sabato 3 settembre 2016

Gli Amici di Partito

Funerali di Aldo Moro

Chiunque partecipi alla vita di una forza politica di tipo istituzionale (ossia che partecipa alle elezioni), si sentirà spesso appellare sé stesso o gli altri come "amico". "Stasera è con noi l'amico Osvaldo", "passo la parola all'amico Leonardo", e così via.

L'elargizione di tale parolina è spesso un riflesso incondizionato, soprattutto da parte di chi ha un'esperienza politica piuttosto consolidata, ma altre volte denota un atteggiamento che nasconde la volontà di comprare la fiducia del prossimo. Un partito, o anche un movimento politico, è un luogo in cui l'individuo viene a contatto con una realtà che altrimenti gli sarebbe sconosciuta, sviluppa una rete di relazioni che può consentirgli di costruire rapporti di potere tali da portarlo alla massima soglia in base alla forza del partito e del proprio carisma.

Ovviamente la scalata al potere non è indenne da imprevisti, il calcolo errato è sempre dietro l'angolo, dunque occorre avere un buon numero di "amici" in grado di soccorrere nel momento del bisogno in cambio di qualcosa.

Il partito è anche quel luogo dove siete costretti a condividere un percorso comune anche con persone con cui avete rotto ogni tipo di rapporto. E questo può rappresentare un problema, se avete intenzione di arrivare in alto.

Qualora vi trovaste in una situazione di difficoltà durante un incarico pubblico, state certi che qualche amico di partito cercherà di avere la vostra testa, mentre vi difende pubblicamente. La Storia insegna che le vicende politiche possono condurre gli individui a desiderare l'eliminazione finanche fisica di un collega di partito scomodo. Ovviamente nessuno dirà pubblicamente "io voglio la tua rovina" o addirittura "io voglio la tua morte", ma in cuor proprio questo desiderio può albergare.

Da ciò ne deriva che un avversario politico non ha bisogno di infiltrare i ranghi del partito avverso, egli è consapevole che la scalata al potere genera una moltitudine di persone insoddisfatte pronte a sbranare i vertici non appena questi si saranno indeboliti, dando vita a faide interne. I vertici sono a loro volta consapevoli che i nemici più agguerriti non sono i propri avversari politici, bensì gli amici di partito "ribelli", tra i quali si trova chi dissente per coscienza e chi perché non ha avuto nulla in cambio. Tuttavia nel secondo caso il dissenso è merce perché può essere comprato, nel primo caso non lo è, ed è dunque più pericoloso, specie se acquisisce autorevolezza. Per questo i vertici adottano una serie di contromisure atte a minimizzare i rischi, dalla distribuzione di prebende all'affidamento di ruoli di comando a uomini fidati, fino a ricorrere al depotenziamento della base laddove necessario. Questo è uno dei motivi per cui nei partiti politici si produce da un lato il noto fenomeno dello scollamento tra base e vertice, dall'altro si genera la corruzione elevata a strumento di governo, come ho spiegato in quest'altro articolo.

Insomma il partito è quel luogo dove bisogna essere in grado di percepire i disegni che gli amici costruiscono per le motivazioni più disparate. I leader crollano perché non hanno più il sostegno dei propri amici di partito. In effetti gli amici di partito sono più una iattura che una risorsa, in maniera direttamente proporzionale al ruolo di potere conseguito. Ma la politica è partecipazione, quindi amen.

Pertanto, quando vi appelleranno col termine di "amico", drizzate le antenne.

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