venerdì 20 novembre 2009

Bertolaso e l'emergenza rifiuti

Dieci discariche, cinque inceneritori, militarizzazione e poca differenziata. Questo sostanzialmente è il piano rifiuti di un anno fa.

Oggi Guido Bertolaso tira le somme e non vuole saperne di proroga dello stato di emergenza, per lui è in arrivo infatti la pensione anticipata grazie alla legge Brunetta sui dipendenti pubblici. Denuncia i continui “boicottaggi e sabotaggi che avevano come unico scopo quello di far fallire il piano per uscire dall’emergenza” e afferma di “aver sottratto gran parte della gestione rifiuti al patrimonio della camorra”. Poi alle domande dei giornalisti sul suo coinvolgimento in un’inchiesta risponde indicando la cava di Terzigno: “Se questo è un abuso di Stato, cosa dobbiamo dire delle altre migliaia di discariche abusive in Campania?”.

Tuttavia basta farsi un giro tra il sito www.laterradeifuochi.it e l’articolo di Francesco Piccinini su AgoraVox per capire che quelli di Bertolaso sono solo discorsi pretestuosi. Nessuno vuole ammettere che il 70% dei rifiuti prodotti è di tipo industriale e dunque se le valli comasche e le colline fiorentine sono così pulite e candide, pur avendo un cospicuo numero di fabbriche operanti in loco, significa che da qualche parte questa monnezza tossica deve andare a finire. E quali zone se non l’Africa, la Cina, il Mediterraneo tramite navi affondate o la Campania. Utilizzando le organizzazioni criminali come “quelli che fanno il lavoro sporco”, ovvero quelli che si occupano materialmente dello smaltimento illecito dei rifiuti e permettendo così ai colletti bianchi (politici, industriali, banchieri) di mantenere le mani lisce come il velluto. Semplice, no? Peccato che…

La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di disastro ambientale ed epidemia colposa nel quartiere napoletano di Pianura, sede della discarica di Contrada Pisani, l‘ecomostro di 8 milioni di tonnellate, grande divoratore dei rifiuti solidi urbani ed industriali del Nord Italia nonchè deposito illegale dei fanghi dell‘Acna di Cengio. Secondo i magistrati chi doveva fare le bonifiche non le ha mai fatte e dunque ecco che tre persone sono state indagate, ma non è escluso che possano esserci altri avvisi di garanzia, in particolare nei confronti dei funzionari dell'Ambiente della Provincia su cui si sta indagando. I carabinieri dei Nas infatti erano andati alcuni mesi fa a raccogliere cartelle cliniche e denunce presso gli abitanti della zona e il rapporto che venne fuori fu scioccante: circa 60 casi accertati di linfoma Hodgkin, una rara e gravissima patologia tumorale. Tuttavia è probabile che il reato di epidemia colposa andrà in archiviazione in quanto dimostrare questo tipo di incidenza è risultato troppo difficile. Chissà, forse quelli che manifestano contro le discariche non sono tutti camorristi.

Resta il fatto che i giornali hanno fatto la loro parte in tutta la vicenda rifiuti: infatti secondo “il Mattino” di ieri Berlusconi è l’anfitrione; l’esercito è la bacchetta magica che fa scomparire i cattivi che protestano, ovvero quegli incivili buzzurri che bloccano le strade e l’inceneritore di Acerra è il più moderno d’Europa.

Informazione criminale per un governo criminale. Solo questo c'è da dire. Punto. Chi abita in Campania sa come vanno realmente le cose.


Come funzionava la discarica di Pianura prima della chiusura. Nunzio Bernardo
ci illumina...

mercoledì 18 novembre 2009

I misteriosi veleni di Pianura

I carabinieri dei Nas hanno da tempo segnato sui propri taccuini le informazioni ricavate durante un'ispezione effettuata tra gli abitanti del quartiere napoletano di Pianura: acquisizione di cartelle cliniche e denunce per un totale di circa 60 casi accertati di linfoma Hodgkin, una rara e gravissima forma tumorale legati, secondo uno studio dei ricercatori dell'ospedale Monaldi, alla presenza di sostanze tossiche e forse radioattive nell'aria e nel suolo. Ecco dunque che la discarica di Contrada Pisani entra nel mirino dei magistrati per la mancata bonifica e il reato ipotizzato è quello di disastro ambientale, per cui sono state indagate tre persone. Se dovesse essere definitivamente confermata la relazione tra tumori e rifiuti tossici verrebbe contestato anche il reato di epidemia colposa.

Le proteste popolari del gennaio 2008 hanno portato alla ribalta un luogo apparentemente dimenticato da tutti, nascosto con cura da un tappeto verde che tuttavia non riesce a contenere la fuoriuscita del biogas e del percolato (durante la primavera di quest'anno un'esplosione verificatasi all'interno della cava ha generato un incendio a causa del materiale tossico presente all'interno). Quarant'anni di gestione affidate a ditte vicino alla camorra, una capienza di 8 milioni di tonnellate, rifiuti solidi urbani del Nord Italia, polveri di amianto, residui di vernice, ceneri di centrale elettrica, scorie di alluminio, il tutto sversato assieme alle 800mila tonnellate di fanghi industriali dell'Acna di Cengio, ovvero la ciliegina sulla torta.

Così scriveva Beffe Fenoglio in Un giorno di fuoco:

« Hai mai visto Bormida? Ha l'acqua color del sangue raggrumato, perché porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle rive non cresce più un filo d'erba. Un'acqua più porca e avvelenata, che ti mette freddo nel midollo, specie a vederla di notte sotto la luna. »

Per salvare il Bormida si è sacrificata Pianura. Anzi, si è sacrificata la città di Napoli. 

martedì 17 novembre 2009

Cosentino, fatti processare

"Napoli Pulita". Con questo slogan Silvio Berlusconi, al centro rispettivamente di Luigi Cesaro (attuale presidente della Provincia di Napoli) e di Nicola Cosentino (sottosegretario all'Economia e coordinatore regionale del PDL in Campania) un anno fa dichiaravano pomposamente la fine dell'emergenza rifiuti e l'inizio di un nuovo "Rinascimento" per Napoli e dintorni. Oggi quella frase che campeggiava su tutti i cartelloni pubblicitari della città già puzza di beffa.

Cinque pentiti accusano Cosentino di essere il referente del clan dei Casalesi, ma nonostante tutto il sottosegretario all'Economia continua a dichiararsi innocente e lo fa servendosi del mezzo televisivo (come la grande maggioranza dei politici che non vogliono affrontare un regolare processo), per la precisione del talk show unilaterale per eccellenza, Porta a Porta di Bruno Vespa. Nel suo lungo discorso gioca tutte le carte: butta in mezzo la famiglia, scredita i magistrati definendoli (solo quelli che lo indagano) politicizzata, innalza a pretesti delle formalità giudiziarie. Berlusconi infatti fa scuola, le sue frasi e le sue tattiche sono diventate quelle di un intero partito. E' incredibile come attorno a sè il premier sia riuscito a riunire elementi implicati con la giustizia, che niente hanno a che fare con la vera politica, e a trasformarli in un consolidato gruppo di potere capace di screditare impunemente una debole e corrotta magistratura.

Cosentino ne ha per tutti. Magistrati, collaboratori di giustizia. Definisce "pazzo cocainomane" il pentito principale che lo accusa, Gaetano Vassallo, imprenditore al soldo del boss Francesco Bidognetti, ritenuto credibile dagli inquirenti sulla base dell'entità del suo compendio immobiliare e mobiliare valutabile sui 41 milioni di euro.



Gli atti delle indagini sono stati desecretati e resi pubblici su Internet: si tratta di oltre 300 pagine colme di ricostruzioni, interrogatori, intercettazioni ambientali e telefoniche.

Le dichiarazioni del pentito, uscite anche un anno fa su "l'Espresso", pesano come un macigno:

“Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società ECO4 s.p.a. gestita dai fratelli Orsi. Sono stato di fatto loro socio perchè richiesto di farlo da parte di Massimiliano Miele investito da BIDOGNETTI Francesco come da questi stesso riferito".

Posso dire che la società ECO4 era controllata dall’onorevole Cosentino e anche l’onorevole Landolfi aveva svariati interessi in quella società. Presenziai personalmente alla consegna di cinquantamila euro in contanti da parte di ORSI Sergio all’onorevole Cosentino, incontro avvenuto a casa di quest’ultimo a Casal di Principe. Ricordo che Cosentino Nicola ebbe a ricevere la somma in una busta gialla e Sergio m’informò del suo contenuto (…) Spiegando le ragioni della mia presenza in occasione del versamento della somma contante dell’ORSI Sergio al Cosentino, rappresento che io ero sostanzialmente un ‘socio’, seppure occulto, all’interno della ECO4 e la cosa era ben nota al Cosentino stesso. Astrattamente era come se quei soldi provenissero anche da me, tanto che Cosentino ebbe a ringraziare entrambi. Ricordo che in quell’occasione approfittai di quel momento per chiedere un favore a Cosentino nell’interesse di mio fratello, all’epoca impiegato nella GEOECO, una società analoga alla ECO4 che però operava nell’ambito del consorzio CE2”.

