venerdì 11 marzo 2016

Il Gioco dei Potenti tra Libia e Primarie Pd


La Storia insegna che la Politica è anzitutto l'arte del Dominio. Oggi la Politica è soprattutto Informazione, ma anche l'Informazione è Politica, quindi l'Informazione è Dominio. Se assumiamo ciò, possiamo leggere gli ultimi avvenimenti di politica estera e interna sotto una luce diversa, senza avere la presunzione di fornire una versione perfettamente aderente alla realtà, ma verosimile.


Domenica scorsa Renzi si reca da Barbara D'Urso per spiegare agli italiani i successi del suo governo e gli impegni per il futuro. L'intervista dura circa un'ora senza nessuna vera difficoltà per il premier. Un selfie tra i due chiude una memorabile giornata.


Di quella intervista i giornali estrapoleranno una frase tra le tante: "Non invaderemo la Libia". Ed era in effetti ciò che Renzi (o chi per lui) si era prefissato, non per calcolo di convenienza, ma perché si trattava di un passaggio inevitabile dopo l'uccisione dei due connazionali rapiti in Libia. La scelta di recarsi nel salotto tv più soft del già soft panorama giornalistico italiano, presso l'amico Confalonieri, ha quindi consentito al premier di tranquillizzare il pubblico di massa contrario alla guerra (a breve si voteranno referendum e amministrative) e relegare la scabrosa vicenda degli ostaggi ad un pubblico più ristretto. Un "niet" utile anche per tenere tranquillo il governo islamista di Tripoli in rapporti economici con Roma, tanto da essere risultato decisivo nella nomina del collegio sindacale di Finmeccanica voluto dal Ministero dell'Economia (fonte: l'Espresso).

L'ambasciatore John R. Phillips
Le parole di Renzi hanno però clamorosamente smentito quanto dichiarato pochi giorni prima dall'ambasciatore americano a Roma, il quale in un'intervista al Corriere aveva confermato l'impegno militare italiano in Libia, snocciolando addirittura le cifre di questo impegno, pari a cinquemila soldati. Sebbene la promessa politica di un premier sotto pressione vale quanto il due di picche, tuttavia chi ha interesse a scaricare all'Italia la guida della missione occidentale in Libia (e quindi a marchiarci con le stimmate della colpa agli occhi del mondo islamico) non avrà gradito questa mossa. Pertanto era facile attendersi la reazione contro una classe dirigente burbera ma complessivamente ossequiosa alle volontà delle èlite euro-atlantiche.

Valeria Valente
L'occasione è rappresentata dalle primarie del PD. Fanpage rivela il mercimonio del voto a Napoli, in particolare a favore della candidata renziana Valeria Valente: una pratica illecita ma frequente, che passa spesso sotto silenzio (si vedano le elezioni regionali 2015 in Campania), ma che ora diventa utile per essere utilizzata come ritorsione mediatica nei confronti del presidente del consiglio. Come spesso accade in questi casi, il merito di tanto clamore è dovuto ad una velina dell'ANSA uscita proprio il giorno dopo le dichiarazioni di Renzi. L'agenzia rilancia il video di Fanpage, guadagnandosi le prime pagine delle testate online più importanti. E' il caos. Voci di dissenso sorgono sia dalle opposizioni che dalla maggioranza, la magistratura apre un'inchiesta, il PD si spacca, D'Alema risorge dalle ceneri e lo scandalo politico si allarga.

Le voci del dissenso provenienti dal partito di governo vengono amplificate dalla stampa secondo uno schema consolidato: colpire il premier senza dar risalto alle opposizioni parlamentari. Il PD rimane pur sempre il Partito della Nazione attualmente garante degli interessi sovranazionali di stampo euro-atlantico, pertanto il dissenso interno va valorizzato in misura maggiore rispetto al dissenso esterno dei partiti di minoranza.

Questa lettura ci consente di portare alla luce una trama di potere da cui emerge la profonda crisi di sovranità dell'Italia e l'inconsistenza della sua classe politica, preda del ricatto basato sul metodo corruttivo "legalizzato" (ne avevamo parlato qui). Non si tratta di essere complottisti, ma di essere consapevoli che in Italia (e non solo) esiste una lotta tra poteri su cui "vigila" un potere sovranazionale che identifichiamo sommariamente come élite euro-atlantica, pronta a muovere le sue pedine all'interno delle istituzioni più importanti del Paese: banche, partiti, giornali, apparati dello Stato.

Negare tout court l'intervento di tali poteri esterni ed occulti, a nostro avviso vuol dire ignorare la Storia. E se la Storia ci insegna che la Politica è soprattutto Dominio, i fatti politici così interpretati ci dimostrano che a dominarci oggi sono le élite dominanti dei Paesi stranieri, con l'acquiescenza della classe dirigente italiana.

lunedì 7 marzo 2016

Libia, alcune considerazioni


Era il 19 febbraio scorso quando su Sabratha, città libica al confine con la Tunisia, caddero le bombe dei caccia statunitensi. L'obiettivo dell'attacco era Noureddine Chouchane, capo di una cellula dell'Isis, ritenuto la mente degli attentati a Tunisi che costarono la vita a decine di turisti occidentali, tra cui quattro italiani. Il raid Usa provocò 41 vittime.

