venerdì 26 febbraio 2021

Mani Su Bagnoli - I Terreni dell'ex Base NATO

Un corteo presso l'ex base Nato. Fonte: Bagnoli Libera (Pagina Fb)

L'ex base Nato di Bagnoli
rappresenta oggi un altro grosso affare per chi vuole speculare sul rilancio dell'area occidentale di Napoli. Momentaneamente chiusa la partita sul commissariamento dell'ex area industriale, con buona pace di chi ha fatto proteste fino all'altroieri per poi tacere per sempre, e salvo improvvisi cambi di rotta col nuovo governo Draghi, le mire si sono spostate su quello che una volta era il collegio Costanzo Ciano, una cittadella concepita durante il fascismo per offrire un rifugio ai tanti bambini napoletani che vivevano in condizioni di estremo degrado.

Un ruolo questo che riuscì mai a svolgere a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale: dapprima utilizzato dalle truppe dell'Asse, dopo l'occupazione americana divenne il principale comando Nato nel Mediterraneo. La FBNAI (Fondazione Banco di Napoli - Assistenza per l'Infanzia) potè ritornare in possesso solo nel 2013 a seguito dello spostamento delle truppe nella nuova base di Lago Patria. 

A dispetto del nome, la Fondazione è in realtà un'azienda pubblica di servizi alla persona controllata da Regione Campania e Comune di Napoli, il cui scopo è appunto l'assistenza ai minori. E già questo dovrebbe servire a far storcere il naso davanti alla progressiva lottizzazione che è stata fatta dopo la dipartita dei militari, attraverso l'insediamento di attività imprenditoriali che hanno sottratto alla fruizione libera e gratuita i vari beni di cui il complesso è composto (come la piscina e i campi sportivi), spesso ottenute dietro canoni di favore. A nulla sono valse le lotte dei comitati e le belle parole spese da sindaco ed assessori sulla democrazia partecipata, sulle decisioni "dal basso" e amenità del genere. O forse no, a qualcosa sono valse, ed è l'aspetto più grottesco di tutta la vicenda che provo a raccontarvi.

Pochi giorni fa è stato pubblicato sul bollettino della Regione il Piano Urbanistico Attuativo, ossia lo strumento urbanistico attraverso il quale indirizzare le attività di riqualificazione della cittadella, grande ben trenta ettari. Sui contenuti di questo piano - ormai giunto in ritardo - mi riprometto di scriverne quanto prima in un altro post, ora vorrei focalizzare l'attenzione sui terreni esterni alla cittadella e di proprietà della stessa Fondazione. Parliamo di una superficie pari ad almeno dieci ettari che si estende sulla collina di San Laise. 

L'ex base NATO sulla collina di San Laise. I terreni di cui si parla sono quelli a nord

Nel 2015 viene stipulata una convenzione tra la Fondazione e Legambiente, in cui l'allora commissario Sergio Sciarelli affida in locazione sei ettari di terreno al canone di 1800 euro annui (ossia a 150 euro al mese), per sei anni. Legambiente, nella persona di Giovanni Grasso, presidente del circolo locale Thomas Sankara, si impegna a realizzare degli orti didattici nell'ambito del progetto "Parco delle AgriCulture Contadine". 

Oltre al solito prezzo ridicolo dietro cui avviene l'ennesima cessione di un bene pubblico, stavolta con il pretesto dell'associazionismo, il progetto AgriCulture non decolla mai davvero, nonostante il vicesindaco Carmine Piscopo ne lodi gli intenti sul bollettino mensile del centro interdipartimentale di urbanistica dell'Università Federico II:

In questo senso, l’affidamento della collina di San Laise dalla Fondazione Banco di Napoli a Legambiente, evitando una pericolosa privatizzazione, per farne agricivismo, orti urbani, passeggiate didattiche, potrebbe configurarsi come un progetto pilota da riproporre per altre aree a destinazione agricola ricadenti nel territorio comunale e per le quali si potrebbero sperimentare nuove forme di perequazione. Un processo questo che nasce dal basso, dalle collettività residenti nell'area, e porterà l’intera collina a diventare il luogo di una collettività ritrovata, in un’area dove si sono per più di 40 anni progettate guerre.