Cosentino è indagato anche per voto di scambio. La sua base elettorale infatti si sarebbe fondata sempre sull'ausilio del clan dei Casalesi. Il suo nome compare anche nell'inchiesta che vede l'inceneritore di Santa Maria la Fossa al centro degli interessi del clan e in particolare del gruppo di Francesco Schiavone; alla faccia di chi diceva che gli inceneritori non sono inquinabili da attività mafiose.
Ma nell'ordinanza del GIP non compare soltanto il nome di Nicola Cosentino.
Sempre Gaetano Vassallo dichiarerà che nel 2007, durante una riunione avuta con Raffaele Bidognetti, fratello di "quel famoso", abbia carpito i nomi di altri politici di rilievo nazionale: Cosentino, Bocchino, Landolfi e Coronella (attualmente gli ultimi tre non risultano indagati). "Fanno parte del nostro tessuto camorristico" avrebbe esordito Raffaele Bidognetti.

Basta questo per evitare la candidatura di Cosentino a Presidente della Regione Campania?
Evidentemente no.

mercoledì 9 settembre 2009

Casalesi a Poggioreale e in Abruzzo

Tratto da Il Mattino. Articolo di Rosaria Capacchione

NAPOLI (9 settembre) - Un incidente di percorso a luglio, con l’esclusione per mancanza di requisiti minimi sulla tipologia dei lavori da effettuare. Lo stop a settembre, per vizi antimafia. Tra le sedici ditte ammesse al grande appalto per la ricostruzione post-terremoto a L’Aquila, la «Fontana Costruzioni spa» non c’è più. L’impresa che si era aggiudicata un lotto della commessa da 400 milioni di euro, è stata esclusa dalla Protezione civile qualche giorno fa, quando dalla prefettura abruzzese è arrivato l’altolà. L’informativa antimafia trasmessa dall’ufficio territoriale di governo di Caserta, infatti, la inserisce nella lista nera: tra le società, cioè, che hanno rapporti opachi con ambienti della criminalità organizzata. Nello specifico, con il clan dei Casalesi. Anzi, con la famiglia di Michele e Pasquale Zagaria. Ma lo screening sulle commesse aggiudicate dall’impresa di San Cipriano d’Aversa sta riservando ben altro.

La partecipazione alla gara dell’Aquila risulta essere, infatti, solo la parte mediaticamente più visibile di un portafoglio lavori di tutto rispetto e consistenza, con la presenza massiccia anche in cantieri pubblici finanziati dal ministero della Giustizia e dell’Interno. Una beffa? La Dda di Napoli e il Gico della Guardia di Finanza ci sta
nno già lavorando, e i primi risultati delle indagini si stanno rivelando clamorosi.

La «Fontana Costruzioni», con sede a San Cipriano d’Aversa in via Salvatore Vitale (stessa strada in cui risulta domiciliato il capo latitante dei Casalesi), risulta aggiudicataria - in associazione temporanea con un’altra impresa - dei lavori per la ristrutturazione delle aule bunker del carcere di Poggioreale, le stesse nelle quali vengono celebrate le udienze dei processi contro i clan camorristici campani e che hanno ospitato il processo di appello Spartacus.

E non basta. La stessa ditta sta lavorando alla ristrutturazione e alla riconversione di uno dei fabbricati dell’ex parco Rea, oggi Parco Sole, a Giugliano, confiscati al camorrista e usuraio Francesco Rea. Appalto finanziato con i fondi del Pon sicurezza, dieci milioni di euro. L’immobile fa parte del blocco in cui hanno sede le nuove caserme (quella della Guardia di Finanza è stata inaugurata nel 2007) e ch
e potrebbe essere destinato a ospitare la cittadella giudiziaria di Giugliano. Altri appalti pubblici, per opere infrastrutturali, sarebbero stati aggiudicati alla stessa «Fontana Costruzioni» anche a Ponticelli e Soccavo.

L’accertamento sulla solidità imprenditoriale e finanziaria della ditta e sul suo «certificato di origine» ha segnalato alcune anomalie ritenute di notevole interesse investigativo. Il capitale sociale non risulterebbe avere una provenienza trasparente. Sarebbe originata, secondo voci raccolte dagli
stessi apparati investigativi a San Cipriano d’Aversa, da una consistente vincita al lotto. Né risulterebbe lineare la trasformazione dell’impresa da società a responsabilità limitata a Spa.

La società, indicata espressamente come «vicina al clan Zagaria» per conto del quale effettuerebbe operazioni di riciclaggio, at
tualmente è costituita da Luigi Fontana, di Casapesenna, e dai figli Elvira e Nicola. Il collegamento con la famiglia Zagaria sarebbe un consorzio, il Cogeimtec, del quale risulta essere socio il cognato di Michele Fontana, lo «sceriffo» cugino di Michele e Pasquale Zagaria che per loro conto, gestiva i rapporti con la Regione Campania all’epoca degli appalti per l’Alifana, e con Imma Capone, imprenditrice e camorrista, uccisa qualche anno fa in un agguato.

Se quanto emerso dalle prime indagini dovesse essere confermato, la «Fontana Costruzioni spa» avrebbe preso il posto, in buona sostanza, della costellazione di imprese casalesi che tra il 2003 e il 2006 avevano stretto rapporti con le pubbliche amministrazioni emiliane, tentato di mettere le mani sulle Grandi opere infrastrutturali e reinvestito in Lombardia. E che ora avrebbero cercato di ripartire, con nel 1984, dal cemento del dopo terremoto
.

Ps: la società Fontana Costruzioni risulta essere l'artefice della costruzione di numerosi alloggi nei quartieri di Soccavo e Chiaiano. Inoltre è responsabile della riqualificazione urbana di Ponticelli, sempre per conto del Comune di Napoli.

Le fiamme divorano la Campania

E' da ore che un vasto incendio sta interessando il Parco Nazionale del Vesuvio. La grossa macchia di fumo era oggi visibile da qualunque angolazione si guardasse il massiccio vulcanico. In fumo sono cinque ettari, ma non è l'unico incendio che sta interessando la Campania. Sono 39 gli incendi boschivi che hanno interessato la Regione, la più colpita da questo fenomeno. A questi si aggiungono i continui roghi di rifiuti tossici che appestano le Province di Napoli e Caserta. Proprio il 7 settembre, al Centro Direzionale, è andato in fumo un cumulo di rifiuti. Queste le immagini dell'incendio.



Riguardo il grosso incendio che ha interessato l'area adiacente al centro commerciale Campania, più di una persona riferisce che quanto comunicato dal TGR su Raitre, ovvero che l'ipermercato fosse stato evacuato, è una falsità. Anzi, molti riferiscono che non v'erano forze dell'ordine nelle vicinanze e che tantissime autovetture sono rimaste imbottigliate per ore tra i fumi tossici sprigionati dal rogo.



Disinformazione e indifferenza uccidono la nostra Regione. L'associazione "La Terra dei Fuochi" sta organizzando una manifestazione per chiedere alle autorità di porre fine allo scempio ambientale in atto in Campania.

lunedì 10 agosto 2009

Cronaca di una strana e"maledetta" estate


Riportiamo di seguito l'articolo de "Il Mattino" di sabato 8 agosto che racconta l'ennesimo"incidente" avvenuto sulle spiagge della Campania,con sversamento in mare di liquami. Protagonista questa volta è la spiaggia di Marina di Puolo a Sorrento.
Passamo alla cronaca:
"SORRENTO (8 agosto) - Impianto fognario sovraccarico, liquami sull’arenile, inevitabile il divieto di balneazione per un tratto del litorale di Marina di Puolo, il borgo che congiunge il territorio di Sorrento a Massa Lubrense. Un altro duro colpo all’immagine turistica della zona.
Ieri mattina, attorno alle 10, un guasto alla pompa di sollevamento ha scaricato sulla spiaggia una scia maleodorante che si è riversata in mare, a poca distanza da lettini e ombrelloni occupati dai bagnati. Bambini, ma anche adulti ed anziani hanno continuato a fare il bagno in mare come se niente fosse. Almeno fino a quando, nel primo pomeriggio, il sindaco di Sorrento Marco Fiorentino, non ha inviato gli agenti della polizia municipale per installare i cartelli del divieto di balneazione e di interdizione della parte di arenile interessata dallo sversamento, sancito da una apposita ordinanza. Il provvedimento, come spiega l’assessore comunale all’Ambiente, Rosario Fiorentino, «resterà in vigore fino a quando l’Arpac non avrà effettuato le analisi sulle acque e non sarà bonificata la spiaggia».
(...)I tecnici della Gori, la società che gestisce l’impianto, si sono fatti attendere circa quattro ore prima di effettuare un sopralluogo. Il loro intervento ha consentito di riattivare la pompa di sollevamento arginando l’ulteriore fuoriuscita dei liquami.
«È assurdo che per un semplice interruttore scattato vengano sversati reflui lungo una spiaggia piena di bagnanti», sottolinea Claudio D’Esposito, presidente del Wwf penisola sorrentina, accorso sul posto per prelevare un campione di acqua di mare da sottoporre alle opportune analisi.
(...)l sindaco Marco Fiorentino avverte i vertici dell’azienda che «ci si riserva di segnalare quanto accaduto alle autorità competenti per ogni genere di responsabilità: lamento in genere lo scadimento della qualità e l’intempestività degli interventi».

