lunedì 23 settembre 2013

I fattori di vittoria della malapolitica e la possibilità di neutralizzarli


Mi sono chiesto spesso perché la politica sia, per antonomasia, il luogo degli accordi sotto banco e delle pacche "traditrici" sulle spalle, e non invece il semplice consesso deputato alla discussione e alla risoluzione dei problemi quotidiani che ci affliggono. Se, da un lato, l'esperienza della politica "dal basso" (comitati, associazioni, movimenti ecc.) può vantare comunque un attivismo civico fatto di energie positive e passione, dall'altro lato la politica "alta" produce spesso prebende e favoritismi che possono sfociare nell'illecito penale. Il danno per la comunità è enorme: basta guardarsi intorno, nel nostro Sud Italia, per capire quali conseguenze nefaste possa produrre la malapolitica. 


Qual è il principale ostacolo che consente alla malapolitica di nascere, crescere e distruggere? Innanzitutto, la mancanza di trasparenza. Su ogni attività di pubblico interesse vi deve essere la possibilità, per i cittadini, di poter controllare e valutare in autonomia tutto ciò che concerne la cosa pubblica. Faccio un esempio: sulla gestione di un'opera pubblica (o di pubblica utilità) oppure sull'attività di un uomo politico, le persone devono essere in grado di poter accedere al monitoraggio delle condizioni di sicurezza dell'opera o al lavoro svolto nelle sedi istituzionali dall'uomo politico; ciò vuol dire assicurare il libero accesso alle informazioni. Ovviamente non è sufficiente che i dati siani pubblici, ma bisogna che siano anche facilmente raggiungibili. 

Altro fattore di sviluppo della malapolitica è la mancanza di partecipazione, spesso voluta dai partiti politici che così tendono ad escludere la gran massa dei cittadini. Se manca la partecipazione, è fisiologico che pochi si sentiranno in diritto di formare gruppi ristretti con un potere sempre più grande, fino a diventare una sorta di società a sé stante. 

C'è infine la questione più importante, che per me rimane cruciale. Le persone devono credere nelle loro possibilità e capacità di poter incidere sull'ordine delle cose. Se esistono persone appassionate alla politica, che sognano di cambiare ciò che non riescono più a sopportare, possono (e devono) farlo. Le persone devono anzitutto vedere un interesse proprio, personale, nel cambiamento collettivo: è l'unico modo per evitare che coloro i quali sono stati al potere dal dopoguerra in poi, possano continuare a comandare. Non bisogna farsi scoraggiare da chi è in grado di saper piegare la dialettica e la morale ai propri fini, servendosene come strumento per costruirsi il consenso e piegare ogni opposizione. Se si ha la passione, bisogna saper battere il nemico, e batterlo anche sul suo stesso campo, se è il caso. Ma non bisogna mai arrendersi.

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