Mentre continuano le polemiche sul mancato impegno del governo per risolvere i problemi del Sud e mentre Tremonti annuncia che per il Sud è pronto un “piano Marshall” pubblichiamo la terza parte della nostra sintesi sul rapporto della SVIMEZ sullo stato del mezzogiorno. In questa terza e ultima parte sono affrontate l’analisi delle politiche della P.A.,le politiche per lo stato sociale,le politiche contro la criminalità e tutto quanto riguarda popolazione,scuola, mercato del lavoro,migrazioni.
- Le politiche della P.A.
La necessità di rilanciare gli interventi di politica nazionale e regionale di sviluppo riporta inevitabilmente al nodo critico irrisolto e mai affrontato in modo sistemico della riforma della Pubblica Amministrazione. Come accaduto nelle esperienze straniere di maggior successo, essa permetterebbe di rimettere in circolo riserve di produttività compresse da dispositivi normativi e dal conformismo dei comportamenti burocratici. Sino ad ora nel nostro Paese i tentativi di intervento hanno mostrato una sostanziale inefficacia. Al tempo stesso, si trascina irrisolta al Sud ancor più che al Nord la questione dei rapporti tra poteri politici e poteri amministrativi; da qui la continuità di un rapporto di sudditanza del dirigente pubblico al potere politico.
- Popolazione,scuola e mercato del lavoro,migrazioni
Nel 2030 il Mezzogiorno avrà una popolazione ridotta e invecchiata. Al Sud il flusso di immigrati non basterà a compensare il calo degli attivi meridionali: qui tra il 2008 e il 2030 infatti la forza lavoro perderà circa 2,2 milioni di persone, a fronte di 150 mila nuovi stranieri. Oggi i giovani sotto i 20 anni sono il 21,5% della popolazione e gli over 65 il 18%. Tra trent’anni i giovani sotto 20anni scenderanno al 17%, e avrà meno di 40 al Sud il 36% della popolazione (oggi è quasi il 50%); gli ultrasessantacinquenni cresceranno del 65% e la quota degli ultraottantenni raddoppierà dall’attuale 5% al 10%. Conseguenze: un deficit di forza lavoro locale e una necessaria modifica degli stili di consumo e della gestione del welfare. Nel 2008 il Centro-Nord ha registrato un tasso di natalità leggermente superiore a quello del Sud: 9,7‰ contro 9,6‰. Per quanto riguarda la mortalità, la media meridionale è dell’8,9‰, mentre al Centro-Nord il 10,1‰. Quasi il 90% degli stranieri residenti, pari a circa 3 milioni, si concentra nelle regioni del Centro- Nord, mentre al Sud sono poco meno di 430 mila unità.
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Migrazioni – Caso unico in Europa, l’Italia continua a presentarsi come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni. Le campagne meridionali si spopolano, ma non a vantaggio delle vicine aree urbane. I posti di lavoro del Mezzogiorno sono in numero assai inferiore a quello degli occupati. Ed è la carenza di domanda di figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale spinta all’emigrazione.
Tra il 1997 e il 2008 circa 700mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno. Nel 2008 il Mezzogiorno ha perso oltre 122mila residenti a favore delle regioni del Centro-Nord a fronte di un rientro di circa 60 mila persone. Riguardo alla provenienza, oltre l’87% delle partenze ha origine in tre regioni: Campania, Puglia, Sicilia. L’emorragia più forte in Campania (-25 mila), a seguire Puglia e Sicilia rispettivamente con 12,2 mila e 11,6 mila unità in meno. Nel 2008 sono stati 173.000 gli occupati residenti nel Mezzogiorno ma con un posto di lavoro al Centro-Nord o all’estero, 23 mila in più del 2007 (+15,3%). Sono i pendolari di lungo raggio, cittadini a termine che rientrano a casa nel week end o un paio di volte al mese. Sono giovani e con un livello di studio medio-alto: l’80% ha meno di 45 anni e quasi il 50% svolge professioni di livello elevato. Il 24% è laureato. Non lasciano la residenza generalmente perché non lo giustificherebbe né il costo della vita nelle aree urbane né un contratto di lavoro a tempo. Spesso sono maschi, singles, dipendenti full time in una fase transitoria della loro vita, come l’ingresso o l’assestamento nel mercato del lavoro. Le regioni che attraggono maggiormente i pendolari sono Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio. Da segnalare però la crescita dei pendolari meridionali verso altre province del Mezzogiorno, pur lontane dal luogo d’origine: 60mila nel 2008 (erano24mila nel 2007). In calo i lavoratori meridionali all’estero: -4%, arrivando nel
Nel Mezzogiorno le debolezze della rete formativa italiana si associano ad un contesto produttivo debole e ad un sistema sociale sostanzialmente bloccato, impedendo così ai progressi quantitativi realizzati nei tassi di istruzione di tradursi in sviluppo economico e civile. Il mancato superamento dei vincoli costituiti da un apparato produttivo debole e da un sistema sociale bloccato, nonostante i progressi nella formazione scolastica universitaria, condanna il Mezzogiorno al ruolo di fornitore di risorse umane qualificate al resto del Paese e i suoi migliori giovani a cercare altrove le modalità per mettere a frutto le proprie competenze e realizzare i propri sogni.