La cronaca
parla da sola,si tratta dell'ennesimo episodio di "cattiva amministrazione",anche se dopo tutto ciò che è accaduto questa estate in Campania qualche dubbio in più sorge spontaneo.
L'estate 2009 in molte parti della nostra regione è stata davvero tragica per bagnanti e operatori turistici che in alcune zone lamentano cali di presenze comprese intorno all'80%.
Tutto è iniziato alla fine di giugno,quando,a causa della protesta dei dipendenti della Hydrogest,società che gestisce l'impianto di depurazione di Cuma,i liquami provenienti dalle fognature sono stati sversati direttamente in mare senza essere trattati.
Di conseguenza il sindaco di Monte di Procida ha emesso il divieto di balneazione,salvo poi ritirarlo pochi giorni dopo,visto che le analisi effettuate dall'Arpac hanno dato esito negativo.
Troppo tardi. La bomba era ormai esplosa.
Rapidamente si diffondono voci,del tutto infondate, che il mare non è balneabile nemmeno a Bacoli e Pozzuoli;si vocifera di bambini morti,di bolle dalle quali fuoriescono vermi,di topi in mare, di resti umani ritrovati nelle acque e qualcuno ha addirittura parlato di una donna gravida che avrebbe partorito un animale!
Insomma tutte storie degne del migliore film di fantascienza. Ormai però la paura la fa da padrona e l'ignoranza della gente è tanta,così come la disinformazione.
A risentirne non è solo l'immagine dell'area domitio-flegrea,ma anche le isole di Procida e Ischia.
Passa poco tempo ed ecco servito il secondo colpo. Questa volta lo scenario è quello di Bacoli,ma non le spiagge di Miseno-Miliscola ormai deserte,ma il piccolo spazio di mare di Marina Grande,che nel frattempo era stato invaso dai bagnanti restii a fare il bagno nelle acque di Miseno. Proprio quando questo piccolo porticciolo è affollato di bagnanti avviene la" accidentale" rottura di una pompa di sollevamento e così i liquami finiscono in mare.
proprio come è accaduto oggi ,ad una ventina di giorni di distanza,a Marina di Puolo. Cambia solo lo scenario che questa volta è la penisola sorrentina,che era stata solo parzialmente colpita dal ciclone scatenatosi in seguito allo sciopero dei dipendenti del depuratore di Cuma.
Tutta la Campania è stata colpita .Quello che dovrebbe essere il settore trainante nella nostra terra,il turismo,è in ginocchio.

Ma cosa c'è dietro tutto questo?
Difficile credere che si tratti di "incidenti" avvenuti per caso contemporaneamente e dovuti solo all'inefficienza delle amministrazioni locali e regionali.

Non c'è dubbio che i Comuni,le provincie e la Regione in questi anni non hanno fatto il loro lavoro e che quindi hanno delle gravissime colpe,perché non hanno ammodernato gli impianti,hanno sperperato i fondi che sono arrivati negli ultimi venti anni e non hanno investito nel sistema,ma non può essere solo questo. Molti sono le ipotesi formulate dalla gente, c’è chi parla di interessi della camorra che possiede piscine e acquapark,chi invece sostiene che sono le stesse amministrazioni comunali che creano volutamente questi problemi per cercare di ottenere soldi e finanziamenti dal governo e dalla regione,c’è infine l’ultima ipotesi legata ad un mega progetto denominatoWaterfront”...

Se due indizi sono una prova...

mercoledì 5 agosto 2009

Bankitalia, al Sud costo della vita è meno caro del 16-17%


Nel Mezzogiorno la vita costa il 16-17% in meno rispetto alle regioni del Centro e del Nord.Lo dice la Banca d'Italia in uno studio pubblicato oggi che fa riferimento a dati del 2006."Nelle regioni meridionali il livello dei prezzi è del 17% inferiore a quello del Centro Nord", dice Bankitalia;"oltre due terzi del differenziale di prezzo complessivo sono spiegati dalle spese per l'abitazione (al Sud il costo degli affitti è pari a circa il 60 per cento di quello del Centro Nord, a parità di caratteristiche qualitative degli immobili), il 14% dalle spese per servizi, il 10% dagli alimentari e il 3% dall'arredamento", aggiunge.
Una situazione analoga si riscontra solo in Germania dove,afferma Bankitalia "l'ordine di grandezza dei divari di prezzo Est/Ovest appare relativamente simile a quello tra Mezzogiorno e Centro Nord in Italia. Per il complesso delle categorie di beni e servizi, il costo della vita nelle regioni della Germania Est è di circa l'11-12% più basso rispetto alle regioni dell'Ovest".
Questo studio arriva al termine di una settimana,quella trascorsa, che aveva posto l'attenzione dei media sul Mezzogiorno grazie ad uno studio della SVIMEZ che sottolineava il crescere del divario tra Nord e Sud del paese.
Se al Sud la vita costa di meno è altrettanto vero che il Sud non ha gli stessi servizi del Nord, infatti come spiega il rapporto SVIMEZ,"la qualità dei servizi pubblici essenziali, come giustizia, sanità, istruzione, trasporti, lavori pubblici, servizi locali, è al Sud molto bassa e inferiore al resto del Paese;ciò ha rilevanti ricadute sulle condizioni di vita dei cittadini e sul funzionamento dell’economia, limitando fortemente sia gli investimenti stranieri che quelli delle grandi società pubbliche."
Al Sud inoltre gli stipendi sono molto più bassi di quelli del Nord Italia,basta pensare che nel Mezzogionrno "il tasso di occupazione è sceso al 46,1%,che il tasso di disoccupazione giovanile è il più alto d'Europa"e che" Il 50% dei giovani che scelgono di restare al Sud non arriva a 1000 euro al mese, mentre il 63% di chi è partito dopo la laurea guadagna tra 1000 e 1500 euro e oltre il 16% più di 1500 euro."
Insomma al Sud la vita sarà anche meno cara,ma non per questo migliore...

