lunedì 20 luglio 2009

Il mare perduto

I bagnanti scappano dalle spiagge campane: il 70% in meno secondo gli operatori turistici. La causa è l’inquinamento ormai decennale delle coste campane, causato dal malfunzionamento cronico e doloso dei cinque grandi depuratori gestiti da Hydrogest. Una nuova emergenza che si somma a quella già devastante dei rifiuti.

In Campania è la nuova emergenza ambientale. Legambiente ha conferito la bandiera nera alla Regione per le coste più inquinate d’Italia.

Dopo anni di denunce mai prese in considerazione dalle istituzioni preposte, è accaduto ciò che prima o poi doveva necessariamente accadere: le spiagge napoletane e casertane sono deserte, la gente ha paura di farsi il bagno a causa della protesta di metà giugno degli operai deldepuratore di Cuma, che aprirono per tre giorni ininterrotti i canali di scarico.

Da quel momento in poi hanno cominciato a girare voci incontrollate che parlano di bolle coi vermisulla pelle di chi si tuffa nelle acque flegree e di misteriosi decessi di bambini avvenuti a Monte di Procida dopo aver fatto il bagno.

Il risultato è un calo del 70% delle presenze turistiche negli stabilimenti balneari del litorale flegreo e domitio. La stagione estiva può così dirsi rovinata e i primi licenziamenti di personale che i gestori dei lidi stanno effettuando in questi giorni ne sono l’inevitabile conseguenza.

Anche la pesca è stata messa in crisi. A Pozzuoli sono comparsi alcuni cartelli che annunciano: "Qui non si vende pesce locale" e il famoso mercato ittico cittadino sta andando in crisi. I pescatori non vogliono più lavorare in acque che puzzano di fogna per recuperare del pescato di bassa qualità, e che quindi non li ripagherà dei costi globali della loro attività.

Accusano anche il Ministro leghista Luca Zaia di favorire le attività ittiche del Mare Adriatico, a causa dello stop della pesca da lui imposto per il mese di settembre nelle acque del Sud.

Le voci della malattia vengono alimentate anche da farmacisti, medici, pediatri che segnalano l’ospedale Cotugno di Napoli come il principale punto di ricovero dei pazienti con le pustole sulla pelle da cui fuoriescono vermiciattoli.

Uno scenario raccapricciante. Il direttore del Cotugno, tuttavia, ha voluto subito smentire queste voci dichiarandole del tutto prive di fondamento, in quanto non risultano casi di questa misteriosa malattia al pronto soccorso.

La colpa del disastro ambientale, economico e sociale, è dei depuratori, o meglio di chi li gestisce. Ne sono cinque, più una pompa di sollevamento situata ad Orta di Atella, controllati dall’azienda Hydrogest per il 90%. Nessuno funziona in modo efficiente o almeno sufficiente.

Il depuratore dell’Area Nord, quello che dovrebbe dare lustro alla costa di San Giovanni a Teduccio, funziona al 10%. Alcuni Comuni del vesuviano non sono nemmeno collegati ai collettori e scaricano tutto a mare. Le attrezzature dell’impianto poi sono vecchie di 20 anni, i dissabbiatori e le centrifughe sono usurati. I fanghi non vengono smaltiti con regolarità e dunque rimangono ingabbiati nei digestori, che tuttavia possono contenerli per due settimane al massimo. Così vengono gettati in mare.

Situazione pressocchè identica per tutti gli altri depuratori. Quello di Villa Literno in particolare è un colabrodo. Dovrebbe depurare l’acqua dei Regi Lagni, i canali di irrigazione e di scarico costruiti nel 1610 dagli Spagnoli. Un’opera di canalizzazione e di convogliamento delle acque piovane e sorgive a mare, che in passato permise la bonifica della Campania Felix. Oggi invece sono fogne a cielo aperto. Al loro interno viene sversato ogni tipo di rifiuto tossico: dagli scarti di fonderia all’immondizia tal quale, da auto rottamate a balle di indumenti bruciati, senza contare i liquami sversati dai campi d’allevamento delle bufale e dalle fabbriche del posto.

