martedì 9 giugno 2009

Campi Flegrei: I Campi "ardenti" e la mancanza di prevenzione

Sono passati circa due mesi dal terremoto in Abruzzo,che ha sconvolto l’opinione pubblica,sembrano ormai caduti nel dimenticatoio tutti i buoni propositi circa la progettazione di un piano serio, volto a mettere in atto una serie di misure di prevenzione e di salvaguardia di tutti quei territori con alto rischio sismico. E’ proprio vero,l’Italia è un paese che sa dare il meglio solo nelle emergenze,ma che non sa fare prevenzione. Subito dopo i grandi terremoti che hanno sconvolto il nostro paese negli ultimi 20 anni si è sempre parlato della necessità di investire sulla costruzione di case e edifici antisismici e sull’elaborazione di piani di emergenza,poiché è noto che gran parte del territorio italiano ha un alto rischio sismico. Tutto questo però non è mai stato fatto,almeno in Campania.

La Campania è una delle regioni italiane maggiormente interessate dal rischio sismico e vulcanico. Essa è caratterizzata da quattro importanti centri vulcanici: il Roccamonfina, nel Casertano al confine tra Lazio e Campania, il Vesuvio e i Campi Flegrei nel napoletano, il complesso vulcanico dell'isola di Ischia. La storia vulcanica e deformativa e lo stato attuale di questi vulcani, consentono di prevedere che essi possono dare ancora eruzioni e che queste potrebbero essere di tipo esplosivo. La pericolosità dei tre vulcani, l’alto valore esposto e la sua elevata vulnerabilità fanno dell’area napoletana una delle zone a più alto rischio vulcanico del mondo.

Se tutti però hanno piena coscienza della pericolosità del Vesuvio,che è entrato a far parte dell’immaginario collettivo come simbolo del vulcano per eccellenza,in pochi conoscono l’esistenza e la pericolosità dell’altro vulcano presente nella provincia di Napoli: i Campi Flegrei.

I Campi Flegrei non a caso quindi hanno questo nome, essi infatti “sono una enorme caldera,cioè una vasta depressione, per lo più circolare, che si forma in aree vulcaniche a seguito dell’espulsione di grandi quantità di magma da una camera magmatica superficiale; lo svuotamento della camera magmatica causa il collasso delle rocce soprastanti per mancanza di sostegno e dà origine alla depressione;le caldere possono raggiungere dimensioni anche di alcune decine di chilometri”.

Il fatto che nella zona non avvengano fenomeni di vulcanesimo primario,cioè eruzioni o forti terremoti, non deve indurre i cittadini a pensare che il vulcano sia spento,ma anzi esso versa in uno stato di quiescenza. Secondo alcuni studi quindi “Il comportamento passato e lo stato attuale dellacalderadei Campi Flegrei indicano che essa è un vulcano ancora attivo e che potrà dare in futuro nuove eruzioni. Se un’eruzione dovesse avvenire nelle prossime decine di anni, potrà essere di tipo esplosivo. Pertanto la caldera è un vulcano altamente pericoloso.”

Testimonianza dell’attività vulcanica presente sul territorio,alla quale tutti i cittadini si sono abituati,sono la solfatara e il bradisismo. L’osservatorio vesuviano afferma che “L'area vulcanica dei Campi Flegrei è stata sempre caratterizzata da intensi fenomeni deformativi, con forti variazioni del livello del suolo. Le manifestazioni più recenti di questi fenomeni sono rappresentate dalle due crisi di bradisismo del '70-'72 e del '82-'84, durante le quali si è verificato un sollevamento massimo complessivo di oltre 3 m. In occasione di queste crisi si è avuta un’intensa attività sismica. In particolare l'ultima crisi è stata accompagnata da oltre 10.000 terremoti, spesso in sciami. In questi periodi di rapida deformazione del suolo si è osservato anche un incremento dell'attività idrotermale nella zona della Solfatara, in cui si trova un esteso campo di fumarole. Dopo il 1984 il suolo dei Campi Flegrei ha ripreso il processo di lento abbassamento che lo caratterizza. Dal 2004 l'area mostra un trend in leggero sollevamento” .

In relazione allo scenario eruttivo ipotizzato dalla comunità scientifica, e alle carte di pericolosità da questa prodotte per le fenomenologie eruttive, la Protezione Civile ha definito l’area a più alto rischio. Quest’ultima comprende l’area esposta al pericolo di scorrimento di correnti piroclastiche, ed individuata come Zona Rossa, attualmente abitata da circa 350.000 persone. In essa ricadono i comuni di Monte di Procida e Bacoli e parte di quelli di Pozzuoli e Napoli. Si prevede che una futura eruzione ai Campi Flegrei possa generare diverse fenomenologie, riassumibili essenzialmente nel lancio di bombe e blocchi di grosse dimensioni nell’immediato intorno del centro eruttivo, nello scorrimento di flussi piroclastici nel raggio di alcuni chilometri, nella ricaduta di ceneri e lapilli a distanza anche di molti chilometri. Per quanto concerne quest’ultimo fenomeno occorre considerare che, a differenza del Vesuvio la città di Napoli si trova sottovento rispetto alla direzione dei venti dominanti e sarebbe pertanto coinvolta.

Per meglio comprendere la pericolosità di questo vulcano basti pensare che il 29 settembre 1538 tuttavia, si è verificata una nuova eruzione che, pur essendo fra le minori dell’intera storia eruttiva dei Campi Flegrei, ha interrotto un periodo di quiescenza di circa 3000 anni e, nel giro di pochi giorni, ha dato origine al cono di Monte Nuovo, alto circa 130 m, distruggendo completamente il villaggio medioevale di Tripergole.



Ma i comuni e i cittadini flegrei,sono preparati ad affrontare fenomeni di questo genere?

In realtà la maggior parte della popolazione neanche immagina di vivere su un vulcano ancora attivo,infatti l’informazione non è per nulla adeguata e comporta l’ignoranza da parte della popolazione che ignora i rischi che corre nel costruire senza criteri antisismici. Come se non bastasse non sono mai state effettuate prove di evacuazione come quelle fatte per la zona Vesuviana e quindi di fronte all’emergenza la popolazione si troverebbe completamente impreparata. A questo va aggiunto che negli ultimi cinquanta anni il territorio dei Campi Flegrei è stato vittima di un forte abusivismo edilizio,che ha fatto crescere a dismisura la popolazione e che ha fatto costruire su terreni non idonei e senza criteri antisismici. Poche sono infatti le costruzioni che rispettano le normative previste dalla legge per la costruzione su territori a forte rischio sismico,infatti la maggior parte delle abitazioni e dei luoghi pubblici sono costruite in tufo e risalgono almeno a cinquanta anni fa. Le vie di esodo inoltre sono tutt’altro che sufficienti,basti pensare ai comuni di Bacoli e Monte di Procida che,inseriti nella Zona Rossa,sono collegati con il resto della Regione da sole tre strade delle quali una di epoca romana è stretta e sormontata da un arco (Arco Felice),tutt’altro che sicura in caso di terremoto;un’altra (quella di Baia) è aperta a senso alternato perché parte del costone della montagna è crollato per un po’ di pioggia in più,e l’ultima (lo Scalandrone) che è stata costruita proprio come via di fuga,si inerpica su una montagna,è stretta e tortuosa.

Questi sono i rischi che corrono circa 350.000 persone abbandonate al loro destino,costrette a sperare che non accada mai nulla…

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