venerdì 31 luglio 2009


Mentre continuano le polemiche sul mancato impegno del governo per risolvere i problemi del Sud e mentre Tremonti annuncia che per il Sud è pronto un “piano Marshall” pubblichiamo la terza parte della nostra sintesi sul rapporto della SVIMEZ sullo stato del mezzogiorno. In questa terza e ultima parte sono affrontate l’analisi delle politiche della P.A.,le politiche per lo stato sociale,le politiche contro la criminalità e tutto quanto riguarda popolazione,scuola, mercato del lavoro,migrazioni.
  • Le politiche della P.A.
La qualità dei servizi pubblici essenziali, come giustizia, sanità, istruzione, trasporti, lavori pubblici, servizi locali, è al Sud molto bassa e inferiore al resto del Paese. Ciò ha rilevanti ricadute sulle condizioni di vita dei cittadini e sul funzionamento dell’economia, limitando fortemente sia gli investimenti stranieri che quelli delle grandi società pubbliche. In alcune zone ciò è aggravato dall’influenza della criminalità organizzata. Per di più le liberalizzazioni, le privatizzazioni, la riforma dei servizi pubblici locali e i processi di decentramento hanno finito per ampliare il divario tra Settentrione e Mezzogiorno. Una forbice, quella tra le due “Italie”, che non è solo connessa a vincoli di bilancio, ma a vere e proprie inefficienze di organizzazione e gestione dei flussi finanziari.L’indice del buon governo, è diverso dal Centro Nord al Sud, dove è più basso del 30%.Per quanto riguarda ad esempio le imprese municipali mentre quelle del Centro Nord fanno utili in media di oltre mezzo milione quelle meridionali accusano perdite pari a più di 260mila euro,pur avendo un numero maggiore di dipendenti: ciò deriva dall’inefficienza di tali aziende e dalla eccessiva commistione tra politica a gestione. Per progettare e affidare i lavori di un’infrastruttura poi sono necessari in Italia 900 giorni, risultanti dalla media di diversi valori regionali: dai 583 in Lombardia e 693 in Emilia ai 1.100 giorni della Campania e 1.582 della Sicilia.Permane una diffusa critica dei cittadini per la qualità di alcuni servizi socio assistenziali, in particolare i ricoveri ospedalieri: nel Mezzogiorno neppure il 19% dei malati è soddisfatto, a fronte del 45% del Centro-Nord, e lo si vede dal dato relativo al tasso di emigrazione dai nosocomi del Sud verso quelli del Nord, pari al 10,7%.
L
a necessità di rilanciare gli interventi di politica nazionale e regionale di sviluppo riporta inevitabilmente al nodo critico irrisolto e mai affrontato in modo sistemico della riforma della Pubblica Amministrazione. Come accaduto nelle esperienze straniere di maggior successo, essa permetterebbe di rimettere in circolo riserve di produttività compresse da dispositivi normativi e dal conformismo dei comportamenti burocratici. Sino ad ora nel nostro Paese i tentativi di intervento hanno mostrato una sostanziale inefficacia. Al tempo stesso, si trascina irrisolta al Sud ancor più che al Nord la questione dei rapporti tra poteri politici e poteri amministrativi; da qui la continuità di un rapporto di sudditanza del dirigente pubblico al potere politico.

  • Popolazione,scuola e mercato del lavoro,migrazioni

Nel 2030 il Mezzogiorno avrà una popolazione ridotta e invecchiata. Al Sud il flusso di immigrati non basterà a compensare il calo degli attivi meridionali: qui tra il 2008 e il 2030 infatti la forza lavoro perderà circa 2,2 milioni di persone, a fronte di 150 mila nuovi stranieri. Oggi i giovani sotto i 20 anni sono il 21,5% della popolazione e gli over 65 il 18%. Tra trent’anni i giovani sotto 20anni scenderanno al 17%, e avrà meno di 40 al Sud il 36% della popolazione (oggi è quasi il 50%); gli ultrasessantacinquenni cresceranno del 65% e la quota degli ultraottantenni raddoppierà dall’attuale 5% al 10%. Conseguenze: un deficit di forza lavoro locale e una necessaria modifica degli stili di consumo e della gestione del welfare. Nel 2008 il Centro-Nord ha registrato un tasso di natalità leggermente superiore a quello del Sud: 9,7‰ contro 9,6‰. Per quanto riguarda la mortalità, la media meridionale è dell’8,9‰, mentre al Centro-Nord il 10,1‰. Quasi il 90% degli stranieri residenti, pari a circa 3 milioni, si concentra nelle regioni del Centro- Nord, mentre al Sud sono poco meno di 430 mila unità.Per quanto riguarda il lavoro,gli occupati crescono al Centro-Nord di 217 mila unità, mentre scendono di 34 mila nel Mezzogiorno. Risultati positivi per il terzo anno consecutivo per Molise (1,6%), Puglia (0,3%) e Abruzzo (3,2%). Crollano gli occupati soprattutto in Campania (-2,2%) e Calabria (-1,2%), mentre flessioni più contenute si rilevano nelle Isole (-0,6% e –0,3% in Sicilia e Sardegna). In Campania tiene solo l’agricoltura (+4,3%), mentre cala l’occupazione nell’industria (-2,8%) e nei servizi (-1,4%).Nel 2008 il tasso di disoccupazione nazionale è salito al 6,7% rispetto al 6,1% del 2007. I disoccupati sono aumentati più al Centro-Nord (+15,3%) che al Sud (+9,8%). Nella classe di età 15-24 anni la disoccupazione è arrivata al 14,5% al Centro-Nord e al 33,6% al Sud. Qui crescono anche i disoccupati di lunga durata (sono il 6,4%del totale, erano il 5,9% nel 2007). All’Italia spetta il non invidiabile primato del tasso di disoccupazione giovanile più alto in Europa, di cui è responsabile soprattutto il Mezzogiorno. Nel 2008 solo il 17% dei giovani meridionali in età 15-24anni lavora, contro il 30% del Centro-Nord. Viceversa, il tasso di disoccupazione nella classe 25-34 anni è al Sud del 16,6% contro il 5,5% dell’altra ripartizione.Nel 2008 in Italia i lavoratori in nero sono stimati in 2 milioni 943 mila, l’11,8% del totale. Nel 2008 al Sud è irregolare 1 lavoratore su 5, pari in valori assoluti a 1 milione 300mila persone. A livello territoriale la regione più “nera” è la Calabria, con il 26% di manodopera irregolare

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Migrazioni
Caso unico in Europa, l’Italia continua a presentarsi come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni. Le campagne meridionali si spopolano, ma non a vantaggio delle vicine aree urbane. I posti di lavoro del Mezzogiorno sono in numero assai inferiore a quello degli occupati. Ed è la carenza di domanda di figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale spinta all’emigrazione.
Tra il 1997 e il 2008 circa 700mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno.
Nel 2008 il Mezzogiorno ha perso oltre 122mila residenti a favore delle regioni del Centro-Nord a fronte di un rientro di circa 60 mila persone. Riguardo alla provenienza, oltre l’87% delle partenze ha origine in tre regioni: Campania, Puglia, Sicilia. L’emorragia più forte in Campania (-25 mila), a seguire Puglia e Sicilia rispettivamente con 12,2 mila e 11,6 mila unità in meno. Nel 2008 sono stati 173.000 gli occupati residenti nel Mezzogiorno ma con un posto di lavoro al Centro-Nord o all’estero, 23 mila in più del 2007 (+15,3%). Sono i pendolari di lungo raggio, cittadini a termine che rientrano a casa nel week end o un paio di volte al mese. Sono giovani e con un livello di studio medio-alto: l’80% ha meno di 45 anni e quasi il 50% svolge professioni di livello elevato. Il 24% è laureato. Non lasciano la residenza generalmente perché non lo giustificherebbe né il costo della vita nelle aree urbane né un contratto di lavoro a tempo. Spesso sono maschi, singles, dipendenti full time in una fase transitoria della loro vita, come l’ingresso o l’assestamento nel mercato del lavoro. Le regioni che attraggono maggiormente i pendolari sono Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio. Da segnalare però la crescita dei pendolari meridionali verso altre province del Mezzogiorno, pur lontane dal luogo d’origine: 60mila nel 2008 (erano24mila nel 2007). In calo i lavoratori meridionali all’estero: -4%, arrivando nel 2008 a 11mila 700 persone.
Lauree studi- Dal 1992 al 2004 i laureati meridionali che hanno studiato al Nord e lì sono rimasti sono arrivati a toccare il 67% del totale. In base a dati Istat, nel 2004 (gli ultimi disponibili) 24.700 meridionali sono andati a studiare al Centro-Nord a fronte di un dato inverso davvero irrisorio (meno dell’1% del totale). Il 95,7% dei laureati settentrionali, infatti, lavora nel luogo in cui ha studiato. Riguardo all’occupazione, nel 2007 su 96mila laureati meridionali 33mila erano disoccupati (il 78% residente al Sud), e dei 62mila occupati, 26mila lavoravano al Centro-Nord. In vistosa crescita le partenze dei laureati “eccellenti”: nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti; tre anni più tardi la percentuale è balzata a quasi il 38%. Riguardo all’occupazione, nel 2007 su 96mila laureati meridionali 33mila erano disoccupati (il 78% residente al Sud), e dei 62mila occupati, 26mila lavoravano al Centro-Nord.
Nel Mezzogiorno le debolezze della rete formativa italiana si associano ad un contesto produttivo debole e ad un sistema sociale sostanzialmente bloccato, impedendo così ai progressi quantitativi realizzati nei tassi di istruzione di tradursi in sviluppo economico e civile. Il mancato superamento dei vincoli costituiti da un apparato produttivo debole e da un sistema sociale bloccato, nonostante i progressi nella formazione scolastica universitaria, condanna il Mezzogiorno al ruolo di fornitore di risorse umane qualificate al resto del Paese e i suoi migliori giovani a cercare altrove le modalità per mettere a frutto le proprie competenze e realizzare i propri sogni.

