatto e le controversie, anche giudiziarie, contribuiscono ad allungare ulteriormente i tempi per la bonifica e, contestualmente, ad acuire i rischi per la salute degli abitanti.