- Politiche per lo stato sociale
La quota di Pil destinata alla protezione sociale nei 25 Paesi dell’Unione Europea è pari mediamente al 27%, in Italia è solo lievemente più contenuta, 26,6%, ma comunque lontana da nazioni come
In Italia è il 27% dei soggetti in pensione a non riuscire a raggiungere la soglia del minimo vitale, la maggiore parte dei quali risiede al Sud.
In Italia è ancora irrisolto il problema di come finanziare maggiori aiuti economici ai lavoratori espulsi dal processo produttivo e ad assicurare un minimo di sussistenza ai più poveri.
- Politiche contro la criminalità
Sono le famiglie settentrionali a dichiarare di sentirsi più insicure di quelle meridionali: nel 2008 sono state il 37,5% rispetto al 35,2%. A livello regionale le differenze sono molto elevate: più a rischio i nuclei campani (53,6%, la percentuale più alta a livello nazionale) e pugliesi (36,5%), mentre si sentono più sicure le famiglie molisane (16,7%) e lucane (11,8%).
La ‘ndrangheta - Radicata in Calabria, ma ormai presente in tutto il mondo, è ormai diventata leader nel traffico mondiale di droghe (soprattutto cocaina), ma forte anche nelle estorsioni, usura e traffico di armi. In Italia, la ‘ndrangheta ha notevoli interessi anche Milano, Brescia, Roma e in Piemonte. Nel 2007 secondo l’Eurispes il suo fatturato è stato di 44 miliardi di euro, pari al 2,9% del Pil italiano.
Cosa Nostra - La mafia siciliana, dopo gli arresti eccellenti degli ultimi anni, sta vivendo una fase di assestamento e riorganizzazione interna. Essa sta però mostrando una grande capacità di mantenere intatta la sua vitalità e pericolosità. Sono i mercati ortofrutticoli, le sale da gioco e soprattutto la grande distribuzione alimentare le nuove frontiere del business mafioso; attività che si aggiungono a quelle tradizionali dell’estorsione e dell’inserimento nei pubblici appalti. L’esistenza di numerose attività criminali si è segnalata anche a Modena e a Genova.
La camorra - “Specializzata” in traffico di stupefacenti, estorsioni, racket, gioco d’azzardo e usura, negli ultimi anni la camorra ha visto crescere il core business soprattutto nell’offerta di servizi alle imprese, approfittando anche della domanda di abbattimento dei costi da parte di imprese legali. Con lo smaltimento illegale dei rifiuti, le fatturazioni “truccate”, l’espulsione di imprese “non gradite” nella gestione di impianti, la camorra influenza in modo determinante l’economia campana.
Sacra Corona Unita - Fortemente ridimensionata dall’azione di contrasto operata dalle Forze dell’ordine negli ultimi anni, la “Sacra Corona Unita” resta concentrata nel traffico di stupefacenti, armi e clandestini. Fuori regione è operativa soprattutto in Lombardia e nella vicina Basilicata.
I beni confiscati - Dal 1982 (anno in cui fu istituita la legge Rognoni-La Torre) ad oggi sono stati 8.446 gli immobili confiscati in Italia; di questi, il 40% risulta ancora in gestione al Demanio, l’8% è stato destinato ma non consegnato e solo il restante 52%, pari a 4.372 immobili, destinato e consegnato. Il 47% del totale degli immobili confiscati si concentra in Sicilia, dove però ben 2.243 beni (il 57% del totale) è ancora in mano al Demanio. Riguardo alle regioni del Centro-Nord, i beni confiscati sono
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