  • Politiche per lo stato sociale

La quota di Pil destinata alla protezione sociale nei 25 Paesi dell’Unione Europea è pari mediamente al 27%, in Italia è solo lievemente più contenuta, 26,6%, ma comunque lontana da nazioni come la Francia, la Svezia, il Belgio. Vi sono tuttavia differenze tra Nord e Sud Italia,nel Centro-Nord essa è infatti pari a 7.200 euro per abitante a fronte dei 5.600 euro del Mezzogiorno.La spesa per le pensioni è fortementesperequata sotto il profilo territoriale, in quanto il 68,6% è erogato al Centro Nord,che assorbe il 72,4% delle risorse, mentre ai pensionati meridionali va il 31,3%, che equivale a una quota di risorse del 27,6%.Non solo, ma complessivamente al Sud i pensionati di vecchiaia che hanno versato i contributi e percepiscono meno di 1.000 euro al mese, sono il 50%; il 40% nel Centro-Nord.
In Italia è il 27% dei soggetti in pensione a non riuscire a raggiungere la soglia del minimo vitale, la maggiore parte dei quali risiede al Sud
.
In Italia è ancora irrisolto il problema di come finanziare maggiori aiuti economici ai lavoratori espulsi dal processo produttivo e ad assicurare un minimo di sussistenza ai più poveri. La SVIMEZ, utilizzando il modello MICROREG dell’IRPET, ha condotto una simulazione per valutare, il costo dell’introduzione di una forma di reddito di ultima istanza in grado di riportare il reddito familiare al di sopra della soglia di povertà assoluta. L’esercizio condotto ha valutato in circa 2 miliardi di euro il costo di un intervento universale in grado di far uscire tutte le famiglie dalla condizione di povertà, assicurando il differenziale tra il reddito percepito e la soglia definita dall’ISTAT. Il costo di tale intervento, che renderebbe il nostro sistema di protezione sociale più omogeneo al modello prevalente negli altri Paesi europei, se confrontato con quello di misure recenti come l’abolizione dell’ICI sulla prima casa, non appare incompatibile con gli equilibri di finanza pubblica.

  • Politiche contro la criminalità

Sono le famiglie settentrionali a dichiarare di sentirsi più insicure di quelle meridionali: nel 2008 sono state il 37,5% rispetto al 35,2%. A livello regionale le differenze sono molto elevate: più a rischio i nuclei campani (53,6%, la percentuale più alta a livello nazionale) e pugliesi (36,5%), mentre si sentono più sicure le famiglie molisane (16,7%) e lucane (11,8%).
La ‘ndrangheta
- Radicata in Calabria, ma ormai presente in tutto il mondo, è ormai diventata leader nel traffico mondiale di droghe (soprattutto cocaina), ma forte anche nelle estorsioni, usura e traffico di armi. In Italia, la ‘ndrangheta ha notevoli interessi anche Milano, Brescia, Roma e in Piemonte. Nel 2007 secondo l’Eurispes il suo fatturato è stato di 44 miliardi di euro, pari al 2,9% del Pil italiano.
Cosa Nostra
- La mafia siciliana, dopo gli arresti eccellenti degli ultimi anni, sta vivendo una fase di assestamento e riorganizzazione interna. Essa sta però mostrando una grande capacità di mantenere intatta la sua vitalità e pericolosità. Sono i mercati ortofrutticoli, le sale da gioco e soprattutto la grande distribuzione alimentare le nuove frontiere del business mafioso; attività che si aggiungono a quelle tradizionali dell’estorsione e dell’inserimento nei pubblici appalti. L’esistenza di numerose attività criminali si è segnalata anche a Modena e a Genova.
La camorra
- “Specializzata” in traffico di stupefacenti, estorsioni, racket, gioco d’azzardo e usura, negli ultimi anni la camorra ha visto crescere il core business soprattutto nell’offerta di servizi alle imprese, approfittando anche della domanda di abbattimento dei costi da parte di imprese legali. Con lo smaltimento illegale dei rifiuti, le fatturazioni “truccate”, l’espulsione di imprese “non gradite” nella gestione di impianti, la camorra influenza in modo determinante l’economia campana.
Sacra Corona Unita
- Fortemente ridimensionata dall’azione di contrasto operata dalle Forze dell’ordine negli ultimi anni, la “Sacra Corona Unita” resta concentrata nel traffico di stupefacenti, armi e clandestini. Fuori regione è operativa soprattutto in Lombardia e nella vicina Basilicata.
I beni confiscati
- Dal 1982 (anno in cui fu istituita la legge Rognoni-La Torre) ad oggi sono stati 8.446 gli immobili confiscati in Italia; di questi, il 40% risulta ancora in gestione al Demanio, l’8% è stato destinato ma non consegnato e solo il restante 52%, pari a 4.372 immobili, destinato e consegnato. Il 47% del totale degli immobili confiscati si concentra in Sicilia, dove però ben 2.243 beni (il 57% del totale) è ancora in mano al Demanio. Riguardo alle regioni del Centro-Nord, i beni confiscati sono 102 in Piemonte, 610 in Lombardia e 328 nel Lazio. Tra il 2007 e il 2008 si è assistito ad una forte accelerazione (+70% a livello nazionale) del numero di immobili destinati ai differenti enti per il loro riutilizzo; l’aumento più vistoso si rileva in Calabria (197%), seguita dalla Campania (112%) e dalla Lombardia (191%). Per quanto riguarda le aziende, le confische operate dalle forze dell’ordine ammontano a 1.139, di cui 935 (pari all’82%) risulta già destinato, a testimonianza degli importanti passi avanti compiuti soprattutto negli ultimi anni. Va però segnalato che solo meno della metà delle aziende consegnate risulta realmente utilizzata e che delle 204 aziende che sono ancora in carico dell’Agenzia del Demanio solo il 10% ha ancora personale e porta avanti una attività produttiva.

I misteri di Walter Ganapini

Dalle trattative segrete tra mafia e Stato in Sicilia ai presunti coinvolgimenti dei servizi segreti e della Presidenza della Repubblica nello scandalo rifiuti in Campania, stando alle parole dell’assessore regionale all’ambiente Walter Ganapini, registrate di nascosto durante un incontro con le associazioni ambientaliste l’anno scorso. Ganapini tuttavia si è affrettato a smentire tutto.

L’assessore regionale all’ambiente Walter Ganapini, ex presidente di Greenpeace e membro della sezione Ambiente in Europa, è in questi giorni al centro di una vicenda dai contorni oscuri e tutti da chiarire. Autore di coraggiose denunce, fra cui un video rilasciato su Youtube dove accusa il governo di non aver fronteggiato correttamente l’emergenza rifiuti in Campania, oggi è il principale firmatario di un accordo che avvantaggerà i cementifici di aziende coinvolte in delicate inchieste giudiziarie. Cementir, Moccia e Italcementi potranno infatti utilizzare i CDR a norma, ovvero i rifiuti impacchettati dagli omonimi impianti, come bio-carburante per il ciclo del cemento, aggirando così tutta una serie di normative europee in materia. Un peso sulle tasche e soprattutto sulla salute dei cittadini. Una metamorfosi questa dell’assessore che forse può avere a che fare con le intimidazioni subite nei mesi passati, ma partiamo con ordine.


Il 6 gennaio del 2008, durante i giorni caldi della rivolta antidiscarica di Pianura a Napoli, Ganapini (non ancora assessore) rilasciò un’intervista al Manifesto in cui denunciava la chiara commistione tra le lobby dell’energia e la politica riguardo l’emergenza rifiuti in Campania. La prima di una serie di denunce che lo porteranno in seguito ad assumere una posizione sempre più radicale, fino a bollare le misure intraprese dal governo Berlusconi come "chiaramente a favore degli inceneritoristi". Ma la vicenda centrale che riguarda Walter Ganapini si chiama "Parco Saurino". Il sito, secondo l’assessore, ospitava una vasca in grado di accogliere per parecchio tempo tutti i rifiuti campani, permettendo così la realizzazione di una corretta filiera del riciclaggio tramite l’utilizzo di impianti, attrezzature e piani di smaltimento già pronti da tempo in Campania. Tuttavia il governo preferì portare la monnezza a Chiaiano, espropriando cave appartenenti a uomini dei clan ed una in particolare appartenente alla solita Impregilo. Di Parco Saurino non se ne fece più nulla, anche a causa di un’inchiesta giudiziaria che portò al sequestro del sito. Ma negli ultimi giorni un video caricato su Youtube ha di fatto riaperto il caso; la voce di Ganapini viene registrata di nascosto durante un incontro con le associazioni ambientaliste tenutosi nel mese di luglio dell’anno scorso. L’assessore rivela di essere stato chiamato per due volte dal capo dei servizi segreti, che gli avrebbe urlato del coinvolgimento della Presidenza della Repubblica nella vicenda di Parco Saurino. Rivela inoltre di essere stato tamponato in autostrada e di aver subito un tentativo di aggressione da parte di quattro individui col volto coperto da caschi in Piazza del Gesù, nel pieno centro storico di Napoli. Si dice infine ansioso di voler conoscere un certo Isidoro Perrotta, il tecnico di Casal di Principe che rilasciò il parere al prefetto Alessandro Pansa che consentì a quest’ultimo di cancellare la discarica.