L’impianto di Villa Literno, infatti, dovrebbe montare le nuove coclee acquistate mesi fa per sostituire le vecchie usurate, ma finora sono rimaste inutilizzate. Gli operai sono costretti perfino a scavalcare per entrare nell’impianto.

Ricordiamo che siamo nel territorio dei Casalesi, il clan più mafioso della Campania. In effetti è difficile non pensare ad ingerenze della camorra nella vicenda dei depuratori. In particolare ildepuratore di Cuma, oggetto di violente polemiche in seguito al già citato sciopero dei lavoratori. L’impianto accoglie le acque fognarie di Napoli e dell’hinterland, ma funziona solo al 20%.

La notizia del libero sversamento di liquami a mare venne amplificata anche dalla decisione del sindaco di Monte di Procida, Francesco Paolo Iannuzzi, di emanare il divieto di balneazione nelle acque dell’omonimo comune e di Torregaveta.

L’inquinamento raggiunse le spiagge di Miseno e Miliscola, frequentatissime durante la stagione estiva, la cui acqua divenne di colpo verde scura e maleodorante.

Il sindaco Iannuzzi tuttavia revocò il divieto in seguito ai risultati dell’Arpac, che davano l’ok ai bagni nelle acque montesi e ribadivano i divieti per le aree "storicamente" inquinate. Ma il colore dell’acqua di Torregaveta non ha mai rassicurato i cittadini.

Così si sono sviluppate le leggende sulle bolle coi vermi. In ogni caso è innegabile che, tuffarsi in acque del genere, sia un rischio per la salute. Eppure per anni mezza popolazione di Napoli e Caserta si è gettata in questa melma, incurante o inconsapevole dello stato degradante del mare campano. La stessa Arpac ha dovuto dichiarare fuorilegge tutti gli impianti di depurazione della Regione, ad eccezione di quelli del Sarno.

Tanta inefficienza è quanto meno sospetta e criminosa. La Procura si è decisa ad indagare finalmente sul depuratore di Cuma, e ha iscritto nel registro degli indagati gli operai responsabili dello stop durante il mese di giugno, nonchè gli amministratori della ditta Hydrogest Spa, che dal canto loro lamentano un credito di 60 milioni di euro nei confronti della Regione Campania.

Proprio in questi giorni poi i magistrati del Tribunale di Napoli hanno condannato in primo gradoFerdinando Bosone e Guido Cucciardi, rispettivamente rappresentante legale e responsabile tecnico della ditta Pianese, che ha preceduto Hydrogest nella gestione dei depuratori.

I giudici hanno asserito che gli imputati scaricavano nell’impianto di Cuma fusti di percolato, il velenoso liquido prodotto dai rifiuti, compromettendo così l’intero ciclo di depurazione e danneggiando l’impianto. "Perseguivano un disegno criminoso e non rispettavano il contratto stipulato con la Regione Campania". Reati ambientali di gravissima entità che forse gli indagati non riescono a concepire. Ma bisognerà aspettare la sentenza d’appello per dare un giudizio definitivo.

Il litorale domitio, in particolare l’area tra Castelvolturno e Villaggio Coppola, è stata più volte interessata dall’arrivo di maree nere, ma non se n’è mai parlato. All’improvviso sopraggiungeva una densa marea di colore scuro che lentamente ricopriva le già inquinate acque domitie, con conseguente moria di pesci.

I bagnanti salivano sulla spiaggia inorriditi, ma nessuno mai si prendeva la briga di verificare o denunciare (o anche se hanno denunciato, le istituzioni hanno fatto orecchie da mercante). Allora non v’era allarme o psicosi, e tantissima gente frequentava i lidi della zona.

Oggi la situazione sembra essersi ribaltata. Nemmeno le acque sorrentine possono ritenersi al sicuro dall’inquinamento. Il fiume Sarno, il più contaminato d’Europa, getta in mare una quantità di veleni industriale, insieme ad una condotta fognaria situata a Punta Scutolo (tra Sorrento e Vico Equense) che insozza il mare fino a Punta Campanella. Tutto ciò, prima di questa stagione estiva, non veniva mai a galla.