 

Carmine Piscopo
Il problema è che questo agricivismo si trasforma a sua volta nell'ennesima privatizzazione, avendo poco a che fare con una reale fruizione delle aree agricole. Il motivo è presto detto. Come dicevamo, il progetto AgriCulture non decolla, almeno fino a dicembre 2019, quando Legambiente riesce a rientrare in un bando della Regione, in cui si stanzia 1,4 milioni di euro per le realtà del terzo settore. Non sono riuscito a trovare le determine dirigenziali contenenti gli impegni di spesa, ma a leggere l'avviso originario, l'entità del progetto finanziabile non deve eccedere i 20mila euro. Quindi parliamo di ulteriore denaro pubblico che viene distribuito a pioggia su una miriade di progetti e progettini che per la loro frammentazione producono scarso impatto sociale, la cui vera funzione è quella di costruire pratiche di fidelizzazione con la politica. 

Legambiente a sua volta emette un bando il 21 settembre 2020 per la coltivazione di dieci orti per soggetti residenti nella X Municipalità Bagnoli - Fuorigrotta che non abbiano in uso, in concessione, possesso o proprietà altri appezzamenti di terreno, con obbligo di versamento della quota associativa annuale. Il bando viene pubblicato sul sito di Legambiente Campania e sul bollettino regionale, ossia quanto basta per assolvere agli obblighi di comunicazione previsti dalla legge, ma troppo poco per dare una giusta pubblicità a tutti i residenti nella municipalità, che avrebbe avuto bisogno di una più adeguata sponsorizzazione online e soprattutto affissione di manifesti pubblici come si faceva una volta (sull'equivalenza legale della pubblicità digitale ci sarebbe molto da discutere). Ed infatti quando due mesi dopo viene pubblicata sullo stesso sito web la graduatoria dei dieci vincitori, emergono già le prime "stranezze".

Anzitutto la graduatoria non fa alcuna menzione del punteggio ottenuto, né mette a disposizione i documenti presentati dai richiedenti per valutare se i requisiti previsti dal bando siano stati rispettati. Inoltre sembrerebbe che nei primi due posti della graduatoria compaiano due fratelli entrambi operanti nel campo dell'odontotecnica. Fin qui nulla di strano, però desta qualche curiosità il fatto che il laboratorio gestito da uno dei due si trovi in piazza Neghelli 10, nel quartiere Cavalleggeri, ossia allo stesso indirizzo in cui si trova la sede del circolo di Legambiente Thomas Sankara. Anche qui nulla di illegale sia chiaro, però potrebbe rappresentare la "spia" di quella mancata ampia diffusione di cui un bando del genere avrebbe avuto bisogno, se la vicinanza fisica di una sede associativa possa essere stato il viatico per la partecipazione.

Di questa storia si possono a mio avviso evidenziare due elementi.

Il primo è che il moltiplicarsi di tanti passaggi e referenti istituzionali ha annacquato inevitabilmente i meccanismi di pubblicità delle procedure, e quindi la stessa democraticità dell'esito finale. In ambito giuridico esiste infatti una bella differenza tra l'effettiva conoscenza e la mera conoscibilità degli atti, e spesso una normativa non troppo felice consente di alleggerire gli oneri pubblicitari. 

Il secondo, che rappresenta un po' la cifra generale della società odierna, è che dietro la foglia di fico dell'associazionismo, e soprattutto di tutta la narrazione tossica della vitalità della città, dell'auto-organizzazione spontanea dei cittadini, delle "best practices" di governo condiviso del territorio etc., si occultano i reali rapporti di forza esistenti in un determinato contesto territoriale. Cedere ai privati il governo del territorio apre la strada ad un vero e proprio neofeudalesimo, altroché agricivismo di cui parla Piscopo. 

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Nel prossimo articolo proverò a parlare delle ulteriori mire speculative in atto sulla collina di San Laise, a cui le modalità descritte spianano la strada, secondo una logica di spartizione (e convivenza) territoriale di nuovi e vecchi poteri di stampo oikocratico.

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