L’audio caricato su Youtube non è comunque quello integrale, che dovrebbe essere pubblicato a breve sul sito wikileaks.org, ma ha già suscitato le prime reazioni da parte dei giornalisti e dei politici. Il quotidiano "La Repubblica" di Napoli è stato il primo a rendere nota l’esistenza della registrazione audio, seguito anche da altre testate che hanno mostrato interesse. Perfino un blog tedesco ha deciso di dare risalto alla notizia. Ma la risposta di Ganapini è stata inaspettata: a suo dire l’audio è un falso, prodotto con vari spezzoni riuniti secondo un ordine preciso, e anche un illecito, perchè realizzato a sua insaputa e dunque privo di fondamento. Accuse gravi e tutte da dimostrare, soprattutto quando si riserva di non fare alcuna menzione delle minacce ricevute in Piazza del Gesù, soffermandosi semplicemente sulla presunta falsità della registrazione, su cui la Procura ha intenzione di aprire un’indagine. Reazioni "soft" anche da parte di Tommaso Sodano e Amato Lamberti, che si sono limitati ad attendere ulteriori sviluppi sulla vicenda. Quello che attendiamo anche noi, nella fragile speranza di avere i nomi e i cognomi dei colpevoli del disastro Campania.

giovedì 30 luglio 2009

Guasto al depuratore di Cuma

Si ricomincia! Il depuratore di Cuma ha subito un nuovo guasto, stavolta alle pompe di sollevamento, che ha causato la fuoriuscita di liquami per 4 ore consecutive. La reazione della gente del posto non si è fatta attendere: è stata depositata presso i carabinieri una denuncia per disastro ambientale. L'area interessata arriva fino a Punta Epitaffio, nei pressi di Baia.

Un nuovo allarme inquinamento, l'ennesimo. Da anni avvengono questi episodi, ma soltanto ora i media stanno dando risalto alla vicenda. Si attendono frattanto i risultati dei test delle acque flegree da parte dei ragazzi del blog FreeBacoli.

martedì 28 luglio 2009

Gli operai dell'Atitech senza lavoro

Da diverso tempo la protesta dei lavoratori dell'Atitech di Capodichino va avanti, ma è in questi giorni che si sta giocando il tutto per tutto. Niente stipendi per luglio e azienda da chiudere il 31. Gli operai hanno manifestato il loro dissenso bloccando la rotonda dell'aeroporto, ma sono pronti ad occupare il check-in, affinchè arrivino risposte certe sul loro futuro. Una lotta per il lavoro che coinvolge non solo l'Atitech, ma tante altre aziende che rischiano di chiudere, come la Tirrenia o la Fiat di Pomigliano d'Arco.

La verità è che l'Alitalia patriottica di Berlusconi è un pacco e questo è il risultato. I lavoratori dell'azienda si fecero già sentire quando, in pieno scandalo Noemi, il Cavaliere di Arcore giunse a Napoli per la sua consueta visita, aspettandosi di trovare il solito gruppetto di militanti del PDL con i cartelli "Silvio Santo Subito". Invece si trovò assediato dai disoccupati organizzati e dai lavoratori della Tirrenia, della Fiat di Pomigliano e dell'Atitech. Questi ultimi vennero anche caricati dai carabinieri sotto l'entrata della Galleria Umberto che dà sul Teatro San Carlo, dove Berlusconi era atteso.

Che dirà Berlusconi? Che la colpa è della crisi e della gente che non consuma? Scusa vecchia per nascondere le inefficienze delle istituzioni e delle aziende italiane.

Sempre più a ..Sud (Parte II)


Nella seconda parte del nostro viaggio alla scoperta del rapporto presentato dalla SVIMEZ il 16 luglio 2009 sulle condizioni del mezzogiorno,analizzeremo i punti del rapporto che rispettivamente riguardano le politiche di finanza pubblica,le politiche infrastrutturali e le politiche creditizie.

  • Le politiche di finanza pubblica

Attualmente il Sud ha un livello di spesa pubblica pro capite più basso rispetto al Centro Nord, anche non considerando la spesa previdenziale che è più elevata laddove ci sono maggiore occupazione e retribuzioni più alte: non è esatto, quindi, sostenere che vi sia un eccesso di spesa nel Mezzogiorno. La spesa pubblica pro capite nel Mezzogiorno è stata nel 2007 pari a 10.490 euro, inferiore rispetto ai 12.300 euro pro capiti del Centro Nord .
Le risorse di competenza assegnate dalla Finanziaria al FAS (4.543 milioni di euro) hanno subito nel corso dell’anno importanti tagli, per un ammontare di 1.581 milioni di euro. Le risorse complessivamente disponibili, comprensive dei residui passivi all’inizio dell’anno e al netto dell’accantonamento disposto dalla Finanziaria 2007, sono state pari a 6.720 milioni.
E’ difficile sostenere che il Mezzogiorno goda di un eccesso di risorse o che spenda troppo;occorre piuttosto valutare la capacità ed efficacia di tale spesa. Anzi, le Regioni meridionali hanno un livello di spesa pubblica, sia corrente che in conto capitale, inferiore alle altre nonostante i finanziamenti aggiuntivi ad esse destinati, che in realtà diventano così sostitutivi e servono a coprire le ordinarie esigenze di dotazione di capitale e di sostegno agli investimenti.