Sabratha è anche la città dove erano tenuti sotto sequestro i quattro tecnici italiani della Bonatti. È facile ipotizzare che, a seguito di quel raid, vi sia stata un'accelerazione degli eventi che hanno portato alla morte di Salvatore Failla e Fausto Piano. Ed è facile ipotizzare che le trattative per la loro liberazione siano divenute a tal punto febbrili da rendere letale qualsiasi imprevisto, come purtroppo si è verificato. Appare infatti strano che né il governo italiano né il governo americano fossero a conoscenza della presenza degli ostaggi in quella zona, cosí come appare strano che l'Italia non abbia mosso riserve nel momento in cui gli americani li avvisavano dell'attacco (La Stampa), in virtù del nostro ruolo di "guida" della missione militare e della decisione di destinare la regione della Tripolitania al controllo italiano, a dimostrazione di come questo ruolo sia più fittizio che altro. Sul fronte interno, invece, la questione degli ostaggi era semplicemente scomparsa dal dibattito parlamentare.

Dinanzi ai dubbi che si trascineranno nei giorni a seguire, Renzi (o chi per lui) ha deciso di anticiparsi, dichiarando da Barbara d'Urso di non voler invadere la Libia (contrariamente a quanto riferito pochi giorni prima dall'ambasciatore americano a Roma). Una mossa che tranquillizza le masse e relega questa vicenda ad un pubblico più ristretto.

Al netto di queste valutazioni, rimane il silenzio di chi se n'è andato. Il nostro pensiero va alle famiglie dei tecnici morti in Libia. 

giovedì 3 marzo 2016

Le false convinzioni dell'AntiCasta

  
"E' sempre quello che non vedi che ti abbatte."  
Maggiore Thomas B. “Tommy” McGuire 


Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un forte sentimento di repulsione nei confronti delle classi politiche nazionali, in particolar modo in Italia. Tale sentimento si è tradotto in un rifiuto generalizzato della "Casta", percepita come sprecona e corrotta, dedita al saccheggio delle risorse economiche e alla tutela del proprio tornaconto. Una visione che senza dubbio è aderente alla realtà, ma che genera nelle masse popolari due false convinzioni:

a) La classe politica è ignorante e strafalciona
b) La corruzione è solo quella illegale ed è fine a sé stessa

Quanto alla prima convinzione, la rappresentazione macchiettistica che i media danno dei politici ingenera nelle menti di chi ascolta la convinzione che il politico sia una persona meschina e menefreghista. Questo giudizio può essere corretto nei confronti di singoli personaggi del panorama politico, tuttavia la sua generalizzazione comporta una pericolosa sottovalutazione che ci allontana dal comprendere i fini dell'agire politico. Non ci dimentichiamo che se la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, viceversa anche la Politica (con la "P" maiuscola) "è la continuazione della guerra con altri mezzi", e pertanto assume una dimensione di azione, pensiero e strategia propria della cultura militare. In questo campo la vittoria si ottiene con la capacità di reperire le informazioni e anticipare le mosse dell'avversario, ambiti in cui le élite politiche (ma anche finanziarie, religiose ecc.) spadroneggiano grazie all'enorme disponibilità di risorse. E per un politico che voglia dominare, non c'è niente di meglio che essere sottovalutato.

La seconda convinzione è tipicamente italiana e nasce dalla percezione di vivere in un Paese profondamente corrotto (e lo è senza dubbio). Ma esaurire il discorso intorno alla corruzione sul piano morale, etico o addirittura culturale ("l'italiano è imbroglione") ci allontana dalla sua vera funzione. Esiste una corruzione illegale fatta di ruberie, abusi di potere e tangenti, ma esiste anche una corruzione "legale", ossia basata sul do ut des: farai la bella vita se mi voti le leggi in Parlamento, avrai una carriera brillante se esegui le mie direttive sul piano internazionale, etc. La Corruzione (anche questa con la "C" maiuscola) è uno strumento che lega la classe politica ai desideri di una élite dominante. Sotto questo punto di vista, il fenomeno corruttivo non si pone come una distorsione da correggere (vedi il pacchetto di norme anticorruzione, la riforma dell'ANAC con la nomina di Raffaele Cantone, ecc.), bensì come un elemento imprescindibile del sistema di potere in cui tutti siamo immersi. E in Italia il sistema di potere vuol dire soprattutto acquiescenza agli organismi sovranazionali (es. NATO) e alle potenze straniere (USA in primis).

 Ecco perché si rende necessario considerare sotto una luce diversa le dinamiche che accompagnano il fenomeno politico in Italia e all'Estero, al fine di non cadere nei loro stessi tranelli.

mercoledì 2 marzo 2016

  SCHIAVI 2.0    - La Rubrica



Non siamo oggi più civili di ieri. Semplicemente le scoperte tecnologiche ci hanno fornito gli strumenti per la nostra autodistruzione definitiva.


Le migrazioni sono un fenomeno antico della storia: è così che l'umanità ha iniziato il proprio cammino, sia metaforicamente che fisicamente. In tempi sempre più recenti il fenomeno migratorio ha rappresentato la valvola di sfogo attraverso cui i governi si liberano della propria forza lavoro disoccupata (destinata altrimenti a destabilizzare l'ordine pubblico), nonché un importante strumento di ricchezza economica nel momento in cui gli emigrati inviano le loro rimesse ai familiari rimasti a casa.

Oggi però le migrazioni assumono un aspetto diverso. La cronaca quotidiana ci racconta della fuga di centinaia di migliaia di persone provenienti dall'Africa e dal Medio Oriente verso il continente europeo. Crisi economica, guerre, carestie, persecuzioni sono alcune delle cause millenarie di ogni popolo in fuga. Un rapporto di causa-effetto che in passato poteva collegarsi ai fenomeni naturali, ma che oggi, in una società complessa e tecnologicamente avanzata come la nostra, è il frutto di deliberate scelte politiche, non si sa quanto e come ponderate. 

Questa rubrica nasce con l'intento di fornire qualche elemento in più al ragionamento critico intorno all'argomento, prediligendo l'osservazione diretta e la lettura critica degli scritti in materia.