L’accumulo prolungato dei fanghi industriali nei digestori favorisce il traffico illecito di rifiuti. Un paio d’anni fa vennero arrestate 38 persone nell’ambito di una maxi inchiesta che aveva richiesto l’ausilio di ben centomila intercettazioni telefoniche (alla faccia del governo che le vuole cancellare!), fotografie, filmati, sequestri, e la partecipazione della sezione dei carabinieri del Noe di Caserta e Salerno.

La nota giornalista Rosaria Capacchione ne parlò sul Mattino, il principale quotidiano di Napoli. Uno scandalo colossale che è stato in breve dimenticato, una minaccia costante per la salute dei cittadini di tutta Italia, altro che bolle coi vermi.

I fanghi dei depuratori
di Cuma, Marcianise, Orta di Atella e Mercato San Severino venivano rivenduti a contadini compiacenti o inconsapevoli in forma di compost per i campi da parte dell’azienda So.Ri. Eco, che avrebbe invece dovuto conferirli in discariche autorizzate.

I territori interessati dalla truffa sono immensi: il litorale domitio, l’agro aversano, l’agro nocerino-sarnese, le buche scavate lungo un metanodotto, la pianura del Sele, ilconfine tra Benevento e Avellino e la provincia di Foggia.

Ciò che non veniva malamente riciclato negli impianti di compostaggio della famiglia Roma veniva gettato nei fiumi Sabato e Calore. Tutto ciò fino agli inizi del 2006. La Provincia di Salerno diede l’ok all’utilizzo di questo concime, dichiarandolo "idoneo" e consentendo il prosieguo dei reati di"associazione per delinquere, traffico illecito di rifiuti speciali e pericolosi, disastro ambientale, truffa, frode nelle forniture". Il guadagno prodotto equivalse all’azienda 7 milioni di euro e smaltì irregolarmente 1 milione di tonnellate di rifiuti tossici.

Non si è mai parlato dei laghi flegrei. Lago Fusaro e Lago Patria sono collegati al mare tramite dei canali. Le loro acque sono a dir poco contaminate e dunque interdette alla balneazione. Se li costeggiate, noterete delle strane ferraglie che fuoriescono dai laghi. Si parla di rifiuti pericolosissimi gettati al loro interno. Camorra sì, ma non solo. Anche lo Stato ha fatto il suo.

Sul materiale sversato nel Lago Fusaro infatti vige tuttora il segreto di Stato. L’Alenia Finmeccanica, la principale azienda italiana che produce armamenti per l’esercito, ha scaricato materiali altamente nocivi al suo interno, di cui non è dato saperne la natura. Nei pozzi del Lago Patria, invece, pochi mesi fa l’Arpac individuò una quantità di arsenico, fluoruri e altre sostanze pericolose così massiccia che i carabinieri si videro costretti a sequestrarli. Acque che vengono utilizzate per irrigare i campi agricoli attorno al lago e che vanno a finire in mare.

All’inquinamento globale tuttavia contribuiscono anche centinaia di laghetti artificiali disseminati lungo la fascia costiera di Castelvolturno, nati dall’estrazione della sabbia per alimentare il ciclo illegale del cemento, utilizzati per intombarvi rifiuti tossici che hanno contaminato le acque di sostanze cancerogene, come Fenatrene, Benzene e Antracene. Questi laghetti, secondo il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Corrado Lembo, hanno rotto gli argini e prima o poi raggiungeranno il mare.

L’emergenza dunque c’è eccome. Strettamente connessa con l’emergenza rifiuti, se non direttamente una sua conseguenza che il Governo Berlusconi non ha voluto fronteggiare. Perché non c’è da rimuovere dei sacchetti dal ciglio d’una strada, ma da bonificare centinaia di chilometri quadrati di territorio.

Tale inquinamento si traduce non con fantomatiche bolle coi vermi sulla pelle, che pure hanno destato tanto allarme tra i cittadini, ma con l’aumento progressivo delle patologie tumorali e delle malformazioni neonatali. Chi ha visto la drammatica testimonianza della famiglia Cannavacciuolodi Acerra se ne renderà conto.

Nessun commento:

Posta un commento

Chiunque può liberamente inserire un commento. Insulti o sproloqui vari verranno immediatamente cancellati.