  • Le politiche infrastrutturali

In linea generale è necessari dire che per quel che riguarda gli investimenti infrastrutturali del Settore Pubblico Allargato,questi sono cresciuti al Centro Nord dell’17,8% e al Sud del 6,9%.
Analizziamo ora punto per punto i vari settori delle infrastrutture:
Autostrade
- La rete stradale nel Mezzogiorno presenta un indice di diffusione in linea con la media nazionale, ma è costituita prevalentemente da strade con caratteristiche non autostradali.
Ferrovie
- Al Sud la dotazione è minore e la qualità modesta. Ad esempio solo il 7,8% delle linee ad alta velocità, cioè il tratto campano Roma-Napoli, risulta localizzato nel Mezzogiorno. L’offerta di servizi ferroviari è particolarmente modesta al Sud, dove le percorrenze dei treni (treni-km)sono soltanto il 17% del totale per le merci e il 23% per i passeggeri, un valore non diverso dalla situazione di dieci anni fa.
Porti
- Nel Mezzogiorno i porti sono numerosi ma la maggior parte è di piccola dimensione e orientata al transito passeggeri. Ciò che limita maggiormente il potenziale sviluppo dei porti è la carenza dei centri intermodali. Nel Mezzogiorno l’indice di dotazione è pari ad appena un ventesimo del totale nazionale.
Aeroporti -
Il livello degli aeroporti nelle regioni meridionali è accettabile, pur mancando scali in Molise e Basilicata. La criticità più forte è data ancora una volta dalla carenza di collegamenti. Nessun aeroporto del Mezzogiorno, ad eccezione di Palermo, ad esempio è collegato con un stazione ferroviaria
Acqua -
A livello nazionale circa 1/3 dell’acqua immessa in acquedotto viene dispersa. Nel Mezzogiorno la situazione si fa ancora più critica, con il 37% dell’acqua sprecata. In testa alla poco invidiabile classifica la Puglia, con oltre il 46% di dispersione, seguita da Sardegna (43%) e Abruzzo (41%). Praticamente in Puglia su 308 metri cubi d’acqua pro capite (dati 2005) immessi nelle tubature solo 165 arrivano a destinazione. Se a livello nazionale solo il 3,2% della popolazione non dispone di acque depurate la percentuale sale al Sud, arrivando al 7% in Calabria e addirittura all’11,5% in Campania.In Sicilia il 3% della popolazione è priva di fognature, il 3,6% in Puglia, mentre tale servizio è presente in tutte le altre regioni.
Energia
- La dotazione di reti di energia elettrica è al Sud molto carente. Le interruzioni di energia elettrica sono ancora molto diffuse in Sicilia (il doppiodella media nazionale), Campania e Calabria. Interessante notare che la diffusione delle fonti rinnovabili vede il Sud in testa rispetto al Centro-Nord, con punte eccezionali in Molise, Calabria, Basilicata e Puglia.
Ambiente
– La gestione del ciclo delle risorse naturali al Sud nasconde una realtà molto variegata e curiosa.In dieci anni, dal 1997 al 2008 la produzione di rifiuti urbani è cresciuta nelle regioni meridionali di 1,5 milioni di tonnellate, raggiungendo quota 10,6. A produrre più rifiuti Calabria (+35%, media nazionale +22%), Abruzzo e Puglia (+27%). Nel 2007 ogni cittadino del Sud ha prodotto in media 508 kg di rifiuti.
Differenziata – A fronte di una media nazionale del 27,5% (con il Nord a 42,4%), il Sud resta lontano anni luce, fermo all’11,6%. Ma
non tutto: non mancano infatti le eccezioni come la Sardegna che è al 27,8. Ma il problema vero sono i costi, dovuti a una cattiva gestione del ciclo: la raccolta e il trasporto dell’indifferenziato costa al Sud 80 euro a tonnellata contro i 65 del Centro-Nord. Il trattamento e smaltimento spazia dai 45 euro a tonnellata della Calabria ai 99 della Campania.Situazione ancora peggiore per la differenziata: al Centro-Nord, dove si recuperano maggiori quantità di materiali, il costo medio è di 124 euro a tonnellata, al Sud poco meno del doppio, 220 euro Inoltre se dal 2003 al 2006 a livello nazionale la quantità di rifiuti speciali smaltita a discarica è passata da 19,7 a 18,2 milioni di tonnellate, il Sud ha registrato una crescita di quasi un punto percentuale, da 4,3 a 5,2 milioni di tonnellate.
Impianti – Dei 47 impianti di incenerimento it
aliani solo 7 sono nel Sud, concentrati in Sardegna e Campania. Al Sud fa da padrone lo smaltimento in discarica, con circa l’85% dei rifiuti.
Sismi, frane ed erosioni – I 5.581 comuni italiani a rischio idrogeologico secondo il Ministero dell’Ambiente si concentrano in alcune regioni: Valle d’Aosta, Umbria, Calabria, Toscana e Marche, con valori compresi tra il 100 e il 98% di sismicità. A guidare la poco invidiabile classifica la Calabria, con il 100% dei 409 comuni coinvolti, seguita dalla Basilicata (94%), Molise (89%) e Campania (86%). Il 70% dei comuni siciliani è a rischio per le frane e sono molto colpiti dal fenomeno anche Campania e Calabria.Quanto alle erosi
oni, la situazione è critica in Basilicata, con il 73% dei km di spiaggia colpiti dal fenomeno, seguita da Puglia (48%) e Calabria (34%).
Logistica
- Nel 2008 nel Mezzogiorno i volumi di traffico container sono scesi di quasi il 4% a fronte della crescita del 3% del Centro-Nord. A trainare il segno meno Cagliari (-53,2%) e Salerno (-14%). I porti meridionali perdono inoltre competitività per la mancanza di una adeguata integrazione tra traffico portuale e terrestre. Ad esempio infatti soltanto il 2% dei container al Sud viene instradato via ferrovia, rispetto al 18% del Centro-Nord (il 14% a Livorno, il 18% a Ravenna, il 23% a La Spezia e appena l’1,4% a Gioia Tauro).
Internet e la banda larga
- La diffusione della banda larga in Italia è cresciuta molto dal 2002 al 2007: in base agli ultimi dati disponibili (2005) in Italia sono presenti 7,7 milioni di km di cavi ottici, di cui 2,1 nel Mezzogiorno. Nel 2009 possiedono un personal computer poco più del 53% delle famiglie del Centro-Nord e il 45% delle famiglie meridionali,; l'accesso ad internet è presente nel 35,2% nelle famiglie meridionali e in quasi il 45,2% nelle famiglie centro-settentrionali.
Bisogna puntare su ben indiv
iduate priorità: sarebbe opportuno riorientare la spesa per le infrastrutture su poche e significative priorità, sugli interventi immediatamente realizzabili e di indubbia efficacia, su progetti che possano avere una sicura valenza meridionalistica. Occorre sfruttare il vantaggio geografico del Mezzogiorno nelle rotte tra Far East ed Europa con una strategia integrata che investa tutte le articolazioni del Paese (valichi alpini, reti ferroviarie,stradali, collegamenti ai porti e alle strutture di movimentazione e lavorazione delle merci). La concorrenza mediterranea dovrebbe indurre a sviluppare nel Sud nuove opportunità di sviluppo, come dimostra il caso eccellente dell’interporto di Nola.

  • Le politiche creditizie
Banche - Tra il 1990 e il 2001 il numero di banche presenti nell’area si è ridotto del 46% contro il 20% del Centro-Nord. Il numero di banche meridionali indipendenti, sia Spa che Banche popolari, è crollato da 100 del 1990 a 16 del 2004; negli stessi anni le banche di credito cooperativo (BCC) si sono più che dimezzate (da 213 a 111). Mentre resta forte la dipendenza del sistema bancario meridionale dal Centro-Nord. Nel 2008 il numero di banche operative nel Mezzogiorno è diminuito di 5 unità, portandosi a 223.Tra le 151 banche con sede amministrativa in una delle regioni meridionali 17 facevano parte di gruppi del Centro-Nord
Sportelli
- L’Italia è il paese con il più alto numero di sportelli per abitante in Europa dopo la Spagna, ma la loro diffusione è disomogenea e legata al diverso peso economico regionale (presenza di imprese, densità di popolazione, PIL): per esempio, dal 2001 al 2006 il numero di comuni con sportelli bancari è cresciuto in Lombardia del 21% mentre è calato del 15% in Sardegna, del 9% in Calabria e Sicilia e del 5% in Basilicata.
Accesso al credito
- Resta poi il grande problema dell’accesso al credito: al Sud dal 2004 al 2006 il 9,3% delle imprese ha lamentato difficoltà, contro il 3,8% del Nord. Dal 2007 al 2008 inoltre il tasso di crescita annua dei prestiti alle imprese è crollato al Sud dal 14,9% al 7,9% contro il calo più contenuto a livello nazionale (da 12,4% a 10,2%). A farne le spese le aziende con un numero di addetti inferiore a 20: dal 2007 al 2008 i prestiti a breve termine a piccole imprese meridionali sono crollati da 6,9 a 2,4%mentre nello stesso periodo le aziende del Centro-Nord hanno registrato una dinamica più positiva (da 2,6 a 3,1%)
Famiglie
- Nel 2008 i prestiti bancari alle famiglie del Mezzogiorno sono cresciuti quasi del 7%, in rallentamento rispetto all’anno precedente. Il calo è stato più forte nel comparto dei mutui. Crescita ancora più ridotta per i prestiti alle imprese (+5,4%, erano il doppio nel 2007), che sono stati più contenuti specialmente per le aziende di piccole dimensioni.
La “rete creditizia” meridionale risulta quantitativamente ma si rivela relativamente più fragile ed inadeguata funzionalmente ad accompagnare lo sviluppo delle imprese. Occorrerebbe individuare forme di controllo e di promozione tali da rendere la rete bancaria molto più incisiva e vantaggiosa per i sistemi produttivi locali. Potrebbe essere auspicabile la promozione da parte delle Regioni meridionali di un “osservatorio attivo” capace di dettare (e non di imporre) linee guida di comportamento nei confronti del sistema bancario. L’azione dovrebbe essere anche quella di promuovere un significativo irrobustimento di una “rete” di banche locali, premessa essenziale per avviare un nuovo e più fisiologico rapporto con la clientela.

lunedì 27 luglio 2009

Audio segreto di Ganapini: io minacciato

Un articolo che parla del video segreto di Walter Ganapini è comparso oggi sul quotidiano "La Repubblica" di Napoli. Riportiamo lo spezzone per intero:

Audio segreto di Ganapini: io minacciato Un audio di due minuti e 56 secondi. Realizzato circa un anno fa all´insaputa dell´interlocutore e da un paio di giorni on line su "YouTube". Nella registrazione, accompagnata da sottotitoli, una voce attribuita all´assessore regionale all´Ambiente Walter Ganapini racconta di aver «negoziato un giorno con il capo dei servizi segreti» sul nodo della discarica di Parco Saurino. Definisce la vicenda «un mistero della Repubblica», dice di non capire «perché Prodi si sia assunto le responsabilità che si è assunto» e sostiene di aver saputo che «si era esposta per due volte la Presidenza della Repubblica». Non solo. In un altro passaggio della registrazione audio diffusa in rete, Ganapini aggiunge di aver «abbassato il tiro» su quella vicenda, e rivela: «Nel frattempo sono stato speronato in autostrada. E in piazza del Gesù quattro individui in casco, scesi dalle moto, hanno cercato di aggredirmi nella notte. Io viaggio con le mie belle stecche perché ho la schiena che non sta in piedi da allora». Quindi afferma: «Gli avvertimenti li ho ricevuti rispetto al fatto che avevo visto qualcosa che non dovevo vedere». Mai prima d´ora Ganapini aveva fatto riferimento all´aggressione in piazza del Gesù ad opera di quattro persone con il volto coperto da caschi.

sabato 25 luglio 2009

Sempre più a...Sud (Parte I)

Il 16 luglio è stato presentato dalla SVIMEZ,l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno,il Rapporto 2009 sull’economia del meridione. Il quadro tracciato dal rapporto è a dir poco agghiacciante in quanto mostra come il paese viaggi a velocità diverse.Il rapporto però non si limita a sottolineare l’esistenza cronica di un divario tra Nord e Sud Italia ma anzi mostra come questo divario sia progressivamente aumentato negli ultimi dieci anni. Cerchiamo di analizzarlo punto per punto,facendone una sintesi. Per comodità abbiamo diviso l’esposizione del rapporto in 4 parti.
La prima parte dello studio affronta l’analisi delle politiche economiche generali e settoriali,delle politiche industriali e delle politiche di coesione e l’Europa
o Le politiche economiche generali e settoriali
Iniziamo con l’analizzare il Pil (prodotto interno lordo). Nel 2008 il Pil ha segnato nel Mezzogiorno-1,1% . Ormai da sette anni consecutivi il Sud cresce meno del Centro-Nord, cosa che non è mai successa dal dopoguerra a oggi. A livello regionale la Campania mostra una diminuzione del Pil particolarmente elevata (-2,8%), mentre le altre regioni meridionali presentano perdite più contenute. Meno colpita dalla crisi la Puglia (-0,2%). Se si raffronta il Pil per abitante tra Nord e Sud viene fuori che nel 2008 nel Mezzogiorno è stato 17.971 euro, circa il 59% del Centro-Nord (30.681 euro).
Nel 1951 nel Mezzogiorno veniva prodotto il 23,9% del Pil nazionale. Sessant’anni dopo, nel
2008, la quota è rimasta sostanzialmente immutata (23,8%). Dal 1951 al 2008 il Sud è cresciuto circa agli stessi ritmi del Centro-Nord, ma non è riuscito e non riesce a recuperare il gap di sviluppo.

Passiamo con l’analizzare i vari settori:
Agricoltura - Nel 2008 l’agricoltura meridionale ha tenuto molto più degli altri settori e
ha invertito il trend negativo iniziato nel 2005. In particolare, molto positiva è stata la
performance della Basilicata (+24%); segno meno solo in Campania (-1,8%) e Calabria (-0,8%).
Aziende agricole - Nonostante gli sforzi e i progressi degli ultimi anni le criticità
strutturali di fondo restano: la dimensione media delle aziende nel Mezzogiorno è di 6
ettari, contro i quasi 10 del Centro-Nord. Dal 2001 al 2008 la crescita della produttività agricola meridionale è stata la metà di quella del Centro-Nord (+8,9% contro +17%). A pesare ulteriormente sulla poca competitività è il costo del lavoro per unità di prodotto, che nel Sud è superiore del 38% a quello del Centro- Nord
Export - Crescono però le esportazioni: nel 2008 +9,7% al Sud, più del triplo del
Centro-Nord, con un vero e proprio boom verso i mercati extra Ue (+36%).
Industria -La recessione si è fatta sentire in modo particolare al Sud, con un calo del Pil industriale nel 2008 del 3,8%, mentre le produzioni manifatturiere hanno segnato un calo di oltre il 6%. A tirare giù l’industria meridionale soprattutto macchine e mezzi di trasporto (-10,5%), settore dei metalli e chimico-farmaceutico (-7,1%). In controtendenza invece il settore energetico, che ha segnato un rialzo dell’8,7% a causa soprattutto del calo del prezzo delle materie prime.
Occupazione industriale - Sull’industria meridionale pesa soprattutto la scarsa produttività (il divario con il centro-Nord è di oltre 22 punti percentuali) e le ridotte dimensioni delle imprese.
Immediato il contraccolpo sull’occupazione: 23mila lavoratori del comparto auto hanno perso il lavoro al Sud nel 2008. Dal 2004 al 2008 il settore manifatturiero ha espulso quasi 33mila lavoratori.).
Edilizia - La crisi non ha risparmiato il settore edile: dopo la forte crescita degli ultimi otto anni (quasi +16%), nel 2008 il Sud ha segnato un calo degli investimenti del 2% rispetto all’anno precedente. Sul fronte occupazione il Mezzogiorno ha registrato una flessione dell’1,2%, pari a 7mila lavoratori in meno, il doppio del Centro-Nord, di cui quasi 5mila lavoratori autonomi. La vera piaga del settore edile è data però soprattutto dal sommerso: secondo stime SVIMEZ i lavoratori in nero occupati nel settore sarebbero 180mila, di cui il 63% (110mila) concentrati al Sud.
Servizi e terziario - Sempre per effetto della crisi, per la prima volta dal 2000 il Pil del settore dei servizi è calato. Al Sud, dopo quattro anni di forte crescita, nel 2008 il Pil è sceso dello 0,3%, con un calo quasi del 3% nel comparto commercio. La crescita degli occupati nel settore è stata molto contenuta e al Sud ha segnato + 0,2%, pari a 10mila nuovi posti di lavoro.
Turismo - Nel 2007 nel Mezzogiorno gli arrivi e le presenze di turisti stranieri sono aumentati del 6 e del 5% rispetto all’anno precedente, a fronte del 4% e del 2,1% del
Centro-Nord. Nonostante questo, il Mezzogiorno non riesce ad esercitare sui turisti italiani e stranieri una forte capacità attrattiva, a causa di critiche difficoltà strutturali. Il turismo al Sud è soprattutto domestico, di prossimità: circa il 60% dei vacanzieri infatti proviene dalle diverse regioni meridionali, più il Lazio.Punti critici nell’attrazione dei turisti sono dati dalla scarsità di servizi e trasporti: pochi aeroporti poco collegati con voli low cost e città europee; trasporti pubblici carenti; rete ferroviaria a binario unico e sistema autostradale sotto dotato.
A differenza del passato, nel Sud oggi la crisi rischia di mordere maggiormente con effetti fortemente negativi sui consumi, investimenti e occupazione. Questo perché l’economia meridionale somma all’inversione ciclica debolezze strutturali che affondano le loro radici nel tempo. La leggera convergenza con il Centro-Nord viene raggiunta per via patologica, non con maggiore crescita, ma con perdita di popolazione. Tale dinamica è in controtendenza con quanto avviene nelle aree deboli nel resto dell’Europa.

Ogni anno,nel quinquennio 2002-2007, il Mezzogiorno d'Italia è cresciuto meno del resto d'Italia.

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Le Politiche industriali

Per quanto riguarda le politiche industriali lo studio afferma che In Italia nel 2007 c’è stato un crollo rispetto all’anno precedente sia del numero di domande per agevolazioni, che ha sfiorato il 76%, sia degli importi, diminuiti da 6 miliardi e mezzo a 1 miliardo e mezzo. Se al Centro Nord,le agevolazioni si sono ridotte del 27% rispetto all’anno prima,nel Mezzogiorno invece il calo è stato dell’86,5%.
Il motivo è stato il sostanziale azzeramento degli interventi per ridurre gli squilibri territoriali.
La modesta presenza delle multinazionali nell’intero sistema economico del Mezzogiorno appare fortemente penalizzante. Le perduranti difficoltà sperimentate nel corso degli anni duemila dalle piccole e medie imprese del Mezzogiorno spingono a riproporre le ragioni di una “politica industriale regionale” in grado di affrontare i fattori strutturali endogeni alla base di tali difficoltà. Il problema che bisogna affrontare è come far maturare il tessuto imprenditoriale meridionale. Che ciò possa avvenire senz’altro con il miglioramento delle condizioni del contesto civile è desiderabile, ma non dimostrato.
o Le politiche di coesione e l’Europa
La presa d’atto della scarsa efficacia della programmazione 2000-2006 ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno sta chiaramente ad indicare la necessità di una svolta sia per quanto riguarda le modalità di programmazione e la focalizzazione della spesa, sia per quanto riguarda la realizzazione degli interventi. Rispetto al percorso sin qui seguito parrebbe necessario procedere ad un più forte processo di “riforma interna” della programmazione, che, pur evitando di determinare“rotture” traumatiche che rischierebbero di ritardare la spesa e far perdere le risorse, ponga più stringenti vincoli alla frammentazione, alla dispersione territoriale, e a quell’eccesso di localismi che ha non marginalmente condizionato i risultati delle politiche.